Può sembrare una domanda oziosa, per gente che ha tempo per disquisire su tutto, ma la domanda in realtà sottende una problematica vera, e riguarda l’approccio culturale/scientifico e professionale a tutto quanto riguarda appunto il mondo della produzione del latte, specialmente nell’era della globalizzazione.
Il latte viene prodotto dalla vacca, meraviglioso ruminante, trasformatore ad altissima efficienza dell’energia dagli alimenti vegetali provenienti dall’agricoltura e ricchi di fibra altrimenti inutilizzabile, in un alimento dalle straordinarie qualità nutrizionali come il latte che, da semplice alimento essenziale di base diffuso in tutto il mondo, è anche materia prima per una potente industria di trasformazione soprattutto per prodotti caseari sempre più diversificati e dal consumo crescente in tutto il mondo globalizzato.
Per quanto ci riguarda, se vogliamo tenere la testa a posto, non c’è dubbio che tutta la zootecnia, anche quella dei grandi numeri cioè delle grandi-grandissime mandrie, resta la parte più avanzata e sofisticata dell’agricoltura, dunque del settore economico primario. Storicamente si può poi affermare che i buoni allevatori sono anzitutto dei veri e buoni agricoltori che hanno una particolare vocazione anche per la parte più impegnativa e difficile del loro lavoro, ovvero la gestione del rapporto col mondo degli animali, un mondo affascinante ma anche impegnativo ( le vacche vanno accudite anche il giorno di Natale…). La moderna zootecnia da latte è il frutto di un’evoluzione/selezione plurisecolare, operata appunto dagli Allevatori, accelerata con i mezzi sempre più precisi ed efficaci che la scienza man mano forniva.
Questa considerazione preliminare vale per sottolineare la specificità dell’attività primaria dell’Allevatore che, pur non essendo un industriale, possiede un’ azienda che per dimensioni ed attrezzature- fornite dall’indotto industriale- potrebbe assomigliare sempre più ad una “fabbrica”, nella quale le varie componenti, umane, animali e organizzative meccaniche (informatiche) vengono automaticamente qualificate come “fattori della produzione”. L’azienda da latte moderna aggiunge al problema antichissimo dei costi naturali di produzione, peraltro difficilmente quantificabili, i crescenti costi dall’indotto industriale sempre più massicciamente presente e invasivo, e quindi il relativo aggravio finanziario in un mondo nel quale l’aspetto finanziario del businness just businness tende a prevalere su quello economico produttivo naturale. E la vacca, il soggetto principale di tutta questa straordinaria produzione, il motore miracoloso di questa produzione agricola primaria, proprio per le ragioni sopra brevemente elencate, tende a passare in seconda linea, a venire “cosificata”, solo in funzione della quota di reddito che da lei direttamente dipende… Se l’azienda da latte dimentica la figura chiave dell’Allevatore e si affida sempre più acriticamente all’indotto tecnologico diventerà come tale sempre meno redditizia in termini reali, e sempre più succube dei costi tecnologici che tendono a prevalere su quelli “naturali” che peraltro sono compatibili con l’altissima efficienza di trasformazione, caratteristica da sempre della bovina da latte. E’ interesse dell’economia reale rivalutare ( e potenziare?) la figura dell’Allevatore/Agricoltore che è la chiave di volta, in sinergia con la bovina da latte, di una produzione primaria fra le più importanti per l’umanità.
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