Nel numero di agosto 2023 di Ruminantia Mese nell’articolo “Decidere di riprodursi – parte prima”, ho fatto una rapida e sintetica disamina di quali sono i fattori che condizionano la decisione di riprodursi di una bovina da latte. Mi soffermo su questo animale perché buona parte della ricerca è stata effettuata su di esso, ma le regole generali valgono per tutti i mammiferi, specialmente per quelli poliestrali annuali.

La conoscenza degli aspetti teorici è senz’altro importante, ma è fondamentale che questi siano affiancati da linee guida pratiche per applicare in allevamento le conoscenze acquisite finora.

Le bovine da latte, chi più chi meno, nelle prime settimane di lattazione sono in bilancio energetico (NEBAL), glicemico (NGBAL) e amminoacidico (NABAL) negativo, e spesso sono carenti di specifici acidi grassi essenziali, vitamine e oligoelementi. Questo può avvenire anche quando le diete sono elaborate da nutrizionisti professionisti, perché esiste un limite morfologico e fisiologico nell’apporto di nutrienti che, allo stato attuale di conoscenze, non può essere superato.

Quando in allevamento si decide di monitorare i fattori che possono influenzare negativamente la decisione di riprodursi delle bovine, si deve distinguere il dato individuale da quello collettivo. Se oltre il 15-20% delle bovine presenta dati anomali esiste un fattore di rischio collettivo, mentre se gli animali con un evento o un biomarker anomalo sono meno di questa percentuale bisogna soffermarsi solo sulla storia clinica del soggetto.

Per capire a livello di singolo animale e di mandria se le bovine possono “decidere di riprodursi” è consigliabile:

  • Assicurarsi, ricorrendo alla biochimica clinica, che il fegato degli animali sia funzionante perché molti fattori di rischio per la sindrome della sub-fertilità si generano da anomalie di quest’organo.
  • Monitorare per tutte le bovine il BCS alla messa in asciutta, al momento del parto e a 40 gg di lattazione. Valutare il BCS una sola volta e indipendentemente dai giorni di lattazione serve a poco per correlare il bilancio energetico con la decisione di riprodursi. E’ importante che, sia in asciutta che dopo il parto, non ci siano oscillazioni superiori al mezzo punto. La rilevazione del BCS può essere fatta a vista oppure utilizzando appositi dispositivi automatici. Ai fini riproduttivi più che un valore basso del BCS, sono rischiose le oscillazioni superiori al mezzo punto.
  • Esiste la possibilità di sfruttare le potenzialità offerte dalla biochimica clinica per misurare il NEBAL. La determinazione ematica del corpo chetonico β-idrossibutirrato (BHB) eseguita in stalla (on farm) dal sangue e durante il puerperio (0-20 DIM) offre un’informazione preziosa sul rischio di sub-fertilità. Il valore del BHB deve essere inferiore a 10.4 mg/dl (1000 μmol/L. La determinazione del BHB nel corso delle altre fasi della lattazione non è correlabile con il rischio di sub-fertilità. La misurazione del BHB può essere eseguita anche dal latte individuale e un’ottima occasione è rappresentata dai controlli funzionali eseguiti dalle ARA.
  • Di grande interesse è la quantificazione nel sangue degli acidi grassi non esterificati (NEFA), ossia degli acidi grassi che vengono liberati dalle scorte adipose quando l’organismo invia segnali (insulina) di deficit energetico. Purtroppo, ad oggi, non ci sono metodiche on-farm di cui sia stata verificata ufficialmente la sensibilità e la specificità per i NEFA, ma i laboratori d’analisi del sangue possono dare le risposte che servono. Anche in questo caso conviene fare determinazioni a campione sia prima che dopo il parto (transition cow). Il Livello dei NEFA ematici nella bovina deve stare al di sotto di 0.29 mmol/L prima del parto e 0.6 mmol/L durante i primi 30 gg di lattazione.
  • Molto utile al fine di misurare su tutti gli animali l’entità del NEBAL, e non solo, è la composizione acidica del latte, ossia dei singoli acidi grassi e loro raggruppamenti omogenei.
  • Esiste una correlazione genetica (- 0.51) tra NEBAL e grasso nel latte a 15 giorni di lattazione. Esiste una correlazione tra il C18:1 cis-9 a 8 settimane di lattazione e i NEFA plasmatici.
  • Attraverso la tecnologia MID-IR è possibile fare il profilo acidico del latte di ogni singola bovina. Per comprendere la profonda utilità pratica di questa valutazione al fine di verificare se il metabolismo è favorevole alla fertilità, è bene capire cosa sono gli acidi grassi che concorrono a fare il grasso del latte, da dove derivano e che cosa esprimono. Gli acidi grassi che vanno dal C 4:0 al C14:0, e una parte del C16, vengono sintetizzati nella mammella a partire dal BHB, l’acetato e il propionato, tutti derivanti dalle fermentazioni ruminali. Si ritiene ideale che il 18-30% degli acidi grassi del latte appartenga a questa categoria. Esiste poi un gruppo, chiamato mixed, composto dal C16:0, il C16:1 e il C17:0, che può rappresentare dal 35 al 40% del totale degli acidi grassi e che può derivare direttamente dalla dieta o essere sintetizzato dalla mammella a partire dall’acetato. La restante quota sono gli acidi grassi preformati e con un numero di carbonio ≥ a 18 che provengono dalla dieta o dal tessuto adiposo. Il profilo acidico delle bovine nelle primissime settimane di lattazione permette di capire l’entità del dimagrimento o se ci sono particolati interferenze.
  • Abbiamo visto in precedenza come una carenza amminoacidica generica possa interferire negativamente con la qualità dei follicoli e degli ovociti in essi contenuti. Il sistema ormonale IGF prodotto dal fegato, ma anche a livello ovarico, è un potente fattore di crescita follicolare la cui secrezione è molto condizionata dalla disponibilità degli amminoacidi, soprattutto essenziali. Il modello CNCPS aiuta il nutrizionista a fare il bilanciamento amminoacidico delle razioni, per cui è relativamente semplice calcolare se la razione non è in grado di apportare, direttamente o indirettamente (microbiota ruminale), la quantità di amminoacidi necessaria, specialmente di lisina e metionina. Pochi però sono i biomarker utilizzabili. Uno disponibile è la concentrazione di proteina nel latte individuale delle bovine nelle primissime settimane di lattazione. Le bovine di razza frisona che, in questa fase, hanno una percentuale di proteina del latte < 2.80 %, hanno una generica carenza amminoacidica che probabilmente è di lisina, metionina e forse istidina.
  • Più in generale è consigliabile attenersi scrupolosamente ai fabbisogni nutritivi delle bovine in fase di transizione e di quelle “fresche” e non ancora gravide proposti dal NASEM 2021.

  • Fattori come la genetica, la salute degli animali, l’ambiente e la gestione possono avere un ruolo decisivo per permettere alla bovina di prendere la decisione di riprodursi. Tra questi troviamo lo stress derivante da una cattiva prevenzione dello stress da caldo in estate, dalla paura dell’uomo, dal sovraffollamento e da un ridotto tempo passato sdraiata a riposare e ruminare. Questi fattori possono, come noto, avere influenze decisamente negative sulla salute psico-fisica degli animali. Non esistono biomarker specifici per questo, ma molto utili sono i sensori di comportamento e d’ingestione di sostanza secca. In ogni caso la fertilità naturale è il più importante biomarker comportamentale utile a valutare il benessere degli animali.

Conclusioni

Quando non si è soddisfatti della fertilità delle bovine del proprio allevamento si deve essere molto analitici e razionali nell’individuare i fattori di rischio nelle genetica, nella sanità, nella gestione e nel management. A questo fine esistono una serie di valutazione soggettive e oggettive che si possono eseguire. Vista l’importanza di medio lungo periodo che può avere il metabolismo sulla fertilità è bene ricorrere anche alla biochimica clinica per la stessa motivazioni che spinge i medici che si occupano dell’uomo a farlo.