La diarrea virale bovina è una malattia virale infettiva e contagiosa che nel corso degli anni ha assunto un’importanza notevole nell’allevamento bovino da carne e da latte.
La facilità di trasmissione, il quadro clinico aspecifico e le strategie peculiari che il virus utilizza per rimanere e diffondersi nella popolazione bovina, rendono la BVD una malattia complessa e difficile da gestire. Una vera sfida dove la conoscenza accurata delle caratteristiche del virus e del suo comportamento rappresentano la base necessaria per un’adeguata gestione sanitaria dell’allevamento.
Eziologia
Il virus della diarrea virale bovina (BVDV) appartiene al genere Pestivirus e alla famiglia Flaviviridae. È un virus pleomorfo che presenta, cioè, numerosi aspetti di diversità, i quali si esprimono dal punto di vista genetico, fenotipico e patologico. La notevole instabilità propria dei virus a RNA, correlata a fenomeni di mutazione e ricombinazione, ha determinato la comparsa di due genotipi principali di BVDV, noti come BVDV-1 e BVDV-2. Entrambi i genotipi possono causare la malattia, ma differiscono leggermente nelle caratteristiche biologiche e patogenetiche.
In vitro, i ceppi di BVDV si comportano in due modi differenti che identificano i rispettivi biotipi:
- BVDV citopatogeno (CP). I ceppi CP del virus BVD hanno la capacità di causare la morte delle cellule colturali che infettano.
- BVDV non citopatogeno (NCP). I ceppi NCP del virus BVD non causano la morte delle cellule colturali infettate.
Entrambi i biotipi di BVDV, CP e NCP, possono avere un impatto significativo sulla salute e sulla produzione del bestiame. La differenziazione tra ceppo citopatogeno e ceppo non citopatogeno rispecchia l’effetto dell’infezione virale su colture cellulari sensibili e il loro potere patogeno in vivo può essere considerato quasi sempre sovrapponibile, sebbene le casistiche cliniche più gravi siano spesso sostenute dai ceppi NCP, ma questa non è una regola. Un comportamento diverso dei due biotipi è regolarmente individuabile come espressione di patterns patogenetici differenti che verranno spiegati più avanti.
Il genoma, RNA a singolo filamento e polarità positiva, codifica per una serie di proteine che vengono distinte in proteine strutturali e non strutturali. Le proteine strutturali (pS), associate al virione maturo, includono la proteina capsidica (C) e tre glicoproteine di superficie dell’envelope, note come ERNS, E1 e E2. Tra queste, le proteine ERNS e E2 sono massimamente coinvolte nell’induzione di anticorpi neutralizzanti. Le proteine non strutturali (pNS) svolgono un ruolo importante nella replicazione virale e nell’interazione del virus con l’ospite.
Oltre ai bovini, sono stati segnalati casi di infezione da BVD in altre specie animali come i cervidi, ovini, caprini e altri ruminanti selvatici. Queste specie non sono considerate ospiti naturali del virus della BVD, la sieroprevalenza rimane relativamente bassa e la trasmissione interspecie è molto limitata. Tuttavia, devono essere considerate delle possibili fonti di infezione per i bovini qualora questi utilizzassero gli stessi pascoli o venissero in contatto con gli animali stabulati.
Modalità di trasmissione
La diarrea virale bovina (BVD) può essere trasmessa attraverso diverse modalità, inclusi il contatto diretto e indiretto tra animali infetti e sensibili. Di seguito sono riportate le modalità principali di trasmissione.
- Trasmissione orizzontale: la trasmissione orizzontale avviene attraverso il contatto diretto tra bovini infetti e sani. La via più efficiente di trasmissione in condizioni di campo è il contatto diretto naso-naso con un soggetto persistentemente infetto (PI). Segue, con un livello di efficienza decisamente inferiore, il contatto naso-naso con soggetti che hanno un’infezione in atto. Questi però, a differenza dei soggetti PI, eliminano quantità inferiori di virus e per un tempo limitato. Altre vie di trasmissione includono la saliva, le secrezioni oculari e genitali, nonché il latte materno infetto. Le tecniche riproduttive come l’inseminazione artificiale e l’embryo-transfer rappresentano un rischio concreto (ma poco probabile) di trasmissione, poiché la contaminazione con virus BVD del materiale seminale e degli embrioni ottenuti da soggetti PI o con infezione in atto, è stata ampiamente dimostrata.
- Trasmissione verticale: la trasmissione verticale si verifica quando una bovina con un’infezione in atto trasmette il virus al feto. L’interazione del virus BVD con il prodotto del concepimento può esitare nella morte dell’embrione/feto, e quindi nell’interruzione della gravidanza, oppure in un’infezione non fatale le cui caratteristiche verranno approfondite nel paragrafo della patogenesi.
- Trasmissione indiretta: la trasmissione indiretta può avvenire attraverso oggetti contaminati, come attrezzature agricole, veicoli, strumenti veterinari o indumenti. Anche gli insetti possono svolgere un ruolo nella diffusione del virus comportandosi da vettori meccanici.
- Trasmissione attraverso animali portatori persistenti: gli animali portatori persistentemente infetti (BVD-PI) sono bovini che sono stati infettati dal virus della BVD durante lo sviluppo fetale e continuano a liberare il virus per tutta la loro vita. Questi animali rappresentano la fonte più importante di infezione e possono trasmettere facilmente il virus ad altri bovini attraverso il contatto diretto o indiretto.
È importante sottolineare che la trasmissione della BVD dipende anche dallo stato immunitario degli animali sensibili. I soggetti che hanno un sistema immunitario robusto possono essere in grado di respingere l’infezione oppure sviluppare una forma subclinica della malattia, mentre gli animali giovani o debilitati possono essere più suscettibili e sviluppare le forme più gravi.
Meccanismi patogenetici
Approfondiamo ora i principali meccanismi patogenetici.
Ingresso del virus
Il virus della BVD entra nel corpo del bovino attraverso la via respiratoria, digerente e genitale, ed ha uno spiccato tropismo per le cellule epiteliali delle mucose.
Replicazione virale
Il virus BVD inizia la sua replicazione primariamente a livello mucosale e, con riferimento alla via respiratoria e digerente, con una particolare predilezione per le tonsille.
Diffusione sistemica
Dopo 2 – 4 giorni dall’infezione il virus si diffonde nell’organismo utilizzando la circolazione sanguigna (viremia). A tal proposito è utile ricordare una sostanziale differenza di comportamento tra il ceppo citopatogeno, che diffonde con difficoltà, e quello non citopatogeno per il quale la viremia è un evento costante e intenso. Il virus è veicolato dai leucociti ematici e attraverso questi può raggiungere vari organi e tessuti.
Effetti sul sistema immunitario
Il virus della BVD ha un impatto significativo sul sistema immunitario dell’animale infetto. Il tropismo del BVDV per le cellule linfatiche determina la comparsa di lesioni a carattere necrotico – emorragico che interessano tutti quegli organi e tessuti nei quali la componente linfoide è abbondante. Le cellule target sono rappresentate dai granulociti, macrofagi, linfociti B e T, CD4+ e CD8+. Dal momento che queste cellule sono i cardini del sistema immunitario innato e specifico, ne deriva una potente interferenza con la risposta immunitaria normale e un’intensa immunodepressione che rende l’animale estremamente suscettibile alle infezioni secondarie. È utile ricordare che un’immunosoppressione piuttosto marcata si associa comunemente anche ad un’infezione silente dal punto di vista clinico.
Effetti sull’apparato riproduttore
Il virus BVD ha uno spiccato tropismo per gli organi genitali dove esplica un effetto patogeno a diversi livelli:
- Entrambi i biotipi CP e NCP e genotipi BVDV 1 e 2, durante la fase attiva dell’infezione acuta, sono in grado di infettare l’ovaio inducendo un’infiammazione (ovarite) interstiziale non purulenta che esita nella necrosi delle cellule della granulosa (follicolo) e dei luteociti (corpo luteo). L’effetto più evidente è la diminuzione della liberazione degli ormoni sessuali (estrogeni e progesterone) che si manifesta con lo scadimento della qualità dell’estro e un’insufficienza luteale. Questa situazione si protrae per diverse settimane dopo la fine dell’infezione.
- Nella bovina in gestazione, il virus BVD si rende responsabile di un aumentato rischio di perdita della gravidanza. L’aborto è un evento piuttosto comune e interessa principalmente la prima fase della gestazione (fino al 150° giorno). L’espulsione del feto avviene spesso con un certo ritardo ed è comune la mummificazione.
- Il virus BVD è in grado di determinare lesioni congenite al feto che si manifestano con una serie di malformazioni a carico principalmente del sistema nervoso centrale (ipoplasia cerebellare), dell’occhio e i suoi annessi (microftalmia) e a carico dell’apparato tegumentario (ipotricosi e alopecia)
- Dopo il 180° giorno di gravidanza l’infezione con BVDV in bovine con un sistema immunitario valido non è generalmente lesiva per cui si ha la nascita di vitelli a termine e l’unico segno evidenziabile di interazione con il virus è il rilievo di anticorpi specifici nel sangue del feto prima dell’assunzione di colostro (sieropositività congenita).
Nascita di bovini persistentemente infetti
Durante i primi mesi di gravidanza, quando una bovina viene infettata dal virus della BVD, questo potrebbe attraversare la barriera placentare e infettare il feto in via di sviluppo. Entrambi i biotipi (CP e NCP) possono raggiungere il feto ma le conseguenze sono ben diverse. Solo il biotipo non citopatogeno (NCP) si rende responsabile della nascita di bovini persistentemente infetti (PI) quando l’infezione avviene tra il 30° e il 125° giorno di gravidanza. In questa fase della gestazione il sistema immunitario del feto non è ancora in grado di distinguere con precisione le componenti antigeniche proprie (self) da quelle estranee (non self). La presenza di particelle virali porterà quindi il sistema immunitario del feto a considerare il virus BVD come parte integrante dell’organismo (self) senza che possa avvenire alcuna risposta di tipo immunitario. I soggetti che nasceranno saranno quindi persistentemente infetti (viremia continua) e immunotolleranti, cioè, riconosceranno il BVDV come struttura self e rimarranno costantemente sieronegativi verso le proteine strutturali (sempre) e non strutturali (talvolta).
Gli animali BVD-PI sono altamente contagiosi perché continuano a produrre e diffondere il virus per tutta la vita e rappresentano un meccanismo importante attraverso il quale il virus della BVD può persistere all’interno di una popolazione di bovini. Inoltre, poiché il loro sistema immunitario non riconosce il virus come estraneo, non sviluppano una risposta immunitaria per eliminarlo, rendendoli una risorsa significativa per la diffusione della BVD nella popolazione stessa.
Nel prossimo articolo verrà affrontato il complesso e variegato quadro clinico della BVD mettendo in risalto come le modalità differenti di interazione tra il virus e l’organismo animale possano esprimersi in manifestazioni cliniche molto diverse che rappresentano, invariabilmente, una difficile ma entusiasmante sfida per il buiatra.
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