Tradizionalmente, il vitello di razza frisona viene separato dalla madre dopo qualche ora dalla nascita, salvo i casi in cui il parto avvenga nelle ore notturne. Questa pratica che da parte della fazione ambientalista viene spesso biasimata, in realtà ha delle ragioni di natura sanitaria. Infatti, molte malattie della bovina adulta, come la paratubercolosi, si trasmettono durante il processo di suzione della mammella o per contaminazione con le feci materne. Inoltre, attraverso il latte materno si possono trasmettere alcune patologie (Staphylococcus aureus).

Le modalità di assunzione del colostro possono fare la differenza: infatti, la permeabilità del tratto intestinale del vitello neonato diminuisce rapidamente dopo le prime ore di vita, rendendo così impossibile il trasferimento passivo dell’immunità dal colostro materno al torrente sanguigno del vitello stesso. Si stima un cut off ematico del neonato di 10 g/l di IgG al termine delle prime 24 ore di vita. Inoltre, il contenuto di proteine totali dalla prima eiezione colostrale a quella di 12 ore dopo, scende del 30% (17,5% pg VS 10%) e il quantitativo di IgG diminuisce da 130 g/l a 50 g/l.

A questo proposito si ricorda l’importanza del contenuto in proteina metabolizzabile della razione degli animali in close up, vista la sua elevatissima correlazione con il contenuto di IgG nel colostro.

La maggior permeabilità intestinale e la contestuale diminuzione del contenuto di IgG, rendono quindi importantissima l’assunzione del colostro nelle primissime ore. Può darsi che la puerpera non abbia un’eiezione immediata, o che il suo colostro non contenga sufficienti IgG, per le più svariate ragioni (patologie pregresse, eccessiva produzione in volume del colostro).

Figura 1 – Andamento delle varie fasi immuniitarie dal concepimento alla pubertà.

Ciò rende necessario somministrare al vitello neonato un colostro di buona qualità (>24 ° brix) stoccato precedentemente ed adeguatamente scongelato.

L’assunzione consigliata di colostro al primo pasto è di circa 4 litri e deve essere effettuata anche per sonda nel caso in cui il vitello abbia uno scarso riflesso di suzione.

Naturalmente, il colostro, o più propriamente il latte di transizione, rappresenta l’unica fonte di nutrimento fino al 3° giorno di vita dell’animale. Molto importante, a questo proposito, è l’effetto che ha il colostro materno sulla crescita dei villi intestinali e la proliferazione delle cellule della cripta, che sono molto più elevati rispetto ad un sostitutivo del colostro. Ricordiamo inoltre che il colostro induce un aumento dell’insulina che permette di regolare la glicemia, anch’essa più alta nei vitelli che l’hanno assunto fin dai primi momenti della vita neonatale.

Un altro aspetto della nutrizione colostrale riguarda la sua funzione epigenetica: è provato infatti che colostro di bovine contenente un elevato quantitativo di relaxina condiziona positivamente l’attitudine alla dilatazione della pelvi delle vitelle che lo ricevono.

Inoltre, la proteina plasmatica nei vitelli che assumono colostro è maggiore, e l’uremia più bassa indicando una minor gluconeogenesi da amminoacidi.

Dal 3-4° giorno di vita, normalmente il colostro viene sostituito con del latte ricostituito in polvere o con del latte bovino adeguatamente pastorizzato.

A questo proposito, da una metanalisi pubblicata nel 2013, la differenza tra bovine alimentate con latte di vacca o con latte ricostituito è stata mediamente di 435 kg di latte in prima lattazione a favore delle prime.

Un altro parametro interessante è la crescita corporea durante l’alimentazione lattea: infatti si stima che per una differenza di incremento giornaliero (ADG) di 0,50 kg in questa fase, la differenza possibile di produzione di latte in prima lattazione è di circa 800 kg.

In uno studio effettuato alla Cornell (Soberon et al. 2012) è risultato che il 22% della variazione nella produzione di latte era spiegata dall’incremento ponderale nelle prime 7 settimane, rendendo questo parametro da 4 a 8 volte più rilevante di quello derivante dalla selezione genetica.

Il passaggio all’alimentazione lattea vera e propria avviene al 4°-5° giorno di vita e si protrae a seconda degli schemi di svezzamento fino al 60-90° giorno di vita. Negli anni passati si è tentato di svezzare gli animali più precocemente, ma l’insufficiente capacità e funzionalità ruminale ha sconsigliato queste pratiche.

A questo proposito ricordiamo che dal punto di vista anatomo fisiologico, la doccia esofagea ed il suo riflesso rappresentano il meccanismo che permette di bypassare i prestomaci e far raggiungere al latte l’abomaso.

Come si evince dalla figura 2, la crescita giornaliera è strettamente correlata al contenuto di polvere di latte assunto dall’animale. Il contenuto raccomandato di proteina grezza in un latte ricostituito a base di polvere di latte magro o siero in polvere è di circa 26-28% mentre quello di lipidi grezzi è attorno al 20%, anche se molti latti ricostituiti in commercio hanno titoli proteici meno elevati.

Figura 2 – Fabbisogni per diversi livelli di crescita nel vitello scolostrato.

Tradizionalmente la somministrazione di latte aumentava fino a 0,9 kg di polvere di latte e si protraeva fino attorno all’80° giorno. Vista però l’efficienza dell’indice di conversione del latte in polvere (in questa fase è attorno all’1,3/1,4:1), e grazie a nuove strategie alimentari (allattatrice automatica o 3 pasti giornalieri), è stato proposto di aumentare la somministrazione di sostanza secca da latte in polvere fino a 1,4 kg/ss/die (circa 12 litri di latte giornaliero) dalla seconda alla settima settimana di vita. In questo caso il consumo di latte in polvere nei primi 50 giorni è uguale a quello tradizionale per 70 giorni.

La tecnica di svezzamento è quella del semi abrupt weaning, ossia una diminuzione graduale che conduca allo svezzamento attorno ai 65 giorni. Naturalmente, il consumo di alimento complementare solido, che fino ai 50 giorni con gli elevati quantitativi di latte è molto basso, si impenna rapidamente, quando però il rumine del vitello è in grado di digerire grazie allo sviluppo dell’amilasi pancreatica le fonti energetiche contenute nel mangime.

Figura 3 – Schema di razionamento ad alti quantitativi dai latte in polvere.

Questa tecnica ha permesso di ottenere incrementi ponderali molto più rilevanti rispetto alle tecniche tradizionali e, tramite un’adeguata formulazione, di diminuire il fenomeno che viene comunemente chiamato “rotta” dopo lo svezzamento. Della formulazione dello starter e dell’alimentazione prepuberale mi occuperò il prossimo mese.

Figura 4 – Andamento della crescita con allattamento intensivo pre e post svezzamento.