Nel corso dell’ultimo anno, e in particolare all’ADSA 2024, ci sono stati diversi aggiornamenti riguardanti l’efficacia della fibra, il suo effetto ruminativo e la correlazione con l’NDF, specialmente quella effettiva (peNDF) e la fibra indigeribile (uNDF) che condizionano essenzialmente l’una la voluminosità della razione e il tempo di masticazione della fibra stessa e l’altra il riempimento e lo stiramento dei diametri ruminali.

Per fibra fisicamente effettiva, secondo la definizione di Sniffen del 1997, si intende la quota di fibra di dimensione superiore al forame del reticolo ruminale, quindi >1,18mm.

A partire da questa definizione, per valutarne l’efficacia, vennero approntati alcuni strumenti come il setaccio della Penn State che nell’ultima versione differenzia le particelle della miscelata superiori a 1,9 cm il primo, 0,8 cm il secondo e 0,4 cm il terzo; sul quarto si depositano le particelle inferiori.

Questo definisce tutta la percentuale della razione che si trova al di sopra dei primi 3 setacci separatori come fattore di fibra efficace (Pef) che, moltiplicato per l’NDF, determina il quantitativo di peNDF della razione stessa.

Diversa invece è la definizione di uNDF, che rappresenta la quota di fibra che non viene utilizzata nelle 240 ore successive all’ingestione.

L’NDF, i cui pool veloci e lenti vengono utilizzati dai batteri ruminali, man mano che viene fermentata dai batteri cellulosolitici, diventa più pesante (in quanto aumenta la frazione lignificata) e tende a depositarsi sul fondo del rumine permettendo ai diametri ruminali di rimanere sempre tesi e quindi di non perdere volume e capacità efficace; nonostante, quindi, la sua indigeribilità svolge un importante effetto fisico/meccanico.

Nella valutazione di una razione questi 2 parametri interagiscono dando vita alla peuNDF, che altro non è che la percentuale di uNDF moltiplicata per il fattore Pef.

Questo parametro è quello che oggi viene considerato come maggiormente correlato con l’ingestione di SS (R=0,72) e quindi indirettamente con la produzione di latte.

Chiaramente questo fattore può essere influenzato solamente dal contenuto di uNDF dei foraggi e dal Pef dipendente principalmente dalla lunghezza di taglio.

Se per esempio vogliamo posizionarci su un peuNDF del 5,2% (ingestione stimata di circa 28Kg di SS) ed abbiamo uNDF dell’8% dobbiamo far sì che il fattore Pef sia il 65%. In caso del 6,5% di uNDF, il fattore Pef dovrà essere l’80%.

Quindi, più alta sarà l’uNDF minore dovrà essere la lunghezza di taglio, e viceversa. Questa considerazione per l’ennesima volta ci dimostra l’importanza della digeribiltà dei foraggi, che permettono/impongono una lunghezza di taglio maggiore e quindi una maggiore sofficità della miscelata.

La peuNDF è un valore molto importante, ma per valutarne la rilevanza in termini di predizione della produzione di latte bisogna fare i conti con un altro fattore: la velocità di passaggio(KP).

Quest’ultima è determinata dalla lunghezza delle particelle, ma anche dalla fragilità della fibra (Erba Medica), dalla capacità di galleggiamento della matrice ruminale, e dalla sua capacità di imprigionare le particelle più fini e di non farle andare a fondo.

A questo proposito si ricorda che, ad esempio, un silomais shredlage tagliato a 2,4 cm, ha una capacità di galleggiamento e di formare una matrice ruminale efficiente molto superiore ad uno trinciato a 1,4 cm.

Anche il rapporto graminacee/leguminose gioca un ruolo fondamentale, in quanto l’NDF di queste ultime, pur essendo maggiore il contenuto di ADL, grazie alla velocità di fermentazione del pool veloce e la fragilità dell’NDF stessa, ha un KP più veloce (5%/h vs 4%/h).

Molto importante, a questo punto, è considerare il rapporto tra tempo di alimentazione e ruminazione. L’animale, infatti, mangia e mastica per ridurre le particelle di fibra alla lunghezza tipica che le consente di incorporarle nel bolo mericico: circa 8-12 mm.

Figura 1. Fattori che influenzano l’attività di masticazione in allevamento. Tutti i fattori interagiscono mentre determinano il comportamento alimentare e ruminativo, e una gestione di successo della mandria cercherà di ottimizzare le caratteristiche delle fibre del foraggio, la formulazione della razione, l’ambiente di gestione e lo stato di salute della vacca.

Tutte le particelle del primo setaccio, e buona parte di quelle del secondo, devono quindi essere ridotte per poter essere deglutite; questo causa un aumento del tempo di alimentazione a scapito del tempo di riposo che è universalmente riconosciuto come quello in cui la ruminazione è più efficiente.

Questa considerazione ha portato a cambiare le raccomandazioni riguardanti le percentuali di TMR che dovrebbero essere contenute in ogni setaccio dal momento che evidentemente le particelle più efficienti sono quelle del secondo setaccio, perché necessitano di minor masticazione, tant’ è che il Pef di queste ultime viene considerato 1 mentre per quelle del setaccio superiore, a causa del maggior tempo di masticazione, viene considerato 0,75, e per quelle del terzo setaccio viene considerato 0,44 per le dimensioni ridotte e quindi la maggior velocità di passaggio.

I risultati sono riassunti nella figura 3 dove venivano aggiunte le stesse quantità di silomais ma di una lunghezza di taglio superiore.

Figura 3 – Effetti dell’aggiunta di silomais con una lunghezza di taglio differente.

Di conseguenza, sono cambiate le raccomandazioni sul residuo di ogni setaccio da parte del Miner Institute, diminuendo la percentuale raccomandata sul primo ed aumentando di molto quella sul setaccio da 8 mm.

Concludo dicendo che, avendo la possibilità di setacciare una razione e conoscendo il suo valore di uNDF, si può correggere facilmente qualsiasi imperfezione in modo molto meno empirico di sempre.

Figura 2 – Obiettivi PSPS suggeriti: Miner Institute (Cotanch, 2017; riv. 2020)