Gli interventi nel settore dell’allevamento dei ruminanti che possono consentire di ridurre le emissioni di gas a effetto serra (GHG) sono numerosi e caratterizzati da un’estrema variabilità in termini di efficacia, complessità di realizzazione e costi.
Una prima serie di azioni possibili riguarda la riduzione dell’emissione di metano (CH4) da fermentazione enterica. In questo contesto, un primo aspetto al quale va dato rilievo è rappresentato da tutto ciò che può permettere di migliorare l’efficienza produttiva e riproduttiva della mandria e di prolungare le aspettative di vita degli animali. L’aumento delle produzioni unitarie per capo allevato può contribuire in maniera significativa alla riduzione globale di emissioni di GHG in quanto a parità di quantità totale di prodotto il numero di animali necessario per ottenerlo risulterebbe minore. Problemi di ipofertilità e/o un turnover rapido degli animali presenti in allevamento (vita breve) hanno un effetto negativo sulle emissioni di GHG perché di fatto causano un aumento della consistenza di capi allevati rispetto a quella che si avrebbe, a parità di produzione totale, in presenza di una migliore fertilità e vita media più lunga. Nel caso dei bovini, un’elevata fertilità consente di ridurre la consistenza delle fattrici a parità sia di nati da destinare alla macellazione, sia di produzione complessiva di latte (interparti più brevi mediamente danno una maggiore produzione capo/anno), abbassa il tasso di riforma e conseguentemente quello di rimonta con riduzione del numero totale di animali presenti in allevamento. La longevità è importante in quanto più la vita produttiva di una animale è lunga più la fase improduttiva (i primi 2 anni circa di vita nei bovini) incide proporzionalmente meno in termini di costi economici e ambientali. Inoltre, anche la longevità riduce il tasso di rimonta e quindi riduce anche il numero di animali allevati.
Com’è noto, oltre che attraverso interventi di natura strutturale e manageriale, il miglioramento dei suddetti parametri può essere ottenuto anche attraverso la selezione genetica. La longevità e la fertilità sono parametri già inclusi negli schemi di selezione delle principali razze di bovini da latte ma in prospettiva dovrebbe aumentare il loro peso negli indici di selezione. Ciò soprattutto alla luce del fatto che all’aumento della capacità produttiva degli animali allevati si è associato nel tempo un peggioramento significativo della fertilità e un aumento dell’incidenza di problemi sanitari che contribuisce in maniera significativa all’accorciamento delle aspettative di vita degli animali. Altro aspetto che incide sul livello di emissioni di GGH, a cui anche il miglioramento genetico sta cominciando a prestare attenzione è rappresentato dall’efficienza con cui l’animale converte l’alimento ingerito in prodotto (latte e carne). Allo stato attuale diversi studi indicano una variabilità elevata tra animali per l’efficienza di conversione alimentare e la metano genesi. Sembrano pertanto sussistere margini interessanti per includere tale parametro tra gli obiettivi di selezione. Riassumendo, i caratteri da considerare negli obiettivi di selezione perché utili ai fini della riduzione delle emissioni dell’allevamento sono quindi la longevità, la fertilità e la conversione alimentare.
Un’altra serie importante di interventi che può consentire di ridurre le emissione di CH4 da fermentazione enterica è quella a carico dell’alimentazione. Un primo aspetto è relativo all’utilizzo di foraggi con ridotto tenore di fibra, o l’impiego di diete povere di fibra e ricche di amido. Ad esempio, foraggi sfalciati a uno stadio di maturazione avanzato presentano pochi carboidrati solubili e molta lignina, caratteristiche che ne diminuiscono la digeribilità e incrementano le emissioni di metano per unità di foraggio ingerito. Un effetto deprimente sulla metanogenesi viene anche riconosciuto a interventi di processazione degli alimenti quali la macinazione e/o la pellettatura dei foraggi (-20% di metano emesso) e la fioccatura dei cereali (-40% di metano emesso). Altri interventi sulla razione riguardano l’aggiunta alla dieta di grassi insaturi non protetti. A tale riguardo va tuttavia sottolineata la necessità di ulteriori studi per comprendere se i livelli di riduzione del CH4 osservati possono essere mantenuti per lunghi periodi di alimentazione con diete a elevato tenore di grassi. Infine, hanno un effetto mitigante l’utilizzo di lieviti, la somministrazione di oli essenziali estratti da piante (rabarbaro, cardo, pioppo, cannella, aglio, etc.), di acidi organici come il malico e il fumarato, dei tannini e delle saponine. L’effetto mitigante di queste sostanze è stato riscontrato soprattutto in studi condotti in vitro e pertanto necessita di validazione attraverso riscontri in vivo. Il costo delle azioni di mitigazione basate sulla manipolazioni della dieta è difficile da quantificare in quanto soggetto alla disponibilità delle matrici alimentari che varia tra le diverse regioni, stagioni e annate e che di conseguenza influenza il prezzo di mercato delle stesse.
Un’altra serie di azioni utili per ridurre le emissioni di GHG è rappresentata da quella a carico delle deiezioni. In particolare, le modalità di gestione dei liquami influenzano in maniera significativa le emissioni di metano (CH4), mentre quelle relative al letame e alla pollina essiccata influenzano soprattutto le emissioni di protossido di azoto (N2O). Tra i principali interventi utili per ridurre le emissioni di GHG dalle deiezioni vanno ricordati: a) la riduzione dei tempi di stoccaggio, b) il compostaggio, c) la copertura delle deiezioni durante lo stoccaggio (digestione anaerobica), d) l’areazione, e) la separazione solidi/liquidi e, indirettamente, f) la manipolazione della dieta.
Autori: Nicola Lacetera, Andrea Vitali
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