L’asciutta è una fase dell’allevamento della bovina da latte molto importante e complessa che ha solo ed esclusivamente una finalità sanitaria in quanto le bovine, se munte regolarmente, continuerebbero a produrre latte fino al parto successivo. La sospensione della mungitura per 45-60 giorni consente al fegato di esportare i grassi (trigliceridi) che ha accumulato nella lattazione precedente e permette il risanamento della mammella dai patogeni che inevitabilmente ha ospitato. I nutrienti che si forniscono in questo periodo servono, oltre a fornire supporto per la sintesi delle VLDL ed al sistema immunitario, per fare scorte di glicogene, di proteine labili e minerali, per garantire un’adeguata crescita dei follicoli ovarici e per nutrire adeguatamente il feto.
La parte più complessa dell’asciutta è proprio l’inizio, quando si sospende volontariamente la mungitura, ma per farlo senza rischi la produzione giornaliera deve scendere almeno sotto i kg 15 di latte. La curva di lattazione della frisona è molto cambiata negli ultimi anni. Il picco di produzione si sposta spesso oltre i 60 giorni e la persistenza è molto alta, al punto che la durata effettiva di una lattazione è mediamente di 330 giorni. Inoltre, negli allevamenti il 35-40% delle bovine sono primipare e notoriamente questa categoria di animali arriva al momento dell’asciutta con produzioni molto elevate, avendo un picco modesto ma un’elevata persistenza.
Ogni allevamento gestisce la messa in asciutta, o dry-off, con metodi differenti. Quello che oggi si consiglia è di spostare le bovine da asciugare in un reparto separato ma collegato con la sala di mungitura dove somministrare fieno e paglia a volontà, mungere regolarmente le bovine due volte al giorno fino a che la produzione non scende sotto i kg 15 al giorno per poi interrompersi bruscamente, fare eventuale trattamenti antibiotici e sigillare il capezzolo all’interno e all’esterno con appositi preparati. La fase di asciugamento può durare a volte anche oltre la settimana. Importante raccomandazione che si da è di non isolare mai le bovine per non sommare un ulteriore stress a quello del cambio di gruppo e della fame. Quello che succede in questa fase è un vero è proprio paradosso biologico. Da una parte si vuole il massimo vigore del sistema immunitario, specialmente di quello cellulo-mediato (leucociti), perché la mammella dopo la sospensione dell’ultima mungitura e nei giorni successivi deve essere “svuotata” dal latte rimasto, dai detriti cellulari (apoptosi cellulare) e devono essere eliminati tutti i batteri in essa presenti; dall’altra si priva la bovina dei nutrienti proprio per far abbassare la produzione di latte.
Il sistema immunitario cellulo-mediato, ossia i macrofagi ed i neutrofili, è un tessuto ad alto tasso di replicazione che ha dei fabbisogni nutritivi piuttosto chiari e precisi che sono stati quantificati. Tra i nutrienti di cui ha elevata necessità troviamo il glucosio, aminoacidi come la glutammina e i minerali, tra i quali spicca il calcio. Anche le altre componenti del sistema immunitario, come le proteine della fase acuta ed i linfociti, hanno necessità di glucosio, amminoacidi (sia essenziali che non essenziali), minerali e vitamine. Il solo bilancio energetico negativo comporta per i neutrofili una sotto-regolazione dei geni della presentazione antigenica, del respiratory burst e della reazione alle citochine pro-infiammatorie. Tra gli amminoacidi importanti troviamo anche l’arginina, dalla quale viene prodotto l’ossido nitrico che ha un ruolo importante nel determinate la vasodilatazione degli endoteli vasali e che ha un’azione diretta sul sistema immunitario per la capacità ossidante di fornire radicali liberi.
Sappiamo che nei ruminanti il propionato, che deriva principalmente dalle fermentazioni ruminali degli amidi, è il più importante precursore per la sintesi del glucosio. E’ stato osservato che il propionato ha un effetto diretto sui neutrofili stimolando il rilascio del calcio e la produzione dello ione superossido, e migliorando la chemiotassi. Il calcio ha anch’esso un ruolo importante in questa fase. Un’ipocalcemia, anche sub-clinica (iCa2 1.0 mM), riduce la capacità fagocitaria dei neutrofili e la risposta delle cellule mononucleate agli antigeni. Si è notato che il 20% dei capezzoli rimane aperto in asciutta e che molte delle nuove infezioni mammarie avvengono dopo la fase di asciugamento.
La riduzione dell’apporto nutritivo che si attua nella fase di asciugamento ha appunto la funzione di ridurre la produzione di latte il più possibile. Un minore apporto nutritivo agisce sul sistema ormonale GH-IGF-1 che condiziona il flusso di sangue alla mammella, e quindi l’apporto di nutrienti e il tasso di crescita dell’epitelio mammario e dello stroma. L’altro ormone coinvolto nella lattogenesi è la prolattina, la cui produzione viene stimolata da ossitocina, serotonina ed estradiolo per cui può essere scarsamente influenzata dalla nutrizione.
La dieta del dry-off è generalmente rappresentata da fieno e paglia somministrati a volontà. In queste condizioni viene sospeso ogni apporto di sali minerali, e quindi di calcio e vitamine, ed è quindi altamente probabile indurre un’ipocalcemia sub-clinica. Inoltre, la totale sospensione dei concentrati riduce la produzione ruminale di proteina metabolizzabile, e quindi di amminoacidi e acido propionico. La mancanza di vitamine e oligoelementi ad attività antiossidante e di acidi grassi polinsaturi omega 3, paradossalmente, aiuta il processo “distruttivo” della messa in asciutta.
In Italia, secondo un’elaborazione dell’Ufficio Studi dell’AIA sulle bovine di razza frisona che partecipano alla selezione genetica (11.123 allevamenti e 1.106.461 capi), negli anni dal 2012 al 2015, le cellule somatiche individuali sono state stabilmente al di sopra delle 300.000/ml e la percentuale di bovine con più di 200.000 cellule somatiche si è attestata a poco meno del 30%. Il tasso di guarigione complessivo in asciutta è stato del 28.6% ma le nuove infezioni mammarie hanno invece raggiunto il 20%. L’osservazione di questi dati ci spinge a rivedere criticamente le prescrizioni contenute nel paradigma della messa in asciutta delle vacche da latte oggi universalmente condiviso, anche perché si dovrà abbandonare in tempi ragionevoli l’uso sistematico degli antibiotici in questa fase che, almeno in Italia, non ha dato i risultati sperati. Sicuramente il nuovo paradigma della fase di messa in asciutta prescriverà un livello d’igiene molto più elevato, la necessaria separazione (non isolamento) degli animali in appositi gruppi e la presenza del gruppo delle “stanche”, dove mettere bovine negli ultimi due mesi di lattazione e dove somministrare una dieta con una minore concentrazione proteica ed energetica, funzionale anche alla gestione di un corretto stato d’ingrassamento. La fase che precede la sospensione della mungitura, e quindi della messa in asciutta, dovrà prevedere un concentrato che apporti quei nutrienti utili a sostenere i fabbisogni nutritivi di ognuna delle componenti del sistema immunitario ma che al contempo non stimoli la produzione di latte. Obiettivi ineludibili ma di difficile ottenimento.
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