Nel precedente articolo è stata messa in evidenza la complessità biologica del virus BVD sostenuta da un’importante variabilità genetica, fenotipica e patogenetica.

In questo articolo verrà esposto il quadro clinico che caratterizza la diarrea virale bovina. La malattia che consegue all’infezione di campo del virus BVD, si esprime con modalità che possono essere estremamente differenti già tra bovino e bovino. Tale pleomorfismo clinico riflette la complessa interazione che invariabilmente si instaura tra il virus BVD e l’organismo animale.

Quadro clinico

In linea generale possiamo riconoscere tre situazioni cliniche che si manifestano in base ad altrettanti scenari patogenetici:

  1. Quando il virus BVD a patogenicità convenzionale entra in un allevamento scarsamente infetto o con animali sieronegativi, la sintomatologia che segue all’infezione è spesso aspecifica. Non è raro che il 70 – 90% delle infezioni in animali adulti e immunocompetenti evolva in forma clinicamente silente. Dopo un periodo di incubazione di circa 3 – 5 giorni si può osservare un aumento della temperatura corporea accompagnato da una leucopenia più o meno marcata e una diarrea passeggera. Sporadicamente vengono rilevate delle aree iperemiche e piccole erosioni sul musello, sulla mucosa orale e a livello vaginale/prepuziale. In linea generale la guarigione avviene in un paio di settimane ed esita in una robusta immunità umorale che protegge gli animali da ulteriori infezioni. Nelle bovine in lattazione o nelle fattrici da carne gli effetti dell’infezione sull’apparato riproduttivo sono invece decisamente gravi: si osserva un aumento dei ritorni in calore, un’aumentata incidenza di aborti (concentrati nella prima metà della gravidanza), la nascita di vitelli malformati o disvitali, e un patologico aumento dei casi di mortalità neonatale.
  2. Il contatto, decisamente meno comune, con alcuni ceppi non citopatogeni e fortemente virulenti (di solito appartenenti al genotipo 2), può determinare dei quadri clinici caratterizzati da una diarrea gravissima con una importante compromissione dello stato generale. Si ha una temperatura febbrile elevata, anoressia, ipersecrezione oculo-nasale, ipersalivazione e (nelle vacche in lattazione) una caduta della produzione lattea. In questo tipo di focolai, la leucopenia che si manifesta dopo il terzo giorno dell’infezione è particolarmente marcata, duratura e determina un profondo stato di immunosoppressione che aggrava ulteriormente il quadro clinico e rende la guarigione difficile e penosa. Un’ulteriore forma clinica che talvolta si osserva in seguito all’infezione di questi ceppi definiti anche “trombocitopenici” è la cosiddetta sindrome emorragica, che interessa prevalentemente gli animali giovani ma talvolta anche gli adulti. Questa condizione clinica interviene dopo circa un paio di settimane dall’infezione a causa della intensa trombocitopenia indotta dal virus BVD che determina una grave insufficienza coagulativa. Si osserva quindi una diatesi emorragica che si manifesta con petecchie ed emorragie estese su cute e mucose, epistassi ed una diarrea emorragica. È caratteristico il sanguinamento duraturo della cute nel sito delle iniezioni o punture di insetti.
  3. La malattia delle mucose è una condizione patologica peculiare che si osserva unicamente nei soggetti persistentemente infetti (PI) e immunotolleranti qualora questi venissero a contatto con uno stipite omologo a quello che ha indotto lo stato di immunotolleranza ma questa volta con caratteristiche di citopatogenicità (BVDV-CP). Lo stato di soggetto persistentemente infetto è determinato dall’infezione con il biotipo non citopatogeno (BVDV-NCP). Nel momento in cui, dopo la nascita, questo bovino dovesse venire a contatto con un biotipo citopatogeno (BVDV-CP) affine a quello che ha determinato lo stato di immunotolleranza, l’animale manifesterà i sintomi tipici della malattia delle mucose. Un secondo meccanismo patogenetico, che porta alla malattia delle mucose, prevede la mutazione del ceppo non citopatogeno che ha determinato lo stato di infezione persistente in una variante citopatogena. Sono state descritte 2 varianti della malattia delle mucose, molto simili dal punto di vista delle manifestazioni cliniche ma differenti per quanto riguarda il periodo di incubazione:
    • Early onset”, tipicamente dovuta alla mutazione in ceppo citopatogeno del virus non citopatogeno presente nell’organismo. È caratterizzata da un periodo di incubazione piuttosto breve, inferiore ai 30 giorni.
    • Late onset”, tipicamente dovuta all’infezione esogena con un ceppo citopatogeno. È caratterizzata da un periodo di incubazione anche molto lungo (da alcune settimane fino ad alcuni mesi).

    È una condizione clinica che assume un carattere sporadico ma con un esito sistematicamente mortale. La sintomatologia è caratterizzata da fenomeni erosivo-ulcerativi della mucosa del cavo orale, prepuziale e vulvare. Le stesse lesioni a livello delle narici sono piuttosto rare (meno del 30% dei casi). Spesso è presente diarrea emorragica e tenesmo. Particolarmente comuni sono le lesioni erosivo-necrotiche a carico degli spazi interdigitali che determinano fenomeni di zoppia particolarmente gravi soprattutto in seguito a super infezioni di natura batterica. A differenza dell’infezione acuta da virus BVD caratterizzata da una leucopenia, la malattia delle mucose si distingue per una marcata leucocitosi (↑ dei globuli bianchi). La malattia ha una prognosi di regola infausta e i soggetti colpiti vengono a morte nell’arco di 2-3 settimane dall’inizio della patologia.

Infezione del feto

Il virus BVD, soprattutto in bovine sieronegative, ha un particolare tropismo per l’utero e per il prodotto del concepimento (embrione/feto). Nei tessuti fetali il virus moltiplica attivamente e determina una serie di effetti che sono descritti di seguito:

  • Il virus BVD supera la barriera placentare, invade i tessuti e gli organi del feto portandolo a morte. L’aborto è una condizione piuttosto frequente nei primi cinque mesi di gravidanza mentre diventa particolarmente rara dopo tale termine.
  • Il virus BVD supera la barriera placentare, infetta il feto interferendo con i normali processi di ontogenesi e determina delle gravi malformazioni a livello del sistema nervoso centrale e degli occhi (sindrome oculo-cerebellare) oppure a livello di cute e di pelo (ipotrichia o alopecia). Tale condizione ha la massima probabilità di svilupparsi qualora l’infezione avvenisse tra il 90° e il 125° giorno di gravidanza.
  • Il virus BVD supera la barriera placentare e infetta il feto tra il 30° e il 125° giorno di gravidanza: il feto non viene a morte e non subisce l’effetto teratogeno del virus ma nascerà vivo, persistentemente infetto (PI) e immunotollerante. Talvolta i soggetti immunotolleranti mostrano alcune alterazioni morfologiche come una crescita stentata e pelo ispido ma questa non è una regola. È un fatto assodato che i soggetti immunotolleranti abbiano spesso un aspetto perfettamente sano e che siano indistinguibili dai soggetti normali anche con un esame clinico diretto particolarmente approfondito. L’unico sistema valido per l’evidenziazione dello stato di infezione persistente è la ricerca dell’antigene nei fluidi corporei e nei tessuti con tecniche specifiche di laboratorio.
  • Dopo il 150° giorno di gravidanza, il virus BVD può superare la barriera placentare e infettare il feto, ma in questa fase il sistema immunitario è ben sviluppato e competente e riesce comunemente a fronteggiare con successo l’infezione. Il vitello nascerà perfettamente sano ma sieropositivo. L’aborto in questa fase è un evento decisamente raro.

Sindrome oculo-cerebellare

L’infezione del feto, principalmente tra il 90° e 125° di gravidanza, influisce sullo sviluppo del sistema nervoso centrale determinando una serie di malformazioni che sono alla base di una condizione patologica specifica che viene definita “sindrome oculo-cerebellare”.

Le principali malformazioni che si riscontrano sono rappresentate da un idrocefalo interno, che determina anche un’ipotrofia degli emisferi cerebrali, e la mancanza più o meno completa del cervelletto (agenesia o ipoplasia cerebellare). Il quadro clinico è quantomai variegato e dipende essenzialmente dalla gravità delle malformazioni esistenti. Le forme più lievi si manifestano con tremore, stazione vacillante, arti anteriori distesi, deambulazione atassica e una posizione leggermente sollevata della testa. Nei casi più gravi si osserva un decubito sternale o laterale permanente, un iperestensione degli arti anteriori e opistotono (testa reclinata all’ indietro). Un deficit visivo fino alla cecità totale è determinato dalle alterazioni anatomiche dell’occhio e delle strutture annesse.

Le lesioni anatomiche principali sono: l’ipopigmentazione e ipovascolarizzazione dell’iride, una cataratta e, talvolta, una microftalmia (dimensioni ridotte dell’occhio e delle strutture annesse).

Infezione in vitelli neonati

Gli anticorpi assunti col colostro conferiscono una protezione che può protrarsi fino ai sei mesi di vita; tuttavia, i soggetti giovani privi di una solida immunità colostrale sono particolarmente sensibili all’infezione. Il quadro clinico è dominato da un’enterite del tutto simile ad una comune diarrea neonatale da altre cause. La condizione clinica però ben presto peggiora a causa dell’intensa immunosoppressione che determina primariamente una certa resistenza alle comuni terapie ma soprattutto apre la porta ad infezioni secondarie rendendo la prognosi da riservata ad infausta.

I quadri clinici determinati dall’infezione da virus BVD sono numerosi e i segni clinici ad essi associati sono spesso aspecifici. Tale complessità impone la necessità di ricorrere sistematicamente ai test di laboratorio per avere una diagnosi certa. Nel prossimo articolo approfondiremo gli aspetti diagnostici necessari per l’individuazione della malattia negli allevamenti e il monitoraggio dei programmi di gestione e controllo.