Guardando e ascoltando acriticamente ciò che negli ultimi anni la scienza e i media divulgano sembrerebbe che mangiare alimenti “naturali”, come la carne e i prodotti del latte, faccia male alla salute, all’ambiente e provochi sofferenza agli animali. Anche gli alimenti vegetali “naturali” non sono immuni da accuse salutistiche. Gli esempi sono molti: il glutine fa male a prescindere (anche se non si è celiaci), lo zucchero danneggia la salute, le farine di grano non integrali fanno male e tutti i prodotti non biologici sono pericolosi a causa del rischio della presenza di residui di agrofarmaci. A questo punto è legittimo che la gente, smarrita e confusa, si ponga la domanda: “E quindi cosa devo mangiare?“. Premettendo che dietro a tutte queste preoccupazioni c’è un fondo di verità e che gli abusi di un qualsiasi alimento ha conseguenze negative, la ovvia soluzione a tutto questo sarebbe consumare cibi artificiali prodotti dall’industria che non fanno male né alla salute né all’ambiente e che non fanno soffrire gli animali. O almeno questo è il messaggio che si vuole far passare.
I complottisti pensano che dietro questo attacco sistematico al cibo naturale ci siano le potenti multinazionali del cibo artificiale.
Nella Rubrica Etica & Salute di Ruminantia, dalla data della sua prima uscita (5 Ottobre 2016), abbiamo pubblicato la traduzione integrale di ben 55 lavori scientifici che riguardano l’impatto del consumo dei prodotti del latte e della carne rossa sulla salute umana e sull’ambiente. Abbiamo anche pubblicato lavori sull’etologia dei ruminanti e sulla percezione che il cittadino ha dell’allevamento degli animali. Nel selezionare gli articoli da offrire a voi lettori abbiamo utilizzato questi criteri: solo riviste scientifiche indicizzate, soprattutto meta-analisi e systematic review, scartando lavori orientati da lobby e industrie.
Le conclusioni che la scienza trae inequivocabilmente sono che la carne rossa proveniente da ruminanti e i prodotti del latte sono alimenti indispensabili per il benessere dell’uomo, e che fanno male a soggetti allergici o intolleranti e quando se ne abusa nei consumi. Abbiamo più volte criticato il fatto che spesso nei lavori scientifici dove si conclude che gli alimenti di origine animale fanno male, la quantità di carne e derivati del latte consumata non viene indicata con chiarezza. Questo particolare non trascurabile fa ragionevolmente sospettare che questo sia il punto dove le multinazionali del cibo artificiale possono agire. Altra certezza è che ogni attività antropica, e quindi anche la produzione di cibo, pesa sull’ambiente. E’ però vero che gli allevamenti possono essere riconvertiti per permettere agli animali di condurre una vita molto simile a quella che avrebbero fatto in natura e che ci sono enormi spazi per ridurre al minimo la produzione di gas serra e di inquinanti delle acque.
Nonostante tutto questo, il consumo di cibo artificiale cresce inesorabilmente e nel totale consenso della finanza che vede in esso un business di proporzioni inimmaginabili.
Qualche anno fa è apparso sul mercato occidentale il latte di soia come prodotto rivolto ai vegani che generò molta ilarità da parte dei così detti onnivori. Il latte di soia è un alimento antichissimo, che sembrerebbe essere comparso in Cina nel 164 A.C. . Accanto a questo prodotto si sono in seguito diffusi il latte di mandorla, di cocco, di riso e di avena, ma anche burro e formaggi di soia.
L’utilizzo della dicitura “latte di …” ha generato molta confusione nei consumatori, almeno finchè una sentenza della Corte europea del Giugno 2016 non ha vietato l’uso della denominazione “latte”, “yogurt”, “burro” e “formaggio” per i prodotti fatti con alimenti diversi dal latte munto da un animale, con la sola eccezione del latte di mandorla e di cocco perché prodotti agroalimentari tradizionali.
Oggi, cooperative di produttori di latte e qualche industria lattiero-casearia hanno iniziato a commercializzare anche loro questi prodotti che ormai devono essere denominati “bevande di…”. All’accusa di conflitto d’interessi e di farsi concorrenza in casa, le cooperative e l’industria del latte hanno risposto genericamente che il business è business. Anche colossi come Coca Cola, accusati di produrre bevande zuccherate pericolose per la salute umana, hanno messo sul mercato bevande vegetali.
Il giro d’affari generato dalle bevande vegetali si stima essere stato nel 2014 di 34 miliardi di dollari. Per Rabobank, il tasso annuale di crescita di questi prodotti è dell’8%. In Italia, 12 milioni di persone, soprattutto della fascia d’età compresa tra 25 e 54 anni, consumano queste bevande.
L’ultimo prodotto arrivato nel paniere del cibo non naturale è la carne artificiale. Ha fatto scalpore quando nell’Agosto del 2013, a Londra, Mark Post, ricercatore dell’Università di Maastricht (Olanda), ha presentato alla stampa il primo hamburger di carne fatto con cellule staminali bovine. Lo stupore si è spento quando è stato svelato il prezzo di questo hamburger, cioè 300.000 dollari. Quella che potrebbe sembrare apparentemente una stravaganza scientifica ha in realtà attratto investitori importanti come Bill Gate e Sergey Brini (co-fondatore di Google) e molte aziende stanno effettuando studi in materia, come la Memphis Meat, la Super Meat, la Mosa Meat e la Finless Foods. La sola Memphis Meat ha ricevuto da Bill Gates e Cargill una dotazione economica di 17 milioni di dollari.
Le start-up della carne artificiale stanno facendo crescere cellule staminali di bovini, suini, pollo, pesce e frutti di mare. In condizioni ancora ideali, 2 mesi di produzione potrebbero portare a realizzare 50.000 tonnellate di carne artificiale partendo da 10 cellule muscolari di maiale!
Per capire appieno l’interesse di molti consumatori riportiamo testualmente uno stralcio dell’articolo di G.Owen Schaefer apparso sul numero di Gennaio 2019 di Le Scienze. “Sarebbe bello poter addentare un succulento hamburger di manzo senza uccidere animali. Il sogno sta diventando realtà grazie a carni fatte crescere in laboratorio da cellule in coltura”.
L’invincibile armata della finanza con i suoi enormi capitali sta cavalcando e incitando quel “sentire collettivo” contrario alla sofferenza degli animali o a distruggere l’ambiente e deciso ad avere la massima cura della propria salute. Eliminare i prodotti del latte e la carne dalla dieta dell’uomo ha però un impatto negativo sulla sua salute e sull’ambiente, e la potenziale responsabilità dell’estinzione delle specie animali domestiche che producono cibo per l’uomo.
Un approccio razionale e indipendente dagli interessi delle multinazionali del cibo dovrebbe stimolare una reazione sistemica dell’agricoltura e della zootecnia portandola a parlare di più, e meglio, con i consumatori e a modificare quei comportamenti che li infastidiscono. Temi apparentemente futili, come l’uccisione degli animali che producono cibo, il senso dell’allevamento e l’etologia degli animali domestici, sono a nostro giudizio il pre-requisito per riqualificare agli occhi della gente l’agricoltura e la zootecnia.
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