Torniamo ancora sulla sindrome ipo-calcemica (SIC), soprattutto nella forma a decorso sub-clinico, perché tra le malattie metaboliche è quella più apparentemente difficile da controllare. Molti allevamenti, che controllano accuratamente l’alimentazione in asciutta, sono costretti a ricorrere su molte bovine alle soluzioni endovenose di calcio, ai boli minerali e quant’altro. Queste pratiche sono corrette e auspicabili visto che la SIC è un importante fattore di rischio per l’immuodepressione patologica del periparto, della metrite puerperale, della dislocazione dell’abomaso, della chetosi metabolica, la ritenzione di placenta, la sindrome della sub-fertilità e la scarsa produzione. Chi ricorre all’ematochimica clinica trova spesso valori di calcio in transizione, o a volte anche in piena lattazione, molto bassi anche sulla soglia degli 8 mg/dl. Importante però è capirne bene l’eziologia e come intervenire correttamente con la prevenzione.

Molti dei paradigmi oggi condivisi sembrano non avere avuto gli effetti sperati, come il test del pH urinario per modulare correttamente l’apporto di anioni come il cloro o lo zolfo o l’adozione in asciutta della DCAD per calcolare correttamente quali e quanti minerali debbano essere presenti nelle razioni. Ci sono controversie anche sui sistemi di calcolo della DCAD. L’equazione più datata, e quella su cui si è fatta più ricerca, è quella proposta da Ender (1962) e poi ripresa da Block (1984); DCAD = (Na+ K+) – (Cl–  + S2-). L’obiettivo da ricercare con questo sistema è avere razioni da – 15 a mEq/100 gr. Il dubbio di allora, ma che rimane tuttora, è sul ruolo, non preso in considerazione da questa equazione,  del fosforo, del calcio e del magnesio. Horst nel 1997 propose un’equazione più completa DCAD= (0.38 Ca2+ + 0.3Mg2+ + Na+ + K+) – (Cl+ S2-). Turker nel 1991 propose DCAD = (0.38 Ca2+ + 0.3 Mg2+ + Na+ + K+) – ( Cl+ 0.6 S 2+ + 0.5 P3- ). Successivamente Goff nel 2000 propose, per supportare anche l’obiettivo di ridurre il pH delle urine (parametro facilmente misurabile per meglio “tarare” la DCAD), l’equazione DCAD = (0.15 Ca2+ + 0.15 Mg2+ + Na++ K+) – (Cl + 0.25 S2- + 0.5 P 3- ).

Parallelamente a ciò l’NRC 2001 propose per le razioni d’asciutta una concentrazione di calcio allo 0.45%, di fosforo allo 0.23%, di magnesio allo 0.12%, di cloro allo 0.15%, di sodio allo 0.10%, di zolfo allo 0.2% e di potassio allo 0.52%.

Tali indicazioni, o meglio la prima equazione di DCAD e i fabbisogni dell’NRC, si scontravano molto con la realtà italiana. Una tipica razione italiana fatta con insilato di mais (kg 7), fieno di loiessa (kg 7), paglia (kg 3), soia f.e.(kg 0.9) e girasole f.e. (kg 0.9) e non integrata sviluppa calcio 0.47%, fosforo 0.28%, magnesio 0.18%, sodio 0.15%, cloro 0.46%, zolfo 0.14% e potassio 1.84%. Da una lettura superficiale si dovrebbe concludere che in asciutta non serve l’integrazione minerale e che il potassio è completamente fuori controllo. Teniamo presente che la razione citata contiene una considerevole quantità di paglia (kg 3) e il girasole proprio per ridurre l’apporto di potassio bio-disponibile.

Ad accrescere ancor più la confusione, la raccomandazione di molti scienziati di ridurre a non più di gr 50 l’apporto di calcio in asciutta e per altri ancor meno. Un deroga a questa prescrizione è che se la razione diventa a DCAD negativo il livello di calcio della dieta può salire ad oltre l’1%. La DCAD della razione tipica italiana calcolata con la prima equazione è di 31.9 mEq e con l’equazione di Goff di 21.1 mEq/100 grammi. Volendo ridurre a -15 mEq la razione del close-up bisognerebbe aggiungere quindi zolfo o solfati come quello di magnesio e cloruro di calcio ma avendo la precauzione di non superare nella razione lo 0.44% di zolfo e lo 0.8% di cloro.

Mettendo insieme raccomandazioni e precauzioni è praticamente impossibile raggiungere i -15 mEq proprio per i limiti imposti dagli effetti collaterali sull’ingestione e sulla salute del rumine dal cloruro di calcio e dello zolfo. Secondo Goff l’aggiunta di 2 equivalenti di cloruro di calcio al giorno dovrebbe acidificare le urine a pH 7.1 e quindi incoraggiare l’aumento della calcemia. L’esperienza pratica ci ha sempre deluso ogni qual volta si ricorre ad un uso “massiccio” di cloruri e solfati nel non vedere mai ridursi il pH delle urine e tantomeno aumentare la calcemia.

Quello che però abbiamo osservato è un crollo dell’ingestione e le gravissime conseguenze che questo può portare. Le ricerche fatte sulla validazione delle equazioni di Horst, Turker e Goff, a detta di una metanalisi svolta da Lean nel 2006, non sono sufficienti per consigliare con sicurezza l’una e l’altra soluzione perchè  il rischio di distorsioni o bias è molto elevato. Sicuramente nell’eziologia della sindrome ipocalcemica ci sono componenti genetiche, o meglio difetti enzimatici, che l’elevata consanguineità della frisona potrebbe aver portato con sè come ad esempio il ruolo della serotonina. Quello che è certo è che un ruolo molto negativo sull’insorgenza di questa dismetabolia possono averlo la produzione delle endotossine dovute ad una più o meno brusca riduzione del pH ruminale nel passaggio dall’alimentazione “povera” dell’asciutta a quella “ricca” della lattazione.

In questa situazione d’incertezza “scientifica”, e vista la pericolosità della sindrome ipocalcemica, il ricorso alla clinica d’allevamento e alla biochimica clinica diventa fondamentale. La puntuale e routinaria verifica attraverso l’ematochimica clinica dei livelli di macrominerali nel sangue delle bovine in transizione permette di verificare cosa stia realmente succedendo in allevamento. Importanti e facilmente praticabili sono anche le analisi quantitative dei macrominerali degli alimenti utilizzati in asciutta con la tecnologia rapida e relativamente economica dell’ XRF. L’uso sistematico dei cosiddetti sali anionici senza una preventiva diagnosi veterinaria è una pratica assolutamente sconsigliabile visti gli effetti negativi che hanno sull’ingestione ai dosaggi che effettivamente siano in grado di provocare una acidosi metabolica da compensare con una maggiore mobilizzazione del calcio dalle ossa, con il riassorbimento urinario e l’assorbimento  intestinale.