Credo di utilizzare un luogo comune dicendo che la selezione della propria mandria è una delle attività più rilevanti e di prospettiva che vi siano in un’azienda di vacche da latte. Si tratta di costruire la base, la “macchina”, su cui baseremo le nostre attività. Il fatto che i risultati delle scelte di oggi si concretizzino in vacche in mungitura tra circa tre anni, complica un po’ le valutazioni sulle scelte da compiere e mette uno spazio di tempo molto ampio per valutare la qualità di tali scelte. In ogni stalla esistono vacche di cui si è molto soddisfatti e vacche di cui si farebbe volentieri a meno. Spostare l’equilibrio nella direzione di avere una quota maggiore di vacche di cui di cui si è ampiamente soddisfatti è compito della selezione. Se così non succede occorre rivedere i criteri e le modalità con cui si compiono le scelte dei tori da utilizzare in azienda. Giacché, nella pratica, è l’acquisto del seme il punto cruciale. Aggiungo che una quota importante del seme distribuito in Italia, non viene scelta dagli allevatori ma da coloro che vendono seme. Detta così forse è troppo cruda. Tuttavia è un fatto abbastanza evidente dall’analisi dei dati del livello genetico delle fecondazioni effettuate in Italia.
Un’altra buona parte del mercato è fatto dalle classifiche. I tori alti in classifica vengono acquistati, a prescindere dalle reali esigenze dell’azienda.
Mi spiego meglio.
Se guardiamo i motivi per cui in una stalla le vacche vengono eliminate, riscontriamo con frequenza una netta distanza tra questi ed i criteri di selezione dei tori. Ad esempio le vacche escono per infertilità, per mastiti, per problemi podali. In verità nessuna vacca esce di stalla perché di taglia media o piccola; poche vacche vengono eliminate perché la mammella non è bella; al limite vengono eliminate a motivo della mastiti cui è soggetta a causa di una mammella bassa. Una vacca con mammella bassa che non prende mastiti, non viene eliminata. Dato che l’elenco degli animali da eliminare è sempre ben nutrito, l’animale che “funziona” resta in stalla, a prescindere dal nostro gusto sulla morfologia. Nonostante vacche di taglia media funzionino meglio, un toro che generi quel tipo di vacche è poco appetibile nel momento in cui osserviamo i dati del lineare per compiere le nostre scelte.
In altre parole voglio affermare che i criteri di selezione dovrebbero essere dettati dai motivi di eliminazione e non, invece, da un nostro ideale e teorico obiettivo di selezione.
E’ dunque utile conoscere il PGA della nostra azienda per compiere scelte avvedute.
Come detto la selezione è un investimento sul futuro. Come ogni investimento è necessario considerare i costi ed i benefici, consapevoli che i geni che inseriamo oggi in azienda, continueranno a lavorare anche dopo che quella vacca sarà uscita di stalla, attraverso la sua progenie. I geni si “stratificano” in azienda e costituiscono la nostra base di lavoro. Pertanto un investimento in buona genetica è sempre ben fatto. Non mancherà di produrre durevolmente buoni risultati.
Attenzione, non voglio affermare che spendendo cifre importanti si fa necessariamente un buon lavoro. Ritengo sia necessario porre l’accento anzitutto sulla necessità di selezionare ai massimi livelli; cercando le migliori modalità per spendere poco. Per fare un esempio, un’azienda che faccia un lavoro di selezione di eccellente livello, utilizzando seme sessato sulla prima fecondazione delle manze può spendere circa 12 € per ciascuna fecondazione. Significa che un’azienda di 100 vacche in latte spende poco più di 5.000 € e non ha rimorsi per non avere fatto tutto quello che è possibile fare.
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