La nutrizione delle vacche da latte ha un’ importanza fondamentale in quanto l’apporto corretto di sostanze nutritive come le proteine, i grassi, la fibra, gli amidi, gli zuccheri, i minerali e le vitamine permette ad esse di esprimere tutto il loro potenziale genetico nel produrre latte, grasso e proteine. I nutrienti inoltre garantiscono alla bovina un ottimale stato di salute e la migliore fertilità possibile. I momenti più difficili per nutrire correttamente una bovina sono la fase di transizione dall’asciutta alla lattazione ed i primi tre mesi dopo il parto. Durante il periodo di transizione si concentrano più del 75% delle malattie metaboliche ed è in questa fase che si mette un’importante ipoteca sulla futura produzione e sulla fertilità. La nutrizione è però una parte del successo economico di una bovina e dell’intero allevamento. L’ambiente, il management, la sanità e la genetica hanno anch’esse un ruolo fondamentale ed in alcuni casi superiore alla nutrizione. In Italia si verifica ,rispetto al resto del mondo, una situazione paradossale. In molti casi si attribuisce alla razione ,e più in generale “all’alimentarista” ed ai nutrienti, un ruolo quasi magico. Ragioni molto complesse che vanno dalla promozione di mangimi ed integratori alla ricerca di “scorciatoie” hanno portato a sopravvalutare il ruolo che ha una razione sulla produzione, sulla salute e sulla fertilità della vacca da latte italiana. E’ ancora molto praticato il cambiare le razioni per ridurre mastiti e cellule somatiche, per eliminare in pochi giorni cisti ovariche ed endometriti, per rendere più evidente il comportamento estrale, per aumentare il tasso di concepimento , per aumentare e diminuire la produzione e “chi più ne ha più ne metta”. Che la nutrizione abbia un ruolo importante è innegabile ma che una buona razione possa “condonare”, a prescindere, gravi errori gestionali e ambientali, come il sovraffollamento, il caldo, la scarsa igiene, la non assidua presenza del personale , o sanitarie , come la presenza di gravi patogeni delle mammelle o malattie sistemiche, o genetici, come la scelta di tori poco produttivi o l’eccessiva consanguineità, può dare agli allevatori false e pericolose speranze. Inoltre poche sono le soluzioni adottabili quando gli alimenti sono di cattiva qualità intesa sia come digeribilità che per cattivi stati di conservazione.
La nutrizione di base e la nutrizione clinica delle bovine hanno ormai una “robusta” base scientifica. Oggi esistono software molto evoluti per realizzare razioni e laboratori d’analisi degli alimenti sempre più economici ed affidabili. Nutrizionisti ad elevata scolarizzazione e costante aggiornamento difficilmente possono “ sbagliare “ una razione. Inoltre tra molti veterinari buiatri sta crescendo l’interesse verso la nutrizione clinica ossia la possibilità di modulare alcuni nutrienti per prevenire o trattare sicuramente le malattie metaboliche, ma anche le principali patologie riproduttive e la scarsa efficienza del sistema immunitario. Per una zootecnia come quella italiana che si dovrà confrontare, dopo il cambiamento del regime delle quote latte previsto per il 2015, direttamente con gli altri allevatori europei è urgente l’ acquisizione della consapevolezza di quale sia il ruolo effettivo della nutrizione sulle performance produttive, riproduttive , sanitarie e quindi economiche del proprio allevamento. Questo per non cadere nella trappola delle “scorciatoie” e delle “false promesse“ e poter attribuire a ciascuno che lavora in allevamento oneri e responsabilità. Da questo rinnovato atteggiamento tutte le conoscenze che si sono accumulate in ormai secoli di ricerca nella gestione dei nutrienti e nella realizzazione di additivi si possono dispiegare appieno nei nostri allevamenti e dare risultati certi.
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