Può sembrare strano ma su questo argomento c’è ancora molta confusione che, se non rapidamente ed esaustivamente chiarita, potrebbe rappresentare un grave rischio per i nostri allevatori, e specialmente per quelli di bovine da latte. Alcuni movimenti animalisti, molti politici europei e le lobby del latte nord europee vorrebbero rendere obbligatorio il pascolo per almeno 100 giorni l’anno nell’allevamento delle bovine da latte.
Personalmente, sono un veterinario: ho pertanto molto a cuore la salute fisica e psichica degli animali e mi crea disagio vederli trattati come esseri umani, ossia oggetto del fenomeno dell’antropomorfizzazione. Buona parte degli ambientalisti usa come criteri di benessere degli animali gli stessi utilizzati per l’uomo. I ruminanti sono erbivori, e sono quindi classificabili come prede. Questo rende la loro etologia radicalmente diversa da quella di predatori come l’uomo, i cani e i gatti. Gli allevamenti estensivi utilizzano come tipo di alimentazione il pascolamento per alcuni mesi l’anno. La durata di questo periodo dipende da dove sono ubicati.
Facciamo un piccolo inciso preliminare su alcune definizioni. Per collina s’intendono le aree non di pianura alte non più di 400-500 metri che rappresentano nel nostro paese il 41.6% di tutto il territorio. ll territorio montano ha un’altitudine superiore ai 500-600 metri e occupa il 35.2% del territorio italiano. La pianura occupa il 23.2% della superficie del nostro paese. Per alpeggio, o “andare in malga”, s’intende quel periodo dell’anno in cui le bovine lasciano le stalle per andare sui pascoli di alta collina o di montagna. In genere inizia a fine Maggio per protrarsi fino a fine Settembre, abbracciando quel periodo che va dalla fine della primavera a quella dell’estate. Per pascolo e pascolamento s’intende sia un tipo di stabulazione (estensiva) che un modo di alimentare gli animali. Un buon pascolo, magari su prati stabili o permanenti, è in grado di alimentare dalle 2 alle 4 bovine per ettaro, anche se un‘integrazione di concentrati durante le due mungiture è sempre indispensabile. Nelle aree collinari e montane italiane, il freddo, le piogge e la neve limitano l’uso dei pascoli in inverno mentre le estati particolarmente aride rendono indisponibile l’erba nei mesi estivi, soprattutto nelle colline del centro-sud Italia e delle isole.
Se passasse pertanto l’obbligatorietà del pascolo per almeno 100 giorni all’anno, gli allevamenti ubicati nelle aree montane e collinari italiane non dovrebbero avere problemi, anche se risulta difficile capire la ragione per cui solo 100 giorni all’anno di pascolo dovrebbero assicurare un benessere maggiore alle bovine rispetto all’allevamento estensivo e moderno.
La pianura padana si estende per 47.820 km2, rappresenta poco meno del 16% di tutta la pianura italiana e ospita un terzo degli abitanti del nostro paese e il 70% delle bovine. Nelle pianure, ed in particolare in pianura padana, le bovine da latte vengono per lo più ospitate in allevamenti intensivi, dove l’area di riposo è organizzata con delle cuccette. In quest’area del nostro territorio, a causa del clima e della piovosità, l’erba del pascolo potrebbe essere disponibile tutto l’anno, quindi le bovine potrebbero essere allevate in questo modo tutto l’anno. Il 16.4% della pianura padana è però edificata, per cui la superfice agricola che rimane disponibile è di circa 4.000.000 di ettari. Ammesso che si sospenda ogni altra pratica agricola, la pianura padana riconvertita al pascolo potrebbe ospitare 1.300.000 bovine da latte adulte. Ovviamente immaginare una cosa del genere è pura fantasia esplicativa ma esiste un giusto compromesso che possa garantire un’elevata qualità della vita alle bovine da latte, oltre ad avere una forte valenza etica e un effetto positivo sulle performance produttive, riproduttive e sanitarie di questi animali, ovvero l’adozione del paddock.
Per paddock s’intende un recinto esterno annesso alla stalla, o meglio ai vari gruppi delle bovine, di dimensioni variabili, cementato e non, al quale le bovine possono accedere liberamente o in determinati periodi della giornata e dell’anno. Nei paddock di grandi dimensioni può anche crescere erba da pascolare. I paddock esterni possono anche essere abbinati alle compost barn, che già di per sè rappresentano il tipo di stabulazione in grado di assicurare il massimo benessere alle bovine. Le stalle a cuccette senza paddock esterni, anche se ben costruite, spesso non riescono a garantire alle bovine di esprimere il loro comportamento naturale e ad assicurare quel livello d’igiene propedeutico ad una riduzione del consumo dei farmaci. A riprova di questo, l’andamento frequentemente endemico della dermatite digitale e la necessità in molti allevamenti di ricorrere sistematicamente alla TAI (fecondazione a tempo stabilito) perché il comportamento estrale è soppresso in buona parte delle bovine. Ritengo che il paddock sia la struttura più in grado di garantire il massimo benessere alle bovine. In primis perché è facilmente realizzabile e a costi contenuti in buona parte degli allevamenti, poi perché la sua presenza fa star meglio gli animali e li rende più profittevoli e infine perché è fortemente gradito ai consumatori. Il pascolo, abbinato però a stalle diversamente costruite rispetto alle attuali, è la soluzione da preferire negli allevamenti ubicati sia in collina che in montagna.
Pertanto, rendere obbligatorio in tutta Europa un minimo di 100 giorni di pascolo all’anno ci sembra poco coerente se l’obiettivo è il rispetto dei diritti delle bovine di avere una vita più simile a quella che avrebbero fatto in natura. Ci sembra più un desiderio delle lobby nord europee del latte per limitare la crescita della produzione del latte e dei suoi derivati dei paesi del sud Europa che hanno invece opportunità pressocchè infinite.
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