Ruminantia è una rivista indipendente e laica, per cui è pronta a plaudire e castigare tutto e tutti, a prescindere dall’appartenenza politica e dalla ideologia. A forza di associare le parole “ideologia” e “ideologico” a qualcosa di negativo, i partiti politici si sono svuotati degli elementi identitari per trasformarsi in insiemi di persone che si raccolgono intorno a un leader più o meno carismatico o più banalmente ad interessi di varia natura ma spesso personali.

Senza scivolare nel qualunquismo, bisogna essere onesti nel riconoscere che i programmi di governo di destra, di centro e di sinistra si assomigliano molto. In comune hanno soprattutto la mancanza di una visione strategica di medio-lungo periodo, e le priorità sono il non scontentare l’elettorato e gestire le emergenze man mano che si presentano.

E’ anche oggettivamente difficile comprendere le motivazioni che spingono alcune persone a voler governare uno Stato, una regione o semplicemente un comune, quando manca un ideale morale o ideologico, o almeno non si vede. Ormai è chiaro quindi che a fare la differenza sono le persone che si candidano alle elezioni.

Questo contesto non aiuta certo a difendere una democrazia rappresentativa come quella italiana e a motivare gli elettori ad andare a votare. Si sta anche affievolendo la memoria di quanti nostri antenati abbiano sofferto, e spesso sacrificato la loro vita e la loro libertà, perché il diritto di voto fosse una prassi estesa a tutta la popolazione. Nel 2021 gli italiani aventi il diritto di votare erano 51.000.000 su una popolazione complessiva di poco più di 59.000.000 di persone. Ma alle elezioni regionali del Lazio e della Lombardia del 12 e 13 febbraio 2023 a vincere a mani basse è stata l’astensione.

I politici hanno dato molta enfasi a questa tornata elettorale ritenendola un test di consenso del nuovo governo. I risultati delle elezioni sono noti a tutti, e non sta a Ruminantia commentarli, ma il fatto che nel Lazio abbiano votato il 37.2% degli aventi diritto e in Lombardia il 41.7% fa onestamente paura anche ad una rivista tecnica come la nostra, perché significa che una percentuale crescente della popolazione non crede più nella democrazia rappresentativa e nel diritto di voto, oppure semplicemente pensa che votare sia inutile perché tanto le cose non cambiano mai. Alcuni invece non si recano alle urne semplicemente perché non si riconoscono in nessuna lista che si presentano.

Se si pensa che nelle elezioni regionali del 2018 nel Lazio la percentuale di votanti è stata del 66.6% e in Lombardia del 73.1%, il motivo di essere preoccupati c’è eccome ed ha il conforto dei numeri. Queste situazioni spaventano anche perché non creano le condizioni affinché la classe politica prenda decisioni anche impopolari, perché tali sono quelle di cui ha bisogno un Paese come il nostro, stretto tra un debito pubblico di circa 2.700 miliardi di euro, che egoisticamente stiamo “regalando” ai nostri figli e nipoti, e un’emergenza climatica senza precedenti. Una classe politica che di fatto rappresenta il 40% della popolazione italiana fa oggettivamente fatica a fare scelte anche di medio periodo finalizzate a mettere in sicurezza il futuro dei suoi cittadini.

Rimanendo nel nostro piccolo-grande mondo della produzione di cibo, al di là degli slogan poco stiamo vedendo di concreto negli ultimi anni, ed il fatto che a “muoversi” sia solo il mondo produttivo va bene ma non deve far gioire. La sicurezza alimentare significa che l’accesso ad un cibo sano e nutriente è un diritto di tutta la popolazione, e questo deve convivere con i diritti di tutti gli attori della filiera, compresi quelli degli animali.

Oltre a mettere “toppe” per coprire le falle serve che la politica pensi ad un piano d’insieme di medio-lungo periodo coinvolgendo tutte le parti sociali compresa l’industria, che poi è quella che fornisce e mette a disposizione i beni strumentali necessari.