Nonostante una parte della popolazione mondiale non creda che ci sia un emergenza ecologica da risolvere rapidamente, molta gente si sta veramente preoccupando. Il negazionismo si sà ha radici psicologiche profonde nell’inconscio umano e le confirmation bias, assecondate dai social network, si stanno diffondendo a macchia d’olio. Per confirmation bias si intende “un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi, e viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono. Il fenomeno è più marcato nel contesto di argomenti che suscitano forti emozioni o che vanno a toccare credenze profondamente radicate”.
Al di là di tutto ciò, è necessario e urgente trovare un nuovo equilibrio tra la necessità di fornire cibo sano e sicuro a tutta la popolazione della terra e garantire il giusto e meritato benessere a tutti (produttori e consumatori), salvaguardando i delicati equilibri ecologici del nostro pianeta affinchè le generazioni future possano trarre dalla terra gli stessi benefici che abbiamo avuto noi. Lasciare alle generazioni che verranno debiti colossali da saldare, un ambiente devastato e risorse esaurite è un atteggiamento egoistico ed egocentrico, inaccettabile per qualsiasi essere umano di qualsiasi colore politico. L’egoismo non è né di destra né di sinistra e neanche di centro ma solo “sbagliato”.
Le ultime elezioni europee hanno dato segnali ben precisi ai politici. Pochi sono stati i partiti che hanno dato priorità nel loro programma elettorale alla risoluzione del problema del cambiamento climatico, dell’inquinamento, della tutela delle biodiversità e della salvaguardia delle risorse naturali e culturali delle aree marginali. Questi aspetti, oltre ad avere una forte valenza morale, hanno impatti quotidiani sull’agricoltura e, più in generale, sull’agroalimentare e sul benessere di tutti noi.
Alle elezioni europee 2019 hanno votato il 50.9 % delle persone, affluenza che non si vedeva dalle elezioni del 1999 (49.4%) anche se ben lontana dal 63% del 1979. Il voto dei giovani sembrerebbe essersi maggiormente orientato non verso i partiti “storici”, come il PPE e lo S&D, ma verso formazioni come ALDE e Verdi che hanno messo in agenda temi ecologici e comunque europeisti.
Molti giovani, ma anche i meno giovani, di qualsiasi credo politico e religioso, etnia e posizione sociale hanno dato il giusto peso all’Enciclica di Papa Francesco “Laudate Si” del 24 maggio del 2015, al rapporto 2018 dell’IPCC sul surriscaldamento del pianeta e al “The State of the World’s Biodiversity for Food and Agriculture” del 2019 della FAO. Questa parte consistente della popolazione vuole che vengano presi provvedimenti forti, sostanziali e rapidi prima che sia troppo tardi.
La Commissione europea già nel 2013 aveva introdotto tra gli obiettivi generali della PAC azioni per il clima e la tutela dell’ambiente e nella PAC post 2020 probabilmente farà di più.
Per conservare la biodiversità, gestire correttamente le risorse naturali, garantire a tutta l’umanità cibo sano e sicuro ed evitare un ulteriore aumento della temperatura dell’atmosfera, l’agricoltura ha un ruolo fondamentale, ma anche i semplici cittadini, l’industria, il commercio e tutta la politica.
Vediamo questi ruoli:
Il ruolo dell’agricoltura, includendo in essa anche la zootecnia, si sta rapidamente trasformando negli ultimi anni. Fino a non molto tempo fa essa aveva come unica mission la produzione di cibo sempre in maggiore quantità, a prescindere dall’impatto ambientale. Nonostante questo la maggior parte degli allevatori infatti ha comunque e spontaneamente dato un contributo significativo alla tutela del territorio e dell’ambiente. Il dissesto idrogeologico, la piaga degli incendi, il surriscaldamento del pianeta, l’abbandono delle aree rurali, l’impoverimento delle risorse naturali, la rarefazione della biodiversità e l’inquinamento hanno stimolato quella parte più saggia dei politici a ripensare alla mission dell’agricoltore e dell’allevatore. Anche il crescente senso di colpa e la volontà di non lasciare solo un disastro alle future generazioni sta facendo ormai da tempo la sua parte. L’agricoltore è, e sarà sempre, il produttore primario di cibo ma non più esclusivamente con la sola logica di produrre sempre di più e a basso costo, ma diventando custode del territorio e della salute umana. Molte aree così dette marginali e rurali, molti parchi e aree protette, tanti boschi e tanta biodiversità, sono collocate all’interno delle aziende agricole o sono aree di proprietà dello Stato. L’agricoltore pertanto può essere investito dalla collettività del ruolo di custode del territorio e delle tradizioni ma non gli può essere delegato l’onere economico del farlo. La società pertanto, attraverso gli strumenti economici nazionali ed internazionali, deve correttamente retribuire gli agricoltori che eserciteranno anche questo ruolo. La tutela della biodiversità, la scelta di colture in grado di sequestrare più di altre la CO2, la prevenzione e il controllo degli incendi, la gestione dei suoli per l’equilibrio idrogeologico e l’uso razionale dei farmaci e degli agrofarmaci devono essere adeguatamente remunerate in modo da dare un profitto sicuramente superiore all’attività agricola ordinaria, almeno per chi liberamente la scelga come alternativa.
Il cittadino deve vedere con favore il fatto che una parte delle sue tasse viene utilizzata non per tanto sostenere gli agricoltori quanto per remunerare il loro importante ruolo sociale. Inoltre, la gente deve essere disposta a pagare di più prodotti agricoli che provengono da aziende che adottano comportamenti virtuosi e certificabili. La popolazione non può indignarsi se non è pronta a modificare alcuni suoi comportamenti. E’ facile accusare l’agricoltura che produce il cibo di depauperare le risorse del pianeta e d’inquinare quando non si abbandonano comportamenti sicuramente non indispensabili come l’uso immotivato di combustibili, gli spechi alimentari, l’abuso dei materiali plastici e quant’altro.
La politica che vuole concretamente dare un contributo a quanto fin qui sollevato come un problema oltre ad “arruolare gli agricoltori” al ruolo di custodi deve essere più decisa nel reprimere la piaga degli incendi dolosi e di chi, per finalità urbaniste, è causa di dissesti idrogeologici, promulgando finalmente una legge sul consumo del suolo e contrastando la sua continua cementificazione. Il nostro paese da troppo tempo sta aspettando un piano agricolo nazionale in cui lo Stato tracci traiettorie di sviluppo necessariamente diverse nelle aree di pianura rispetto a quelle interne.
L’industria agro-alimentare e del commercio ha una responsabilità sociale che se assunta può fare molto.
Si può salvare il pianeta e lasciarlo in buone condizioni alle generazioni future se ognuno fa la sua parte, grande o piccola che sia. Ruminantia è una rivista indipendente e laica, e quindi non ideologicamente schierata con nessuno, ma appoggerà, come ha sempre fatto, tutte quelle iniziative politiche, sociali, commerciali e industriali che avranno la finalità di trovare il migliore equilibrio tra agricoltura, tutela del territorio e reddito.
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