Questo momento di tregua e speranza sul prezzo del latte alla stalla, deve essere colto dalla filiera del latte per fare profonde riflessioni. Che la fine del regime quote latte non avrebbe portato super produzioni europee era ovvio e scontato per chi conosce le dinamiche d’allevamento e la sempre più esigua disponibilità di terra agricola in Europa. Il 2015 e i primi mesi del 2016 hanno spaventato gli operatori del settore come pure il constatare la forza dell’industria lattiero-casearia e la sua capacità di cavalcare l’abile regia mediatica della paura per fare profitti davvero interessanti. Ma come spesso diciamo il “diavolo fa le pentole ma non i coperchi”.

Le abitudini e i comportamenti dei consumatori erano in un recente passato facilmente manipolabili dagli opinion leaders e dalla pubblicità. L’enorme diffusione di internet e dei social media li ha direttamente connessi e sta aumentando la loro, anzi la nostra, consapevolezza rendendoci tutti meno “manipolabili”. Almeno così ci sembra. Nel mondo occidentale, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, cresce la sensibilità ai diritti degli animali d’allevamento e al loro rispetto. Il veganismo rappresenta solo la frangia fondamentalista di un sentire collettivo. Aumenta la sensibilità per l’ambiente e la tutela delle risorse naturali.

Nel 2000 il “libro bianco sulla sicurezza alimentare” aveva sancito che “i consumatori non gradiscono consumare cibo che proviene da animali che abbiano sofferto” esortando i legislatori a prendere provvedimenti. Ma come sappiamo, molta della politica ha priorità diverse dal bene comune, e ci ritroviamo increduli a constatare che i consumi del latte e dei suoi derivati ed il consumo di carne si stanno contraendo molto rapidamente. La crisi ha offerto il fianco all’incapacità del mondo degli allevatori e dell’industria lattiero casearia d’intercettare il cambiamento e porvi rimedio. I consumi della carne sono in calo costante ma i consumi di quella biologica e di animali allevati estensivamente crescono. E questo deve far riflettere prima che sia troppo tardi.

La produzione di latte sta subendo un attacco mediatico senza precedenti. Ormai è un mantra il sentire che il latte fa male, che è contro natura consumarlo in età adulta, che le vacche soffrono e l’allevamento dei bovini è il primo responsabile del surriscaldamento del pianeta. Questi argomenti creano frustrazioni a coloro che svolgono la nostra attività. Noi addetti ai lavori ben sappiamo che il benessere è anche profitto perché se la vacca soffre non farà il latte e non si riprodurrà. Molti di noi, non bisogna avere vergogna a dirlo, amano questi animali, con cui abbiamo un “patto” di reciproco aiuto che ci lega da oltre 10.000 anni, cioè dalla domesticazione. Forse è solo questo che il consumatore si aspetta di sentire per rassicurare la sua componente emotiva.

Fino ad ora la zootecnia da latte italiana ha seguito estasiata il modello di produzione del latte statunitense. I paesi non europei, ad eccezione dell’ Olanda, hanno seguito altri modelli di sviluppo. Abbiamo puntato sulla frisona selezionandola per una sempre maggiore produzione, premiando nelle fiere una morfologia e uno stato nutritivo spesso incompatibile con la vita di stalla e inquietante per il consumatore. Bovine che, senza l’applicazione di protocolli farmaceutici “militari” e diete sempre più esasperate e costose, arrivano neanche a metà della terza lattazione. Se continua questa tendenza selettiva non sapremo neanche più cosa dargli da mangiare, anche perché la produzione di foraggi di qualità spesso dipende dalle “bizze meteorologiche” e tanti alimenti diventano via via non più utilizzabili per le aflatossine e il divieto che si protrae nell’ impiego di alimenti d’origine animale. Non dimentichiamo mai su quali diete e in quali ambienti vengono selezionate nel nord-america le madri dei tori che importiamo in Italia e quali additivi e farmaci è possibile utilizzare. Facciamo sempre più latte che costa sempre di meno a causa del crollo dei consumi.

Ruminantia ha proposto alla sua community di autori e aziende di costruire un nuovo modello di produzione del latte che interrompa il corto circuito in cui ci troviamo. Una Stalla Ideale dove produrre un Latte Etico che rassicuri i consumatori, salvaguardi l’ambiente, sia più salutare per l’uomo, contribuisca al problema dell’antibiotico-resistenza e dia un futuro ai nostri allevamenti e all’indotto che li circonda. Tutto ciò con soluzioni pratiche, fattibili e non naif come solo il “popolo delle partite IVA” sa fare. La Stalla Ideale, o meglio il Latte Etico, è anche la ciambella di salvataggio per l’industria lattiero-casearia perché, nell’era del crollo dei consumi, da ora in avanti per fare bilancio non sarà teoricamente più possibile recuperare risorse dagli allevatori abbassando sempre di più il prezzo pagato del latte alla stalla. Cosa che puntualmente è avvenuta negli ultimi anni.

La Stalla ideale è ovviamente un modello a cui tendere o al quale ispirarsi più o meno integralmente quando si voglia ristrutturare e costruire ex-novo un allevamento.  E’ un modello integrato dove selezionare bovine più longeve, fertili e resistenti alle malattie, dove creare le condizioni ambientali che consentano di esprimere naturalmente il loro comportamento anche estrale, dove si ammalino di meno di malattie legate all’igiene come la metrite, la mastite e la dermatite digitale, dove la vaccinazione, o meglio la profilassi, cresce a scapito della terapia e dove l’uso degli antibiotici è ridotto all’indispensabile.

In allevamento, grazie agli impianti di biogas solo a liquame e il fotovoltaico, si produrrà anche energia oltre che latte e quindi non solo non ci sarà inquinamento del suolo e dell’ atmosfera ma ci sarà anche un bilancio energetico positivo. Un tipo di allevamento e di animali che non spaventi e non urti la sensibilità dei consumatori e dove sia palese che tra l’allevatore e la vacca c’è un antico e granitico patto di aiuto reciproco.

La comunicazione dei principali gruppi industriali del latte che mostra improbabili vacche al pascolo, sta diventando una pericolosa arma a doppio taglio perché quando la stampa e i giornalisti cercano le bovine e non le trovano perché chiuse in stalle iper-tecnologiche, pensano ad un inganno o a qualche grave segreto da nascondere.  Sarà poi l’industria lattiero-casearia più intelligente e lungimirante a descrivere gli aspetti portanti del Latte Etico prodotto nella Stalla Ideale e incentivare gli allevatori a percorrere questa strada. Ruminantia e i suoi partners, presenteranno a breve il progetto alla filiera del latte. Visitando lo spazio dedicato su Ruminantia si possono ricavare maggiori informazioni e dalle nostre newsletter gli eventi di presentazione.