Il Papa è la massima autorità religiosa della chiesa cattolica, il vicario di Cristo e pastore in terra della Chiesa Universale. Nel mondo i cattolici sono circa 1,35 miliardi mentre nel nostro Paese, secondo i dati Eurispes 2016, rappresentano il 71.5% della popolazione, e il 25.1% sono praticanti. In Italia non c’è una religione di Stato e alcuni politici dicono d’ispirarsi ai principi religiosi, almeno in teoria.
Gli agricoltori sono quelli che, allevando animali e coltivando la terra, producono il cibo per l’uomo, e quindi ne garantiscono la sopravvivenza e la prosperità.
Per ambiente intendiamo in questo caso quello naturale, all’interno del quale l’uomo vive e con il quale ha un ancestrale rapporto conflittuale e utilitaristico.
Ma cosa hanno in comune questi tre ambiti? In teoria molto, se non tutto.
Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Si mette i “puntini sulle i” riguardo al rapporto che l’uomo dovrebbe avere con la Terra e le sue creature. Introduce il concetto dirompente di uomo custode e non padrone del creato. Ricorda che l’uomo ha il dovere di rispettare l’ambiente e tutte le creature che ci vivono, che è anche un dovere nei confronti delle future generazioni. Secondo Papa Francesco non è accettabile quello che l’uomo sta facendo alla Terra.
Anche nell’Esortazione Apostolica Laudate Deum, rivolta “a tutte le persone di buona volontà, sulla crisi climatica”, il Santo Padre fa un accorato e molto argomentato appello agli uomini di non negare che ci sia anche una responsabilità umana nel cambiamento climatico e nei fenomeni estremi ad esso correlati. E’ evidente la volontà del Papa di ricondurre ad una sfera razionale le riflessioni su come debba essere un corretto e responsabile rapporto dell’uomo con la natura. Colpiscono i ben 44 riferimenti bibliografici in calce alla sua Esortazione Apostolica. Il Papa, in maniera neanche tanto velata, non è indulgente verso il negazionismo climatico e l’indifferenza in nome del profitto immediato.
Gli agricoltori, la cui rappresentazione è spesso stereotipata e adattata ad interessi propagandistici, sanno bene che a continuare così non c’è futuro, né per loro né per il Pianeta. Essi sono perfettamente consapevoli che il loro domani è legato a quello dell’ambiente. Il cibo artificiale è un lupo vestito d’agnello che sta rubando giorno dopo giorno l’identità di buono e salubre al cibo naturale.
Già è successo per l’alimentazione degli animali d’affezione che popolano le nostre case. I più pensano che sia indicibile ed errato dare agli animali domestici come i cani e i gatti cibo naturale magari cucinato. Solo le crocchette sono perfette per loro e, a dimostrazione di questo, ci sono ormai moltissimi animali che si rifiutano di mangiare pesce o carne freschi o cucinati a meno che non siano ingredienti ultra processati nei cibi artificiali.
Nell’uomo sta avvenendo la stessa cosa. Cibi antichissimi come il pane, la birra, il vino, i formaggi e la carne sono finiti nella black list degli alimenti da evitare e, se ciò non è possibile, da consumare con grande moderazione come se fossero dei veleni. I cibi ultra processati prodotti dall’industria sono spesso ritenuti essere, come avvenuto per le crocchette per i cani e per i gatti, la panacea in termini di salubrità e sostenibilità.
Gli agricoltori non possono essere lasciati soli in questa battaglia ciclopica, e la salute dell’ambiente nel quale vengono prodotti gli alimenti vegetali e quelli animali è determinante per dare un futuro ai cibi naturali. Contaminanti come agrofarmaci, metalli pesanti, prodotti chimici e quant’altro inevitabilmente entrano nella catena alimentare anche e soprattutto attraverso gli alimenti, per cui deve essere di primario interesse degli agricoltori che l’ambiente sia inquinato il meno possibile. Allo stato attuale mai si parla dei rischi tossicologici derivanti dal consumo protratto di cibi ultra processati, anche se le evidenze scientifiche sono ormai molto numerose.
Tante delle risorse naturali stanno ormai finendo e sempre più prognosi infauste vengono emesse dalla comunità scientifica sul futuro della Terra. Si sta addirittura diffondendo la pandemia dell’eco-ansia, a dimostrazione di quanto questi rischi sono stati sottovalutati dai governi ma dalla gente no.
Ma cosa si dovrebbe fare? Se i cattolici ascoltassero e si fidassero del Papa, come stanno facendo ormai moltissimi laici, e tutta l’umanità si fidasse e ascoltasse gli scienziati e non più le baggianate prive di senso che circolano in rete, l’agricoltura e la terra avrebbero un futuro sicuramente migliore rispetto alle attuali previsioni.
Purtroppo leader politici colti e lungimiranti capaci di resistere alle tentazioni delle lobby, della finanza e ai giganti del cibo allo stato attuale non sembrano esserci e, se ci sono, sono ben nascosti. Solo questo giustifica il paradosso che il Papa si debba occupare di aspetti anche tecnici del cambiamento climatico. La gente, anche solo quella che si professa cattolica, dovrebbe capire che per mettere in condizione gli agricoltori di produrre cibo sano e nutriente e allevare gli animali rispettando il loro diritto a fare una buona vita, deve esserci un prezzo equo e plausibile da corrispondere alla produzione primaria.
Sta comunque alla politica sorvegliare che questo prezzo sia sempre effettivamente equo, e suo è anche il compito di alfabetizzare la popolazione su cosa è realmente l’agricoltura. Non si possono accusare gli allevatori di non custodire il creato, o meglio detto l’ambiente, se sono sottoposti alla politica estorsiva dei compratori delle loro merci. Pericolosi sono anche quelli che, più o meno palesemente, auspicano il diffondere di cibo il cui prezzo è accessibile solo alle fasce più agiate della popolazione. Questo pensiero, oltre ad essere profondamente immorale, non credo che possa appartenere alla cultura cattolica.
Bisogna dare atto a Papa Francesco del suo profondo senso di responsabilità per il presente e il futuro non solo dell’uomo ma della Terra sulla quale viviamo. In molti ci chiediamo se le parole di Bergoglio siano realmente ascoltate dai potenti della terra, dalla gente comune e addirittura da chi si professa cattolico, perché nulla sembra stimolare le riflessioni che tali parole dovrebbero inevitabilmente suscitare. Viene anche il ragionevole dubbio che gli 1,35 miliardi di cattolici sparsi nel mondo abbiano le idee un po’ confuse su chi sia il Papa per loro e quale sia il ruolo che egli ricopre. Ai laici invece cosa dice il Papa arriva forte e chiaro, e senza alibi.
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