Tra le richieste da parte della società intera che investono il settore dell’allevamento dei bovini, quella di ridurre l’impatto ambientale è senz’altro una delle più citate dai mezzi di comunicazione di massa.
In Paesi come l’Olanda e la Germania è stata presa la decisione politica di ridurre il numero di vacche da latte allevate sul territorio nazionale. In Italia ancora non si parla di questo ma il tema è stato uno dei più dibattuti nei convegni scientifici legati alla zootecnia durante la scorsa estate. Soprattutto i ricercatori ed i tecnici che si occupano di miglioramento genetico, hanno fatto di questo tema una delle emergenze da affrontare e risolvere nei prossimi mesi di lavoro.
Gli sforzi maggiori, in questo momento, sono dedicati allo sviluppo e alla pubblicazione di indici per l’efficienza alimentare che indirettamente riducono le emissioni di gas serra nell’ambiente e direttamente riducono il consumo di risorse da parte dell’allevamento stesso.
Figura 1- Gli indici per l’efficienza alimentare diretta pubblicati ufficialmente nel mondo.
La figura 1 riporta una mappa dei paesi che, a oggi, pubblicano un indice per l’efficienza alimentare diretto che consente agli allevatori Australiani, Olandesi, dei Paesi Nordici (Danimarca, Finlandia e Svezia), Americani e Canadesi, di ridurre i costi dell’allevamento già a partire dalla scelta del tipo genetico di animale da allevare, e di dimostrare quanto possano contribuire a ridurre l’impronta di carbonio lasciata dagli animali da loro allevati.
Altri Paesi, come Irlanda e Gran Bretagna, sono vicini all’implementazione di un indice per l’efficienza alimentare diretto.
In Italia per ora è pubblicato un indice per l’efficienza alimentare indiretto e si sta lavorando per raccogliere dati nei centri genetici sui torelli avviati alla FA, e nelle stalle delle Università che collaborano ai diversi progetti in atto, per raccogliere informazioni su vacche e manze, su quanto effettivamente mangiano e su quanta CO2 e quanta urea emettono nell’ambiente.
Questi serviranno, se combinati con i dati raccolti in altri Paesi, a gettare le basi di una valutazione genetica per l’efficienza alimentare diretta e di un indice per le emissioni di metano ed urea nell’ambiente. Su quest’ultimo elemento, dato che i laboratori dei controlli funzionali da tempo determinano questa componente insieme a grasso e proteina %, si stanno facendo progressi: sulla base di questi dati si potrebbe presto avere un indice che possa dare indicazioni utili su quali tori e quali manze genotipizzate siano in grado di metabolizzare la proteina ingerita in maniera più efficiente, eliminando meno azoto nell’ambiente. Un indice, questo, che nei Paesi Bassi è ufficiale dal 2015.
In tutto il mondo si mettono a punto strumenti innovativi per la raccolta dei dati di ingestione e produzione di CO2 che permettano di raccogliere informazioni su tutta la popolazione, a costi ridotti, aumentando così la numerosità dei dati, l’accuratezza degli indici e l’efficacia della selezione nel contribuire allo sforzo collettivo di ridurre le emissioni di gas serra il più possibile e di tenere sotto controllo l’aumento di temperatura.
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