Il basso prezzo di vendita del latte al proprio acquirente ha preoccupato tutti perché giunto in modo repentino e quasi inaspettato. Ognuno ha cercato i rimedi che ha ritenuto migliori per riposizionare i propri costi produttivi e per cercare di far passare la notte. Dopo qualche mese, la notte sembra più lunga del previsto ed anche più buia, se possibile. Dunque le manovre per restare a galla, se non strutturali, cominciano a rivelare alcune debolezze. Qualcuno ha pensato e trovato sponde per allungare impropriamente i pagamenti (riducendo gli esborsi ma non certi i costi), altri hanno rimandato acquisti, investimenti e importanti manutenzioni. Altri ancora hanno venduto manze. Si è trattato, spesso, di manovre tese a preservare un minimo di liquidità; poche volte si è inciso sui costi e sui ricavi.

Ad ogni buon conto, dato che la fine del regime delle quote latte offre per ora grandi incertezze sul futuro, ci si interroga sulle soluzioni migliori per poter restare per un tempo eventualmente non breve in queste condizioni di prezzo del latte. Le riflessioni, le analisi e le possibili proposte coinvolgono molteplici aspetti della gestione aziendale, che abbiamo pure trattato.

Tra le tante, mi pare ora opportuno sollevare una questione poco frequentata in questi anni anche a causa dell’individualismo italiano e dell’abitudine a pensare esclusivamente in proprio, tanto radicata nelle aziende agricole. Parlo di aggregazioni tra le aziende agricole. Penso ai gruppi di acquisto, allo scambio di mezzi e prestazioni, fino ad arrivare alla costituzione di vere e proprie “Holding”.

E’ un dato di fatto che, a parità di altri fattori, le aziende grandi, operando economie di scala, hanno più possibilità di ridurre i costi fissi. Pensiamo agli adempimenti burocratici, alla gestione degli ordini, ai rapporti con i fornitori,  all’amministrazione, al personale. Dieci titolari di aziende agricole, ciascuna con 100 vacche, si occupano una volta al mese delle buste paga dei propri dipendenti, passano dall’ASL a ritirare i moduli, hanno una visita di controllo di qualche Ente, litigano con il fornitore di Energia elettrica, ecc.  L’addetto della stalla da 1.000 vacche, pur con uguale consegna di latte delle dieci precedenti, occupa un decimo del tempo per fare le stesse cose. Gli altri nove decimi del tempo possono essere dedicati a qualcosa che ha a che fare con il reddito dell’azienda. Lo stesso vale per il potere contrattuale nei confronti dei fornitori, per il fabbisogno di manodopera, per il potenziale di sfruttamento di ogni mezzo tecnico introdotto (trattori ed attrezzi, sala di mungitura, carro unifeed, ecc).

A parità di ogni altra condizione, credo si possa stimare una riduzione del costo di produzione dovuta ad economie di scala,  superiore al 10 %.  Il che significa ridurre il costo di produzione di circa 3,5-4 centesimi al litro.

Dato che un famoso economista diceva che l’unica cosa certa è che sul lungo periodo saremo tutti morti, piuttosto che morire o arrivare senza un filo di fiato  ad intravvedere una luce all’orizzonte per le nostre aziende, non varrà la pena imparare a gestire società di aziende agricole?