Tra gli eventi che Ruminantia ha organizzato durante l’edizione 2024 delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona c’è quello intitolato “Analisi SWOT nella gestione ordinaria e straordinaria della formulazione dei mangimi complementari e minerali per i ruminanti” dal quale ho tratto spunto per questo articolo.
La nutrizione dei ruminanti è molto più complessa rispetto a quella dei monogastrici ma sicuramente meno precisa. Le fermentazioni ruminali degradano molti nutrienti perché utilizzati dal microbiota ruminale per produrre se stesso e come residui gli acidi grassi volatili (AGV).
I ruminanti traggono le risorse nutritive di cui hanno bisogno per mantenere il loro metabolismo basale, la crescita, la riproduzione, la produzione e la piena efficienza del loro sistema immunitario dal microbiota, dagli AGV e dai nutrienti che riescono a superare indenni i prestomaci e arrivare all’intestino.
Questa complessità “gastrica”, che si unisce ad altre peculiarità metaboliche, rende il lavoro del nutrizionista specializzato nei ruminanti molto complesso.
Il Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS) dai suoi primordi nell’ormai lontano 1996 modellizzò la bovina da latte rendendo possibile poi affrontare la sua alimentazione nell’ottica della precision feeding.
Disponendo di buoni software applicativi e accurate analisi degli alimenti è possibile, a livello di stalla, elaborare piani di razionamento molto precisi, affidabili e predittivi con un margine d’errore molto basso.
In una dieta per ruminanti ci sono foraggi e concentrati. In quest’ultima categoria sono inclusi i cereali, molti sottoprodotti vegetali, i minerali, le vitamine e altri additivi.
Ci sono allevatori che “vanno a materie prime”, almeno così si definisce in gergo chi non acquista mangimi complementari, ossia compra le singole materie prime vegetali limitandosi ad acquistare dall’industria i mangimi complementari minerali conosciuti dai più con il nome d’integratori.
Accanto a questi, e per le motivazioni più diverse, ci sono quelli che preferiscono comprare tutto ciò che non è foraggio dall’industria, anche perché in questo modo possono usufruire dell’assistenza zootecnica gratuita di queste imprese e si sollevano dall’onere del controllo qualità.
Ad onore del vero, e per dovere di completezza, bisogna dire che ci sono anche allevamenti che preferiscono acquistare tutti o parte dei fieni all’esterno, siano essi essiccati al sole o disidratati.
Sia i nutrizionisti che gli alimentaristi indipendenti o quelli dell’industria mangimistica hanno come responsabilità quella di garantire agli animali dei clienti ai quali somministrano i servizi una razione che abbia un buon rapporto qualità prezzo e che soddisfi senza sprechi tutti fabbisogni.
Il non centrare questo obiettivo comporta una perdita di reputazione da parte del tecnico, che si traduce per quelli indipendenti con la perdita del ricavo derivante dalla consulenza e per quelli dell’industria con la perdita della fornitura di mangimi.
I mangimifici, specialmente quelli grandi, preferiscono proporre mangimi di linea, ossia standardizzati, in modo da soddisfare senza personalizzazioni sia le esigenze industriali che le aspettative dei clienti allevatori. Difficile in questo caso è però sfruttare appieno sia le potenzialità del CNCPS che contemporaneamente quelle dei programmi di formulazione di cui dispongono le industrie che producono alimenti zootecnici.
Questi ultimi software gestiscono i ricalcoli dei costi formula, eseguono l’ottimizzazione periodica e producono i file necessari al mangimificio per l’industrializzazione del prodotto. La logica dell’ottimizzazione è quella di mettere a disposizione del software le materie prime che sono utilizzabili con vincoli minimi e massimi d’impiego, oltre ai vincoli sui nutrienti ritenuti fondamentali, sempre di minima e di massima.
In questo modo essi possono calcolare formule al minor costo ma sempre nell’ambito dei vincoli posti dal formulista del mangimificio. Questa figura professionale non ha in genere particolari rapporti con i clienti allevatori mentre cura i rapporti con i fornitori di materie prime e additivi e il laboratorio interno o esterno del controllo qualità, oltre ovviamente quelli con la fabbrica.
Il meccanismo funziona bene quando i nutrizionisti esterni suggeriscono al formulista o formule personalizzate oppure collaborano con esso nella realizzazione di una serie di formulati standard detti anche di linea.
Se il compito del formulista è complesso lo è anche quello dei nutrizionisti e alimentaristi di campo, in quanto devono cercare costantemente un compromesso tra la soddisfazione tecnica ed economica del cliente e del proprio datore di lavoro mangimista.
I nutrizionisti indipendenti, dovendo rispondere del proprio operato solo al committente allevatore, hanno un compito ovviamente più facilitato limitandosi a fornire agli allevatori la formula del mangime da far produrre ad un mangimificio di fiducia qualora si sia scelto di non “andare a materie prime”.
Per meglio comprendere questo meccanismo è bene ricordare che il CNCPS per operare correttamente ha bisogno di analisi dettagliate delle materie prime da utilizzare per l’alimentazione della bovina da latte. Non è in grado di operare con mangimi industriali per i quali si dispone di informazioni limitate sui nutrienti.
Un altro ostacolo che incontrano i nutrizionisti e gli alimentaristi dell’industria è quello di aggiornare costantemente sul proprio software applicativo del CNCPS le caratteristiche di mangimi sottoposti all’ottimizzazione specialmente per quelle industrie che per policy non diffondono le formule dei loro mangimi.
Un altro aspetto complesso da gestire è quello degli additivi prodotti o solo commercializzati da aziende specializzate.
Ci sono additivi i cui claim sono quelli di ridurre le concentrazioni nutritive dei mangimi o al limite delle razioni, per cui non causano un aumento dei costi dell’alimentazione, ed altri che invece hanno effetti positivi sulle performance produttive, riproduttive e sanitarie degli animali provocando un immediato aumento dei costi ma promettendo un recupero di questi dovuto alle migliori prestazioni e ai minori problemi.
I nutrizionisti, siano essi indipendenti o meno, e i formulisti, devono prendere la complessa decisione di scegliere solo additivi in grado di generare un ROI positivo. I criteri consigliabili sono quelli di rivolgersi ad aziende dotate di elevata reputazione e che investono in ricerca e sviluppo.
Rassicuranti sono le evidenze scientifiche pubblicate sulle riviste dotate di revisione paritaria dove l’additivo in questione è stato incluso tra i materiali e i metodi, corredate magari da prove di campo eseguite comunque con il metodo scientifico.
E’ comunque consigliabile che i fornitori di additivi direttamente agli allevatori o all’industria che produce alimenti zootecnici siano chiari nella comunicazione, spieghino dettagliatamente il meccanismo d’azione e diano precise indicazioni dei risultati che si possono ragionevolmente ottenere.
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