Ogni persona è in grado di dare il meglio di sé, da un punto di vista lavorativo, per un periodo di tempo non illimitato. Nei casi più lunghi parliamo di quarant’anni; in quelli buoni di venticinque anni. Nelle situazioni più brevi di 15 anni.

Un periodo troppo corto non permette di sviluppare tutte le idee e le iniziative di cui un leader, ammesso che lo sia, è capace. Un periodo troppo lungo spesso porta con sé, nella parte finale del proprio lavoro, il non essere più adeguati ai tempi ed ai mercati. Di fondo, nonostante ciascuno si pensi uomo o donna in grado di veleggiare in tante stagioni, è molto improbabile che, con il passare degli anni, si abbia la freschezza e l’energia di innovare. È facile che tutti concordiamo su questo pensiero, salvo che ognuno di noi pensa di essere l’eccezione a questa regola.

In ogni caso, se in azienda è presente la generazione più giovane, presto o tardi, si pone il problema del subentro.

In effetti, nel nostro mondo, è come se non si sia mai vecchi a sufficienza per lasciare. A volte chi subentra prende in mano effettivamente le redini dell’azienda in età già avanzata. Mi pare che non sia tuttavia una situazione che riguarda la sola agricoltura; forse si tratta di una realtà che ha a che fare con l’Italia intera. Il presupposto da cui il “boss” parte, in questi casi, è che senza la sua capacità e la sua esperienza chissà cosa potrebbe succedere all’azienda: probabilmente una sorta di diluvio universale.

Spesso, anche quando avviene il passaggio da un punto di vista formale, i rapporti non cambiano da un punto di vista sostanziale. Con l’aggravante che, a quel punto, le responsabilità ricadono su colui o coloro che hanno la firma ma non il reale potere di decidere. Una specie di scacco matto!

L’Avvocato Agnelli, rispondendo ad una domanda in cui gli si chiedeva se in futuro ci sarebbe stato ancora un Agnelli alla guida della FIAT, rispose che sarebbe successo solo in presenza di qualità adeguate. In assenza di esse, sarebbe stato preferibile per la Fiat che non ci fosse un Agnelli.

Pur con cognomi meno noti, sono tutte situazioni che si riscontrano nelle aziende agricole: c’è chi non molla, chi molla per finta, chi molla per dovere d’ufficio ma deve fare da guardaspalle ad una generazione che “non ci prende”, c’è chi lascia una bella mela avvelenata, e c’è chi lascia un’azienda bella fuori ma dentro meno (ad esempio, debiti verso fornitori e verso banche).

A volte i figli danno per scontato di prendere in mano l’azienda che era del padre e prima ancora del nonno, senza chiedersi se sia un buon affare o una fregatura per il resto della propria vita.

Questa carrellata ha lo scopo di evidenziare come il passaggio generazionale sia una situazione che, in un buon numero di casi, viene affrontato in modo non adeguato, senza verificare la sostenibilità futura dell’azienda, i nuovi rapporti di forza che si creano, i passaggi di responsabilità che ne derivano.

Non esiste un’unica modalità o una specie di vademecum attraverso il quale ci si possa garantire il buon esito dell’operazione. Ogni situazione, ogni persona, ogni famiglia, ogni azienda è una storia a sé e come tale va affrontata. Non esistono situazioni semplici e scontate. Ogni realtà è una storia a sé.

Questo per evitare disastri o che tutto cambi affinché nulla cambi.