Ogni attività vive sempre in bilico tra oggi e domani, tra presente e futuro, tra problemi e prospettive. A volte, le questioni di operatività quotidiana sono così pressanti e continue, da non lasciare spazio a riflessioni che abbraccino un arco temporale più ampio.
Nel corso degli ultimi anni, spesso le aziende, non potendo o non sapendo contenere altre voci di costo, hanno scelto di contenere al massimo il costo della manodopera. A dire il vero, a volte, anche oltre il massimo! Il titolare, sempre più coinvolto dal lavoro operativo, ha smesso di frequentare i mercati, di “perdere” tempo nelle trattative, di partecipare ad incontri e riunioni. Le incombenze dell’oggi, hanno tolto tempo al pensiero del domani; la pressione sull’oggi, ha prosciugato le riflessioni sul domani, i problemi operativi oscurano le prospettive.
Eppure, come dice una persona che ne sa, se sbagli ad operare puoi perdere soldi, se sbagli strategia, puoi perdere l’azienda!
Dunque, è ovviamente fondamentale operare bene. Questo operare deve tuttavia essere inserito in una strategia che si compie a passi a volte piccoli a volte più rilevanti.
La domanda di fondo è la seguente: come sarà la mia azienda fra cinque anni?
Non si tratta di aprire il libro dei sogni o di vincere al Super Enalotto. Il ragionamento parte da ciò che la mia azienda è, qui ed ora, ed arriva a ciò che realisticamente è possibile pensare la mia azienda potrà essere fra cinque anni. So bene che i più scettici subito potrebbero pensare alla mancanza di certezze, al prezzo del latte, al costo dei terreni e degli affitti, alla scarsa sensibilità delle banche, alle multinazionali, agli speculatori; fino ad arrivare alle scie chimiche ed al complotto pluto-giudaico-massonico che vuole affamare l’agricoltura italiana. Bene, se lasciamo spazio nel nostro cervello a questi pensieri, l’azienda l’abbiamo già persa. Affatichiamoci pure nel nostro quotidiano.
Il nostro vicino, al quale il cervello non difetta, nel frattempo ha analizzato con lucidità le diverse variabili in gioco. Di variabili infatti si tratta, comuni ad ogni altro settore economico: prezzi di vendita, costi di produzione, ricerca e sviluppo, qualità dei prodotti, efficienza, finanziamento degli investimenti.
Il nostro vicino – sempre lui, come diavolo farà! – ha definito l‘obiettivo a cui vuole tendere in termini di reddito operativo, organizzazione aziendale, approvvigionamenti, modalità di controllo di gestione, dimensione aziendale. A partire da queste considerazioni, con la sua idea di sviluppo da verificare, si è fatto aiutare a sviluppare diversi Piani strategici alternativi; ha verificato l’impatto che alcune variabili possono avere sui risultati (prezzo del latte e degli alimenti, interessi bancari, ecc.). Al termine di questo lavoro ha “battezzato” il Piano strategico aziendale ed il relativo Business Plan.
Forte di tutte queste riflessioni e con i conti in mano, si è presentato in banca con il proprio conto economico di oggi (i compiti a casa li aveva già fatti), ed ha mostrato le prospettive a cui tende con gli investimenti per i quali richiede il finanziamento.
E li ha ottenuti!
Fra cinque anni, sarà esattamente là dove ha deciso di portare la propria azienda. O meglio no, fra tre anni avrà sviluppato un nuovo Piano strategico aziendale.
Non c’è niente da fare, ritorniamo sempre a quel punto: la differenza non la fa l’azienda.
La differenza la fa l’imprenditore!
E’ lui che fa l’azienda.
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