Il mercato del latte ha alle spalle un anno e mezzo da brividi, relativamente ai prezzi pagati per il latte prodotto e consegnato. Abbiamo assistito a valori di remunerazione veramente tragici. Alcuni sono stati piegati sulle ginocchia ed i calli spariranno con grande fatica. Anche coloro che hanno potuto contare su valori di vendita o conferimento sufficienti, tenuto conto dell’andamento globale del settore, hanno ritenuto opportuno stare fermi sulle proprie posizioni, in attesa di avere un quadro più chiaro, nel bene o nel male, delle prospettive di mercato.

In questo periodo, alcuni, diciamo pure i più avveduti, hanno invece utilizzato lo stimolo negativo costituito dal basso valore di remunerazione del latte prodotto, per procedere ad una radicale revisione del proprio modo di essere impresa, delle proprie procedure operative, dei propri acquisti, ecc. In diversi modi, l’onda negativa del mercato li ha costretti a cambiare ed a far cambiare ai propri collaboratori ed ai propri fornitori il modo di operare. Il mercato ha dunque forzato le volontà ed i tempi per i cambiamenti possibili. Chi non l’avesse ancora fatto, si sbrighi: il tempo perso non si ripresenta più e la prossima onda di ribasso, che certamente ci sarà, potrebbe travolgerci. Tuttavia ora si presenta a tutti una fase che costituisce anche una nuova opportunità: l’obiettivo categorico di questo periodo, di cui non conosciamo il limite di durata, deve essere ancora una volta lo stesso: ridurre il costo di produzione del litro di latte.

Per inciso, sarebbe fondamentale che ogni azienda conoscesse il proprio costo di produzione e dunque il proprio punto di pareggio. Come si possa produrre ignorando il proprio costo di produzione, continua ad essere per me un mistero degno di quello di Fatima.

Si sa che le aziende agricole, non appena ne hanno la possibilità, investono in stalle, macchinari, attrezzature e strumenti vari per la produzione. L’obiettivo di questi investimenti deve essere focalizzato sulla riduzione del costo di produzione del litro di latte. Si dirà che presto o tardi tutti gli investimenti, in fondo, tendono a tale scopo. E’ come dire che tutte le strade portano a Roma.

Il punto è che a Roma bisogna arrivarci il più in fretta possibile e dunque gli investimenti, conti alla mano, devono consentirci in modo misurabile di puntare a produrre latte con un break even di 30 centesimi per litro di latte consegnato. In tal senso, gli investimenti e comunque gli sforzi organizzativi dell’azienda, devono essere direttamente collegabili ai costi ed ai ricavi misurabili nel conto economico. Se l’investimento che facciamo non produce nell’annata in corso, o al massimo in quella successiva, un abbassamento del costo di produzione significa che probabilmente ci sono cose più urgenti da fare. Dunque è meglio scartare o accantonare l’idea su cui stiamo lavorando, per individuarne una più adeguata allo scopo.

Frequento diverse aziende che in questo periodo stanno dedicando tempo ed energie a questo scopo e mi convinco sempre più di come sia sottoutilizzato in agricoltura, lo strumento della programmazione e della simulazione dei risultati tra i diversi scenari possibili. Credo che solo dopo uno sforzo di analisi delle alternative si possa efficacemente scegliere la strada più opportuna, soprattutto se si pensa di mettere sul tavolo dei bei soldini.