Molti dei nostri problemi finanziari e occupazionali derivano dalla mancanza di una politica globale per il nostro paese su quali siano i settori economici sui quali puntare, sia per lo sviluppo dei consumi interni ma anche, e soprattutto, per le esportazioni. In particolare manca una strategia complessiva per la nostra agricoltura così legata alla possibilità di produrre prodotti tipici ma, più generalmente, derrate alimentari molto “rassicuranti” per i controlli sanitari a cui sono sottoposti, sia per i cittadini italiani che per quelli verso cui vengono esportati. Il ”made in Italy” delle nostre produzioni alimentari si sta imponendo nel mondo non solo per le eccellenti caratteristiche dei nostri prodotti ma anche per il senso di salubrità che essi esprimono. La sostanziale stabilità economica dell’agricoltura italiana che, in totale controtendenza, ha addirittura aumentato il livello occupazionale non ha stimolato nei nostri politici alcuna riflessione sul continuo e inesorabile consumo di suolo agricolo pensando invece ad incentivare le grandi opere infrastrutturali e l’urbanizzazione.

Mario Catania, ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali del governo Monti, presentò nel Luglio 2012 un documento molto interessante dal titolo  “Costruire il futuro: difendere l’agricoltura dalla cementificazione”. Nel Novembre dello stesso anno fu presentato un disegno di legge sulla valorizzazione delle aree agricole e contenimento dell’uso del suolo. Disegno mai convertito in legge, anzi totalmente ignorato dai successivi governi. Nel documento prima citato viene evidenziato che viene ricoperto terreno agricolo con il cemento ad un ritmo di m² 8 al secondo, pari a 70 ettari al giorno. Dagli anni 50 al 2012 si sono persi 1.3 milioni di ettari di terreno coltivabile, si è cioè incrementata la superficie  urbanizzata  dal 2.9% al 7.3% della superficie nazionale, collocandoci in Europa al 5° posto per consumo del suolo. Secondo l’ISPRA ogni giorno vengono impermeabilizzati 100 ettari di terreno. I danni derivanti da tutto ciò riempiono ormai quotidianamente i media nel riportare frane e allagamenti. Il nostro livello di auto-approvvigionamento alimentare è dell’80-85%. Dal 1950 la popolazione nel nostro paese è cresciuta del 28% mentre la cementificazione del 166%. Si è passati dai m² 178 ai m² 369 di aree urbanizzate per abitante. Nonostante la crisi del settore edilizio, concretizzabile con una sensibile riduzione del valore degli immobili e con una loro ormai oggettiva invendibilità, si continua a non considerare strategica per il nostro paese una difesa del suolo agricolo, incentivando invece gli investimenti nella ristrutturazione di immobili civili o industriali e la manutenzione del territorio. La continua perdita di terreno agricolo, oltre a vincolare un ulteriore sviluppo di prodotti DOP e IGP,  porta l’Italia a dipendere sempre più dall’estero per l’approvvigionamento di risorse alimentari. Ad oggi siamo oltre l’autosufficinza per il riso, gli ortaggi, il pomodoro, la frutta fresca e le uova. Siamo fortemente deficitari per il latte e le carni dove il livello di auto approvvigionamento è rispettivamente del 64% e 72%. Una classe politica attenta avrebbe la possibilità di coniugare in un unico set d’interventi sia il dissesto idro geologico del nostro paese sia il peso che ha l’agricoltura sull’occupazione e il reddito.