
L’obiettivo che tutti gli allevatori si propongono è quello di crescere una manza che raggiunga almeno l’80% del peso maturo (MBW) al primo parto con un BCS di circa 3 e che durante la crescita non soffra di patologie che potrebbero compromettere la longevità, con un costo il più basso possibile.
Purtroppo quest’ultima istanza prende il sopravvento sulle altre, e ci troviamo spesso di fronte a primipare troppo piccole o troppo vecchie, fattori che riducono la loro produttività e longevità.
Ma quale è il nostro animale target?
Per rispondere correttamente a questa domanda bisognerebbe correlare il peso corporeo della primipara con quello dell’animale adulto ma è molto complicato vista la carenza di strumenti di misurazione esistenti in azienda. Inoltre, è molto cambiato il valore di MBW: ad esempio, quest’ultimo, nella stalla sperimentale della Cornell nel 1993 era di 650 kg e nel 2015 era diventato di 780 kg, con un incremento di circa 130 kg. In effetti l’aumento produttivo avvenuto in questi anni ha un’alta correlazione con la profondità e la statura dell’animale.
Non dimentichiamoci inoltre che, con l’avvento dei tori genomici, l’intervallo generazionale si è dimezzato passando da 7-8 anni a 3-4 anni, e il suo effetto incrementale è quindi raddoppiato nell’unità di tempo.
Lo stesso concetto vale anche per i titoli, e specialmente per il grasso: non è infrequente trovare stalle oltre i 130 ql/anno che producono titoli di grasso superiore al 4,20%. Quindi le vacche sono cresciute in profondità e statura, caratteristiche che hanno consentito l’aumento produttivo.
Entrando più specificamente nel tema, durante la crescita post-svezzamento ci sono 4 periodi distinti:
- Fino a 7 mesi
- Da 8 mesi al concepimento
- Dal concepimento a 190 gg di lattazione
- Gli ultimi 3 mesi di gestazione.
Se partiamo dal presupposto ovunque condiviso che una vitella sana debba triplicare il peso alla nascita in 90 gg, e raggiungere quindi i 110/115 kg, e assumiamo che il peso alla fecondazione sia il 55% del MBW, se quest’ultimo è 760 kg, la manza si deve ingravidare a circa 420 kg.
Quindi, l’incremento ponderale di circa 300 kg dallo svezzamento alla fecondazione sarà funzione dell’obiettivo di età al primo parto. Infatti, se desideriamo un parto a 22 mesi (fecondazione a 13 mesi), la manza dovrà crescere in questo periodo circa 1 kg/die, mentre se l’ obiettivo è 24 (fecondazione a 15 mesi) sarà sufficiente una crescita di 0,8 kg al giorno.
Dalla figura 1 si possono evincere i fabbisogni in energia e proteina metabolizzabile per un incremento di 0,8 kg al giorno espressi per kg di ss di ingestione prevista.
Questo grafico evidenzia molto chiaramente le 4 fasi sopra dette: le manzette dallo svezzamento a 6-7 mesi di vita hanno fabbisogni simili alle vacche ad alta produzione, mentre questi fabbisogni calano da 11 mesi fino a 2/3 della prima gravidanza, per poi risalire negli ultimi 3 mesi della gravidanza stessa.
Nella prima fase si rileva (figura 2 – Fonte: INRA) che l’utilizzazione proteica è la più efficiente, in quanto in questa fase la crescita muscolare e scheletrica è molto elevata.
La composizione corporea, come evidenziato dalla figura 3, cambia radicalmente con le percentuali di proteine e grasso che si intersecano al momento della pubertà (NRC 1998).
La composizione corporea ha componenti genetiche e nutrizionali, infatti le cellule muscolari primarie sono determinate nei primi 2 mesi di gravidanza mentre le secondarie sono determinate tra il secondo e settimo mese di gravidanza, contemporaneamente alle cellule adipose.
Dopo la nascita, il grasso viscerale, sottocutaneo e muscolare continua ad essere deposto fino all’età di 8 mesi ma il numero di cellule è influenzato dalla nutrizione e dal management materno per via epigenetica.
Dal punto di vista nutrizionale non possiamo cambiare il numero di cellule muscolari ma possiamo limitarne o esaltarne il potenziale sottoalimentando o mantenendo adeguati tenori proteici. Dal momento che le cellule adipose sono già sviluppate, una dieta ipoproteica ed iperenergetica risulta in animali precocemente ed eccessivamente grassi, osservazione che ha luogo dopo la pubertà, in concomitanza con le prime ondate estrogeniche.
Vi sono però 2 specifici nutrienti da considerare che non possono essere gestiti con un corretto tenore proteico:
- Il quantitativo e la tipologia di amido, la cui frazione fermentescibile è ottima perché produce proteina microbica e propionato che viene trasformato in glucosio, favorendo quindi la crescita. L’amido digerito nell’intestino tende invece ad essere usato per il metabolismo adiposo.
- Poco considerato ma importante è l’acido lattico; non ne parliamo riferendoci all’acidosi sub-clinica ruminale (SARA), ma al contenuto delle diete specialmente quando contengono prevalentemente insilati. L’acido lattico viene in parte usato da una flora specifica ruminale (lattato riduttori) mentre il resto viene assorbito, ma dal 15 al 35% delle unità acetili, che sono i mattoni costitutivi del grasso intramuscolare sotto-cutaneo, provengono dall’acido lattico e questo fenomeno avviene fino a circa 17 mesi d’età. Aumentando l’acido lattico dal 4 al 6% della SS abbiamo un aumento di 2 punti del grasso nella carcassa in animali da macello. Quindi, paradossalmente, i foraggi molto ben fermentati sono negativi in quanto hanno un notevole potere adipogenetico.
La valutazione degli animali inizia dalle condizioni materne del preparto: ad esempio, animali nati da madri con stress da caldo sono meno sani e non in grado di ottenere buoni ritmi di crescita. Dopo lo svezzamento abbiamo grandi opportunità di crescita sia utilizzando razioni a secco che quelle delle vacche ad alta produzione. In pratica, poi, la dieta può essere centrata sugli animali dopo l’anno, ricordando di limitare l’acido lattico e gli amidi “intestinali”.
Per gli animali da 8 a 12 mesi si può ipotizzare un supplemento proteico/energetico in ragione di circa 1,5 kg rispetto alla dieta degli animali più adulti. I proteici in questo supplemento non dovrebbero essere troppo fermentescibili, vista l’abbondanza di proteina solubile presente nella base foraggera.
Infine, nell’ultimo trimestre di gravidanza, rimane buona pratica quella di equiparare le razioni a quelle degli animali in asciutta, visto che i fabbisogni fetali sono similari.