In questi ormai due anni di tensione tra gli allevatori e chi gli ritira il latte e la carne a causa di un incessante aumento dei costi di produzione, abbiamo visto prevalere i comportamenti più strani, soprattutto sui social media e nelle conversazioni dei gruppi WhatsApp. Storicamente, le trattative tra l’industria del latte e della carne con gli allevatori non hanno mai avuto un che di razionale. Le parti si contrapponevano, o meglio si contrappongono, con i soli ovvi obiettivi di pagare il meno possibile (industriali) e ricavare il massimo (allevatori). In un contesto di lungo periodo, nei momenti di sostanziale stabilità internazionale e in assenza di politiche aggressive da parte della finanza la cosa può funzionare.

Ci siamo però accorti che in questi ultimi due anni questo sistema non funziona più. Da una parte non tutta la produzione primaria ha saputo gestire la crisi, molte imprese hanno chiuso e tante non lo hanno fatto per l’elevato indebitamento verso le banche e i fornitori. Dall’altra l’industria si trova senza materia prima, e quelle che hanno puntato ai claim riconducibili all’italianità stanno rischiando molto. Sembrerebbe comunque che né gli allevatori né l’industria di trasformazione vogliano adottare criteri oggettivi che leghino il prezzo di acquisto di latte e carne ai costi di produzione ma desiderano affrontare la questione con le regole del rapporto domanda/offerta tipiche delle commodity. La mentalità imperante è quella che è bene mantenere uno stato di caos permanente dove tutti si lamentano genericamente di non guadagnare e dove i media, e chi cerca consensi “a prescindere”, trovano terreno fertile per i loro obiettivi.

Ruminantia pubblica molti articoli sull’argomento, e alcuni di questi vengono condivisi sui Social. Interessante è leggere i commenti a numeri oggettivi come quelli che quantificano le produzioni nazionali e europee, i costi delle materie prime, quanto sia e sta aumentando il costo litro latte o chilo carne, e quante stalle cessano l’attività. Se uno chiedesse nell’ecosistema Facebook qual è il prezzo giusto, ad esempio, del latte per il mese di Luglio 2022, sono convinto che pochissimi suggerirebbero un valore coerente all’aumento dei costi e all’utile tipico di questa attività. La tendenza è “sparare” un prezzo il più alto possibile in modo da ottenere quello giusto. Lo stesso, spesso, lo fa la controparte, impuntandosi a non aumentare i prezzi per poi concedere qualche centesimo alla fine.

E’ difficile che la zootecnia trovi la sua stabilità in questo contesto culturale e che possa affrontare gli investimenti di medio-lungo periodo necessari all’ammodernamento delle aziende come richiesto dalle leggi e dall’opinione pubblica. In un contesto, in cui il prezzo del latte e della carne alla stalla si formalizza sempre in seguito a scontri e polemiche, è difficile immaginare quella stabilità necessaria ad evolvere. A garantire stabilità a molti settori dell’economia e della finanza sono gli aumenti di dimensione delle imprese dovuti a crescite fisiologiche o ad acquisizioni. Vista la particolare natura dell’agricoltura e della zootecnia, e il ruolo sociale, culturale e di tutela del territorio che di fatto ha, non credo che il modello “sempre più grande è meglio” sia auspicabile. E’ vero che un grande allevamento ha un potere contrattuale sicuramente superiore di tanti piccoli, ma vi posso assicurare (perché ne ho esperienza diretta) che la strada dei mega allevamenti percorsa ad esempio dai cinesi sta creando enormi difficoltà alla stessa Cina nei confronti dell’ambiente e del tessuto sociale dove sono ubicati.

Il buon senso suggerirebbe di sacralizzare i numeri e da essi farsi guidare, e di smettere il “gioco delle tre carte”. Non voglio stancarmi di ripetere, perché ne sono fermamente convinto, che quando si vanno a trattare i prezzi con gli industriali si deve avere ben chiaro cosa si vuole ottenere. Il prezzo richiesto oppure offerto deve essere plausibile e in linea con quello che può essere realisticamente realizzabile come utile da parte di chi fa l’allevatore. Le trattative a cui direttamente e indirettamente ho assistito per la definizione del prezzo del latte alla stalla creano un clima di perenne tensione e incertezza che fa bene solo a chi cerca il caos per emergere e trarne un tornaconto personale.