In Italia chi si occupa di proporre e gestire le razioni, o meglio le diete, degli animali da reddito viene indifferente chiamato alimentarista o nutrizionista. Si tratta di figure professionali in possesso o meno di un titolo di studio specifico, indipendenti e quindi a pagamento o, come succede nella maggior parte dei casi, legate a industrie che producono alimenti zootecnici e che quindi forniscono prestazioni gratuite. Sia “alimentarista” che “nutrizionista” sono termini che hanno in comune il suffisso “ista” che la Treccani descrive con questa frase: “Il suffisso –ista deriva dal latino –ista (a sua volta dal greco –istès) e indica la persona che svolge un’attività, segue un’ideologia o presenta determinate caratteristiche”.
Se si considera il significato delle parole, l’alimentarista si dovrebbe occupare dell’alimentazione e il nutrizionista della nutrizione. Ma quale differenza c’è tra questi due ruoli? Negli animali da reddito la dieta ha come principale obiettivo quello di apportare il giusto mix di alimenti che a sua volta apporta il giusto mix di nutrienti. Per giusto s’intendono le raccomandazioni, ossia le indicazioni di quali e quanti nutrienti somministrare per soddisfare i fabbisogni. È bene ricordare che esiste una profonda differenza tra fabbisogni e raccomandazioni. Le raccomandazioni per un determinato nutriente presuppongono conoscenze su quale sia la migliore fonte attraverso cui apportarlo, magari ad un dosaggio superiore al fabbisogno per tenere contro delle perdite chimico e fisiche che i nutrienti subiscono nelle diete o dovute alle tolleranze delle bilance dei mangimifici o dei carri unifeed. Inoltre, una dieta per animali da reddito deve necessariamente essere formulata al minor costo, ossia deve apportare la minima quantità di nutrienti raccomandati da fonti che siano le più economiche possibili. Le diete per gli animali d’affezione non sono invece legate generalmente al concetto del minor costo.
Da queste ultime definizioni si può in parte comprendere la differenza tra un nutrizionista e un alimentarista. In linea teorica, le diete destinate agli animali da reddito presuppongono un’attenta definizione dei fabbisogni nutritivi del tipo di animale a cui sono destinate e la stesura di una dieta iniziale che li soddisfi attraverso gli alimenti che si trovano più facilmente e al minor costo nell’area in cui l’allevamento è ubicato. Con questo approccio le diete si cambiano solo quando cambiano i costi o la disponibilità delle materie prime. Il cambiare frequentemente le diete, ad esempio delle bovine da latte, per aumentare la produzione o i “titoli” del latte, o per risolvere specifici problemi di fertilità, dà l’impressione di procedere a tentativi perché la nutrizione ormai è una scienza piuttosto esatta. Pur tuttavia possono sopravvenire in allevamento eventi straordinari, come sviste sulla qualità degli alimenti somministrati, errori di realizzazione della dieta con il carro unifeed, eventi climatici “estremi” o l’insorgere di malattie infettive: in questi casi è la nutrizione clinica con le sue regole a “scendere in campo”.
Pertanto, il nutrizionista di base e clinico e l’alimentarista possono convivere senza sovrapporsi, portando grandi benefici sia per la salute degli animali che per le loro performance, soprattutto economiche. Il nutrizionista di base studia con molta attenzione i fabbisogni nutritivi degli animali e realizza il piano alimentare di partenza mentre l’alimentarista, che può essere interno o all’azienda o esterno, lo aggiornerà, senza modificare le raccomandazioni, in funzione dei prezzi delle singole materie prime, del loro valore nutritivo e della disponibilità. I software di razionamento presenti negli allevamenti sono a disposizione dell’alimentarista che solitamente è un dipendente. Nel prossimo futuro sarà necessario adottare appieno la mentalità per cui di una dieta sono importanti i nutrienti e non gli alimenti che li apportano e che non bisogna esitare anche a stravolgere una dieta non tanto per cercare di risolvere patologie che poco o nulla hanno a che fare con la nutrizione ma per adottare materie prime che costano meno oppure alimenti che il piano colturale dell’azienda consiglia.
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