Ci sono stati tempi in cui un uomo solo al comando poteva creare una differenza irraggiungibile tra sé e gli altri. In molti abbiamo in mente quella storica frase della radiocronaca riferita a Fausto Coppi. Così è stato anche per l’imprenditoria. Un uomo solo al comando, particolarmente perspicace e veloce nei ragionamenti, poteva essere, da solo, un fenomeno. L’evoluzione avvenuta nei diversi settori, ha fatto si che oggi, il leader, soprattutto se illuminato, sia consapevole della necessità di dotarsi delle migliori collaborazioni disponibili. Dunque, per quanto il mito di Fausto Coppi sia intramontabile, chi oggi si avventurasse in qualsiasi impresa senza una buona squadra (dipendenti, fornitori, professionisti), potrebbe scommettere sull’insuccesso della propria iniziativa.
Non fa eccezione in questo senso l’azienda di vacche da latte.
Si è fatta strada anche nel nostro settore la sensibilità a questo argomento. E sempre più vi sarà interesse ad avere una buona squadra al proprio fianco, dato che le condizioni di mercato in cui operiamo si fanno sempre più globali e competitive.
Pur in questo contesto di evoluzione, vorrei tuttavia sottolineare un aspetto che, se mi è consentito, risiede ad un livello superiore. Mi riferisco alla solitudine dell’imprenditore.
Per quanto tutti si faccia lo stesso mestiere, non esistono due aziende uguali. I problemi – o le opportunità, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno – non si presentano mai nello stesso modo, con la stessa intensità o con lo stesso ordine. Dunque non si possono risolvere problemi analoghi in diverse aziende con un semplice “copia e incolla”. E’ sempre necessario uno sforzo di comprensione e di adattamento alla singola realtà specifica. E soprattutto, dall’enunciazione di un problema è necessario definire le modalità di soluzione e, ancora di più, metterle in pratica. Questo è il punto in cui l’uomo al comando, spesso, rimane solo. Questa fase di messa in pratica, che con un gruppo di amici, definiamo la fase del “quindi”, viene data per scontata, viene considerata un ovvio dettaglio. Ma è nei dettagli che si nasconde il diavolo.
Esco ora dalla filosofia con un paio di esempi.
1. Ad una visita ginecologica vengono riscontrate diverse vacche con le cisti. Il veterinario sollecita il titolare ad evidenziare all’alimentarista il problema e ad alzare il livello di energia, e dunque di amidi, della razione. Cosa che viene presto fatta. Dopo pochi giorni il podologo, rilevando una situazione delicata sui piedi delle vacche in latte, invita il titolare a cautelarsi da problemi maggiori riducendo gli amidi in razione. Cosa che l’alimentarista, sollecitato dal titolare, non ha alcun problema a mettere in atto. Il cerino, tuttavia, resta in mano al titolare. Quindi?
2. L’azienda ha una redditività bassa. Le soluzioni? Cambiare l’alimentazione; cambiare genetica; cambiare carro; cambiare coltivazioni; cambiare mungitori; cambiare veterinario; cambiare i gruppi; cambiare l’asciutta; cambiare la vitellaia; cambiare la stalla; ecc. Ognuno ha un’ipotesi, perlopiù credibile. Quindi? Da dove si inizia e qual’è il percorso?
Abbiamo tutti l’interesse a migliorare le nostre aziende. Il miglioramento, così come l’evoluzione, è un percorso. Non esiste un’evoluzione con un un solo passaggio, come se fosse un colpo secco. L’evoluzione è fatta di molti passaggi; per quanto piccoli, ognuno di essi è necessario. Per quanto lo si voglia considerare ovvio, ogni passaggio non è scontato.
E, l’uomo al comando, non deve rimanere solo.
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