Premessa

L’allevamento intensivo delle bovine da latte ha conosciuto dagli anni ’80 una progressiva riduzione della SAU (Superficie Agraria Utile) per UBA (unità bovino adulto). Il fenomeno era dovuto alla possibilità di utilizzare quantitativi più elevati di insilati grazie all’uso del carro miscelatore, e quindi le aziende, utilizzando come foraggio di base l’insilato di mais, la cui produttività in termini di S.S è sicuramente la più elevata, potevano allevare più animali per unità di superficie. Così facendo gli allevatori della pianura padana, non aderenti al regolamento del Parmigiano Reggiano, si sono trasformati quasi in monocolturisti. Questa tendenza ha fatto progressivamente diminuire di molto sia i prati stabili che i medicai; infatti, le aziende preferivano approvvigionarsi di questi foraggi dal mercato di produzione delle zone non irrigue. Il conseguente aumento della produzione aveva, di fatto, come elemento calmierante solo la presenza delle quote latte, istituite alla fine degli anni ’80.

Lo scenario è in parte cambiato dopo l’adozione della PAC dei primi anni ’90, la quale garantiva un sostegno al reddito, anziché alla produttività; con Agenda 2000, che metteva in primo piano la condizionalità e la sicurezza alimentare, e adottava il principio di disaccoppiamento dei premi (non più ai prodotti ma ai produttori), vi fu un’ulteriore evoluzione.

Nella PAC del 2014, si cercò di raggiungere una maggior competitività tramite l’utilizzo del greening e l’adozione di una politica di sviluppo rurale. Inoltre, parallelamente alla mutazione della PAC, la direttiva nitrati creava un ulteriore ostacolo all’eccessivo carico di animali per ettaro.

Le nuove direttive della comunità in vigore dal 2023 avranno un’impronta ancor più decisa in termini di sostenibilità ambientale e climatica.

A che punto siamo oggi?

Apparentemente il concetto di efficienza, con la conseguente maggior redditività, non sembra fare rima con quello di sostenibilità.

In realtà le due istanze collimano molto più di quanto non appaia in superficie. Prendiamo due esempi per addentrarci nella pratica: oggi in molte aree della pianura padana il sorghum halepense, volgarmente noto come sorghetta, è molto difficile da controllare nella maiscoltura, anche con diserbi totali, di alto costo e fortemente osteggiati dai regolamenti comunitari che ne prevedono il divieto d’uso a partire dai prossimi anni. La strategia che rappresenta un’efficace forma di lotta biologica contro queste infestanti è la rotazione colturale con una leguminosa estiva, come la soia, che può inoltre contribuire al greening, in carenza di prati, e permette all’allevatore una minore dipendenza dal mercato per quanto riguarda gli alimenti proteici. Inoltre, può essere coltivata in secondo raccolto dopo un vernino da insilare, soddisfacendo così l’istanza di avere terreno coperto per tutto l’anno.

Il secondo esempio riguarda la diabrotica, oggi combattuta col massiccio uso di insetticidi. La lotta biologica a questo insetto può essere fatta seminando, per un anno, la coltura del sorgo di secondo raccolto dopo un vernino. Questa pratica ha gli stessi vantaggi della precedente, pur non contribuendo al greening e al risparmio nell’acquisto di alimenti proteici.

Fino a ieri queste pratiche erano marginali per la loro minor produttività, ma le nuove direttive (e i loro relativi benefici) le rendono molto più appetibili, anche grazie alla riduzione dell’uso di fitofarmaci.

Ma venendo a quella che è oggi la situazione più diffusa e l’istanza economica più importante, esaminiamo le possibilità di doppia coltura in pianura padana:

  1. coltura vernina (loietto, frumento, orzo, miscugli) + mais da insilato
  2. coltura vernina (loietto, frumento, orzo, miscugli) + sorgo da insilato
  3. coltura vernina (loietto, frumento, orzo, miscuglio) + soia da insilato o raccolta per granella
  4. leguminosa vernina da insilare o da raccolto (pisello proteico) + mais o sorgo da insilato

Non entro nei meandri agronomici perché non sono oggetto di questo articolo. Ricordo soltanto che anche il pisello, in quanto leguminosa, può contribuire al greening.

Un esempio pratico

Oltre a valutare con un approccio olistico all’argomento, proviamo a considerare il caso pratico di un’azienda di 100 ha irrigui di SAU, in zona vulnerabile, che allevi circa 400 capi adulti di cui  200 in lattazione, 40 in asciutta e circa 160 femmine da rimonta, calcolando una quota di rimonta di circa il 33% all’anno, con un’età al primo parto di 24 mesi (240 capi adulti *33% = 80 animali da rimonta/anno*2 anni=160 animali in crescita), e che si proponga di produrre in azienda almeno il 75% della s.s. ingerita da tutti gli animali presenti mantenendo una programmazione colturale in linea con i criteri PAC attuali.

Quindi produzioni aziendali di 17,5 kg s.s per vacca in lattazione, 9 kg di s.s. per vacca in asciutta e di 6 kg di s.s. per animale in crescita per tutto l’anno.

Di seguito riportiamo un’ipotesi di programmazione colturale:

Produzioni kg s.s. per ha*Vacche in lattazioneVacche asciutteAnimali in crescita
Insilato di mais 2° raccolto19000633
Insilato di sorgo950003
Insilato di frumento76003.6
Pastone di pannocchia126005.5
Medica (Secca o insilata)120002
Fieno di prato polifita90003
Paglia di frumento 600031.1
Granella di frumento60001.5
TOTALE18.697.3

*per tutti gli insilati è stato calcolato un calo peso del 5% rispetto alla produzione attesa.

Totale annuoVacche in lattazioneVacche asciutteAnimali in crescitaEttari
Insilato di mais4380004380017520035
Insilato di sorgo017520018
Insilato di frumento26280035
Pastone di pannocchia40150032
Medica (Secca o insilata)14600012
Fieno di prato polifita438004
Paglia di frumento 438006336018
Granella di frumento10950018

Come si può evincere dalle tabelle, in questa azienda vengono coltivati 16 ettari di prati, 32 ettari di mais di primo raccolto (pastone), 35 ettari di frumento da insilato come antecedente al mais di secondo raccolto, e 18 ettari di frumento per produzione di granella e paglia al quale succede l’insilato di sorgo.

Questa programmazione colturale permette una distribuzione degli effluenti in tre periodi sui terreni destinati ai doppi raccolti: autunno, dopo il raccolto del frumento insilato e dopo il raccolto del frumento da granella. Per quanto riguarda il terreno destinato a mais di primo raccolto, compatibilmente con le finestre degli spandimenti, gli effluenti possono essere distribuiti per tutto l’inverno.

Inoltre, qualora l’azienda, pur essendo irrigua, abbia dei terreni difficili da irrigare, o addirittura senza acqua, il sorgo, il quale ha poca esigenza idrica, può essere la soluzione ideale.

Per quanto riguarda gli animali, si è raggiunto e superato l’obiettivo di soddisfare il 75% dei fabbisogni di s.s.. Inoltre, la destinazione dei foraggi è altamente correlata con le loro caratteristiche e con le esigenze delle categorie (lattazione, crescita, asciutta).

Per quanto riguarda i criteri della PAC attuale, questi sono stati completamente soddisfatti. Di quella futura si conoscono solo le linee guida, con le quali una programmazione colturale come questa è sicuramente in sintonia.

Nell’azienda che abbiamo preso ad esempio, l’acquisto di alimenti extra aziendali è limitato alle materie prime proteiche e lipidiche, e all’integrazione minerale e vitaminica.

In conclusione, spero di aver dimostrato che produttività ed efficienza possono veramente coniugarsi con il concetto di sostenibilità climatica ed ambientale.