Succede spesso, nella vita e in molte attività imprenditoriali, che per raggiungere un obiettivo se ne debbano sacrificarne altri, ma quando si parla di nutrizione di precisione non sembrano esistere contraddizioni o strade divergenti. La nutrizione di precisione, o “precision feeding”, dovrebbe essere un metodo e un obiettivo condiviso da ogni nutrizionista che si occupa di animali da reddito, avendo come obiettivo quello di fornire agli animali tutti i nutrienti di cui hanno bisogno, evitando carenze ed eccessi pericolosi per la loro salute e per l’ambiente, negativi anche per il reddito dell’allevatore. La nutrizione di precisione, oltre a garantire una dieta corretta ai nostri “atleti metabolici”, è fondamentale per la riduzione della produzione dei gas serra (GHG) e di inquinanti delle acque come l’azoto, il fosforo e il potassio. Ad oggi, nonostante si parli moltissimo di sostenibilità ed economia circolare poco si è fatto in pratica per offrire al consumatore l’opportunità di acquistare prodotti del latte e della carne derivanti da ruminanti ad elevata sostenibilità ambientale. Come azione propedeutica alla possibilità di inserire nelle etichette di questi alimenti un claim che ne indichi la derivazione da allevamenti sostenibili, dove si fa anche un uso parsimonioso delle energia e delle risorse idriche, è necessario condividere alcuni passaggi fondamentali.
Lo strumento informatico fondamentale per la nutrizione di precisione della bovina da latte è il Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS). La migliore definizione del CNCPS fu quella data Gill ed altri nel 1989:
“un insieme integrato di equazioni e coefficienti di trasferimento che descrivono le varie funzioni fisiologiche nei bovini. Sono incluse le previsioni dei fabbisogni tissutali (mantenimento, crescita, gravidanza, allattamento e riserve tissutali) e la fornitura di nutrienti per soddisfare i requisiti (assunzione di sostanza secca, alimentazione di carboidrati e dimensioni del pool di proteine, la loro caratteristica digestione e velocità di passaggio, crescita microbica, intestinale digestione e metabolismo dei nutrienti assorbiti).”
La motivazione originaria che portò il Dipartimento di “Animal Science” della Cornell University alla creazione del CNCPS fu la constatazione che un grande numero di allevamenti di bovine da latte presenti nello Stato di New York stava pericolosamente inquinando le falde acquifere che fornivano acqua da bere alla popolosa capitale. Gli amministratori di allora finanziarono questo dipartimento affinchè trovasse un sistema per far convivere in equilibrio l’allevamento delle bovine da latte e l’ambiente, preservando la qualità delle falde acquifere. Il gruppo di scienziati che si occupò di sviluppare il modello, composto da P.J.Van Soest, J.B.Russel, J.D. O’Connor e C.J.Sniffen, e coordinato da D.G. Fox, si pose anche l’obiettivo (oltre a quello della protezione ambientale) di migliorare ulteriormente le performance produttive delle bovine.
La prima versione (1.0) del CNCPS fu pubblicata nel 1992 ma per poterlo realmente utilizzare negli allevamenti fu necessario aspettare l’ottobre del 1998 quando nacque il CPM Dairy, ossia un software che consentì per la prima volta un uso semplice e d’allevamento del modello. CPM era l’acronimo dei nomi delle tre università (Cornell University, Penn state University e Miner Institute) in cui si trasferirono i “padri” del CNCPS e dove si moltiplicarono le ricerche in questo ambito. Il CPM Dairy fu costruito sulla versione 3.0 del CNCPS. Dopo 28 anni di ricerche si è ora arrivati alla versione 6.55 e molti sono i software applicativi del modello.
Per semplificare la descrizione, si può dire che il Dipartimento di Animal Science della Cornell University modellizzò la bovina da latte in modo che gli input (nutrienti e fabbisogni) e gli output (produzione ed escrezioni) potessero essere messi in relazione. Come per tutti i modelli matematici, l’affidabilità previsionale è direttamente proporzionale alla qualità delle informazioni inserite e, nel caso specifico del CNCPS, all’accurata descrizione analitica degli alimenti che si vogliono utilizzare e dei fabbisogni.
Il CNCPS richiede un’accurata quantificazione delle varie frazioni delle proteine e dei carboidrati, oggi eseguibile nei laboratori specializzati negli alimenti zootecnici. I dati di degradabilità ruminale delle frazioni proteiche e glucidiche (kd) e le velocità di transito (kp) vengono forniti dalla letteratura, pur essendo anch’essi potenzialmente analizzabili. La spettrofotometria XRF permette un’esatta quantificazione a basso costo dei micro e macro minerali presenti negli alimenti, in modo da poter calibrare con sufficiente precisione quelli da integrare nella dieta. E’ buona norma, per adottare la nutrizione di precisione, conoscere i tenori analitici medi e le deviazioni standard dei nutrienti dei singoli alimenti e programmare un test analitico periodico di quelli presenti in allevamento.
Oltre alla precisa conoscenza degli alimenti, il CNCPS ha bisogno, per calcolare precisamente i fabbisogni, che gli vengano accuratamente descritti gli animali a cui la dieta è destinata, le condizioni ambientali, il management e l’attività motoria. Sarà poi il nutrizionista, che conosce i costi, la disponibilità e il limite d’impiego dei singoli alimenti, a trovare la giusta dieta che soddisfi i fabbisogni nutritivi degli animali al minor costo possibile e con il minimo impatto ambientale.
Nonostante siano trascorsi 28 anni dalla nascita del CNCPS, poche delle sue funzioni sono state utilizzate per realizzare le diete in allevamento, non per negligenza ma perché forse non ce ne era la necessità. L’urgenza di trovare un equilibrio tra sostenibilità e produzione impone ai nutrizionisti un cambio di passo che ci auspichiamo conduca ad un prezzo del latte differenziato per le stalle che riescono a certificare le loro emissioni in atmosfera e in falda, in modo da dare al consumatore la possibilità di essere attore, e non solo spettatore, delle azioni da fare per salvare il nostro pianeta.
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