La cura e la prevenzione delle malattie degli animali che alleviamo per produrre cibo sono i pilastri principali del benessere animale, o meglio del rispetto dei loro diritti, e della redditività dell’allevatore. Senza arrivare agli atteggiamenti “estremisti” dell’”antibiotic free”, è ovvio e improcastinabile razionalizzare l’utilizzo degli antibiotici per due motivi. Il primo è quello di evitare che un loro uso improprio possa causare la selezioni di ceppi batterici multiresistenti e quindi “resistenti” a tutti gli antibiotici ora disponibili. Resistenza che, peraltro, si estende anche ai molti patogeni dell’uomo, rendendo di conseguenza molte infezioni di fatto incurabili. Il secondo è che, anche a fronte di un rallentamento nella ricerca di nuove molecole antibatteriche, avere a disposizione antibiotici efficaci permette di curare molte malattie.
L’introduzione della ricetta elettronica veterinaria e un sempre maggior coinvolgimento dei veterinari nella diagnosi, nella terapia e nella prevenzione delle malattie stanno dando già incoraggianti risultati. Non mancherà molto ad un cambio d’atteggiamento nei confronti dell’uso di ormoni come il GnRH e delle prostaglandine per la fecondazione a tempo determinato, così come dell’impiego sistematico a scopo preventivo degli antinfiammatori nel post-partum. Le motivazioni saranno prevalentemente, ma non esclusivamente, etiche perché ad oggi non è stata dimostrata alcuna interferenza sulla salute umana dovuta ad eventuali residui nel latte di GnRH analoghi e prostaglandine o loro metaboliti.
Due categorie di specialità veterinarie che avranno un futuro sono i vaccini e i farmaci metabolici. Anche se oggi si dispone di un’ampia gamma di vaccini per controllare le malattie delle bovine da latte e degli altri ruminanti domestici, la diffusione del loro impiego non è pari a quella attesa. Per questo aspetto, sarebbe da imitare il comportamento dei veterinari e degli allevatori nord americani che praticamente utilizzano in allevamento tutti i vaccini disponibili a prescindere dall’isolamento di patogeni e rischio di contagio della mandria. In Italia, l’atteggiamento verso i vaccini è troppo eterogeneo. Alcuni veterinari consigliano di vaccinare contro un determinato patogeno solo se questo è stato isolato nella mandria. Questo atteggiamento, se pur ineccepibile da un punto di vista medico, prescinde dal fatto che gli allevamenti che adottano regole rigide nei confronti della biosicurezza sono pochissimi e che la circolazioni dei virus e dei batteri può contare su una gamma di vettori sicuramente superiore che in passato. La profilassi vaccinale sistematica verso tutti i patogeni per i quali vi è un vaccino a disposizione è il più importante presupposto per un utilizzo razionale degli antibiotici.
Parlare invece di farmaci metabolici è un po’ più complesso. Si tratta in genere di specialità veterinarie che contengono vitamine, amminoacidi, acidi grassi polinstauri e quindi nutrienti, ma anche principi attivi di sintesi, che agiscono stimolando alcuni organi e apparati. I farmaci metabolici “aiutano” alcune funzioni metaboliche, agendo ad esempio sulla qualità dell’ovocita e del follicolo, delle cellule epatiche, sulla sensibilità dei tessuti all’insulina, sul sistema immunitario e sul metabolismo minerale. Se si considera che le malattie metaboliche rappresentano oltre il 75% delle patologie che colpiscono la bovina da latte, che l’efficienza del sistema immunitario condiziona l’insorgenza e il decorso delle mastiti, e che la fertilità è il fattore principale che condizione la produzione di latte di un allevamento, nonché la longevità funzionale delle bovine, è necessario porre grande attenzione al metabolismo e a come lo si possa aiutare. Nella guida terapeutica per gli animali da reddito di Point Veterinaire Italie, nella categoria “metabolismo e nutrizione” delle specialità veterinarie, troviamo poco meno di 80 referenze, ossia un “paniere” ben fornito. Molti di questi farmaci hanno il massimo impiego potenziale nella fase di transizione dove si osserva la massima prevalenza delle malattie metaboliche e dove si decide di fatto la futura fertilità degli animali.
L’attenzione al singolo animale è stata, per millenni, la base dell’allevamento e della cura degli animali. Il progressivo aumento delle dimensioni degli allevamenti ha richiesto la standardizzazione delle procedure e introdotto il concetto di protocollo, che corrisponde ad un insieme di metodiche standard per prevenire e curare le malattie. L’individuo animale ha perso importanza nei confronti dell’allevamento. Quando si fanno gli audit zootecnici si valutano in genere le performance medie per la produzione, la riproduzione, la salute e l’economia. Tuttavia, nel momento in cui è richiesto un intervento è necessario quantificare ed individuare gli animali che concorrono negativamente alle performance dell’allevamento e aiutarli. La politica della standardizzazione, dei protocolli e della metafilassi farmacologica sta lasciando il passo alla gestione dell’individuo, come era una volta. Oggi, anche negli allevamenti di grandi dimensioni, la rapida adozione dei sensori e l’utilizzo dei biomarker permette agli allevatori e ai veterinari d’identificare prontamente gli individui in difficoltà, isolarli e aiutarli.
I ruminanti d’allevamento sono “atleti metabolici” e si osserva in essi una grande variabilità di performance tra gli individui, anche se le condizioni d’allevamento e nutrizione sono le medesime e se vi è un elevato coefficiente di parentela. La nutrizione dei ruminanti da reddito, ed in particolare delle bovine da latte, ha fatto negli ultimi decenni una rapidissima evoluzione. Alla nutrizione di base si è affiancata la nutrizione clinica, ovvero la possibilità offerta dalla modulazione dei nutrienti nell’ambito della dieta giornaliera d’intervenire sul metabolismo degli animali. La nutrizione clinica o funzionale ha però il limite di agire sull’intero allevamento o su gruppi di animali “fisici” o virtuali se esistono autoalimentatori o robot di mungitura. I farmaci metabolici affiancano sia la nutrizione di base che quella clinica nell’aiutare gli animali in difficoltà, con gli stessi principi della nutrizione clinica ma con una maggiore efficacia in quanto agiscono sui singoli individui.
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