Mi piace iniziare riportando l’introduzione all’articolo “Nutrienti Essenziali” pubblicato a pagina 86 del numero di novembre 2024 della rivista Le Scienze, per la sua chiarezza.
“Il cibo ci dà energia, ma, cosa altrettanto importante, ci fornisce anche vitamine e minerali. Non c’è essenzialmente alcuna funzione corporea che non dipende da almeno una di queste sostanze, circa 30 delle quali ritenute essenziali. Aiutano il cuore a battere e i polmoni a respirare. Permettono al corpo di costruire nuove cellule muscolari, cutanee e ossee. Permettono ai nervi di inviare segnali al cervello e al sistema immunitario. Di combattere gli invasori. Non possiamo letteralmente vivere senza di loro. La differenza tra le vitamine e i minerali è che le prime sono sostanze organiche, prodotte da una pianta o da un animale, mentre i secondi no. Le vitamine le assumiamo dalle piante e dagli animali che mangiamo. I minerali provengono dalle rocce, dalla terra o dall’acqua a volte li assumiamo direttamente dall’ambiente e a volte dagli organismi che mangiamo e che li hanno assorbiti durante la loro vita”.
L’articolo fa riferimento alla fisiologia umana ma questa introduzione è utile anche per parlare di nutrizione dei ruminanti, nonostante tra uomini e ruminanti esista una profonda differenza anatomica e metabolica.
Nella nutrizione umana l’integrazione con vitamine e minerali viene raccomandata attraverso un’alimentazione variata fatta di carne, latte, uova, legumi, cereali, spezie, frutta e verdura freschi e alimenti fermentati.
Solo in casi particolari si integra la dieta giornaliera con vitamine e minerali, e non per tutta la vita di una persona. Lo si fa alcune volte nei bambini, negli anziani, nelle donne gestanti, negli atleti o in concomitanza con gravi patologie.
Nell’alimentazione degli animali da reddito, meglio detti food animal o da cibo, si integra la razione giornaliera con vitamine e minerali dalla nascita alla fine della vita produttiva.
E’ lecito domandarsi perché ci sia questa profonda differenza tra la nutrizione animale e quella umana riguardo all’integrazione vitaminico-minerale.
Nelle bovine da latte, per conoscere quali sono i fabbisogni nutritivi e quali vitamine e minerali sono indispensabili, si fa riferimento alle indicazioni contenute nei libri “Nutrients Requirements of Dairy Cattle”, edizione 2001 e 2021.
Nella tabella sottostante è riportato un confronto su come sono evoluti questi fabbisogni nei 20 anni trascorsi dalle due edizioni, utilizzando come esempio quelli delle bovine al picco produttivo dove molto frequenti sono le carenze.
Come si può facilmente vedere, non sono stati presi in considerazione eventuali fabbisogni di vitamine del gruppo B e della colina, ma di sole tre vitamine della classe liposolubile, sette macroelementi e sette microelementi.
Gli altri additivi, come gli amminoacidi, i lieviti e quant’altro, non fanno parte dell’argomento che stiamo trattando.
La differenza tra macro e microelementi, anche detti oligoelementi, è esclusivamente dovuta alle concentrazioni con le quali si esprime il fabbisogno (rispettivamente in gr/hg e mg/kg sulla sostanza secca della razione completa).
I ruminanti d’allevamento furono felicemente classificati molti anni fa da William Chalupa come “atleti metabolici”.
Basti pensare che una bovina da latte, nei circa 50 gg di massima produzione, ha un fabbisogno energetico medio giornaliero e protratto che è oltre 4 volte quello di mantenimento mentre un atleta impegnato in discipline aerobiche intense e prolungate come la maratona si ferma a tre volte il mantenimento e per un periodo massimo di pochissime ore.
Gli assetti ormonali e metabolici che determinano queste e altre performance sono prevalentemente di natura genetica e si esplicitano dalla nascita alla fine del ciclo produttivo.
In queste condizioni gli animali hanno bisogno della disponibilità di tutti i nutrienti, sia quelli indispensabili che quelli non indispensabili.
Nella dieta giornaliera un ruminante trova generalmente negli alimenti ingeriti tutte le vitamine e i minerali di cui ha bisogno ma, in alcuni momenti come la fase di transizione e la prima metà della lattazione, tali fabbisogni sono molti elevati e spesso non vengono soddisfatti.
Un’adeguata presenza di oligoelementi e di altri nutrienti come i carboidrati e le proteine, è una condizione fondamentale affinché nel rumine vengano sintetizzate, nella giusta quantità, le vitamine del gruppo B. Per questo motivo nelle tabelle ufficiali dei fabbisogni sviluppate a partire dalle evidenze scientifiche non vengono riportati i fabbisogni per questa tipologia di vitamine ormai da moltissimi anni.
Qualora il nutrizionista ritenga che sia utile per la salute, la fertilità e la produttività degli animali utilizzare tutte o parte delle vitamine idrosolubili, è bene che si ricorra a preparati rumino-protetti, perché il rumine distrugge buona parte di queste vitamine.
La colina, la cui classificazione è ancora incerta (e comunque non viene considerata una vitamina idrosolubile), è un importante donatore di gruppi metilici ed è “garante” della salute del fegato, soprattutto nei confronti della lipidosi epatica, e nel mantenere intatte le scorte ematiche di metionina.
La colina è presente in discreta quantità nel mais e nella soia, che sono gli alimenti presenti in ogni dieta dei ruminanti, ma viene quasi completamente distrutta dal microbiota ruminale.
Per questi motivi l’integrazione delle diete dei ruminanti da latte cronicamente affetti da lipidosi epatica è altamente raccomandata nella fase di transizione e al limite anche nelle prime settimane di lattazione per evitare carenze secondarie di metionina ad un dosaggio corretto.
Sia NRC 2001 che NASEM 2021 consigliano di integrare le diete sempre e comunque con le vitamine liposolubili.
I fabbisogni di macrominerali sono sempre piuttosto elevati, per cui tutte le diete dei ruminanti d’allevamento vengono integrate con calcio fosforo, sodio, magnesio, cloro e a volte potassio.
Sappiamo che la concentrazione di macrominerali degli alimenti zootecnici, e nei i foraggi in particolare, dipende dal tipo di foraggio, dalla zona dove viene coltivato e dalla quantità di deiezioni zootecniche che su di essa vengono interrate.
Un fieno di loietto coltivato, ad esempio, nella provincia di Cuneo ha una concentrazione di macro-elementi anche molto diversa da quello coltivato sempre nella pianura padana ma, ad esempio, a Cremona o a Reggio Emilia.
Oggi la tecnologia analitica XRF permette di fare, a basso costo, analisi quantitative dei minerali contenuti in determinati alimenti zootecnici.
Conoscendo i fabbisogni e la quantità che naturalmente viene apportata dalla razione si può decidere quali e quanti minerali integrare senza che si verifichino eccessi o carenze.
Con lo stesso principio si integrano le razioni con gli oligoelementi indispensabili e di uso consentito, come il rame, lo zinco, il manganese, il cobalto, il ferro, il cobalto, il selenio, lo iodio e il molibdeno.
Se il nutrizionista ritiene utile andare in deroga ai fabbisogni di base e aumentare la concentrazione nella dieta, ad esempio, di antiossidanti come il selenio, lo zinco, lo iodio, il rame e il manganese, lo può fare in nome della nutrizione clinica o funzionale, ma stando bene attento a non realizzare eccessi d’apporto.
Nella tabella sottostante, anche se datata, vengono riportati gli MTL dei minerali, ossia le concentrazioni massime da non superare nelle diete dei bovini e degli ovini.
In conclusione, si può affermare che, a differenza della nutrizione umana, è altamente consigliabile integrare con minerali e vitamine le diete dei ruminanti in ogni fase del ciclo produttivo e le ricerche scientifiche indipendenti consigliano di farlo.
Per le vitamine idrosolubili non esiste un fabbisogno consigliato sia in NRC 2001 che nel NASEM 2021. In questo ambito si può comunque seguire ciò che alcuni lavori scientifici propongono, come nel caso della biotina e della vitamina B12.
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