Le fatture dei consumi di energia elettrica ricevute in queste settimane dalle aziende agricole hanno generato brividi sulla schiena. Molti si sono premurati di verificare se ci fossero errori nel conteggio o nel contatore. Ognuno ha dovuto scontrarsi con l’amara realtà.
Le bollette, per l’effetto combinato degli alti consumi legati ai costi di raffrescamento delle stalle e dell’incremento del costo al kwh, hanno raggiunto livelli inimmaginabili.
Il costo dell’energia impatta pesantemente su tutto il sistema economico, con alcuni settori che sono letteralmente messi in ginocchio dai rincari. Come altre, anche la nostra attività necessita di importanti utilizzi di energia elettrica, soprattutto nel periodo estivo, peraltro sempre più lungo. Pur non essendo attività considerate energivore, e dunque il costo energetico non è il primo costo per importanza, la gestione dell’approvvigionamento dell’energia elettrica è diventata argomento di punta.
Nel nostro settore, prima della crisi energetica, le aziende zootecniche più esposte avevano un costo per l’energia elettrica pari a circa 1,7 €cent/litro di latte, corrispondente al 3,5% del totale dei costi operativi/litro di latte. Nel primo semestre del corrente anno, le aziende meno virtuose hanno registrato un costo pari a 3,5 €cent/litro di latte, che corrisponde al 7% del totale dei costi operativi. Tutto lascia supporre che non sia ancora stato raggiunto il picco.
Per contro, normalmente, le aziende che dispongono di impianto Fotovoltaico contengono l’incidenza del costo energetico entro 1 cent/litro di latte, che corrisponde a circa l’1,5% dei costi operativi per la produzione di un litro di latte.
Questi dati indicano che il costo dell’energia è diventato un fattore altamente competitivo nel processo di efficienza produttiva del mondo delle vacche da latte. Consideriamo che, per confronto, la voce della manodopera legata all’attività zootecnica, immutata in questo periodo, pesa per circa 5,5 €cent/litro.
Per nostra fortuna, esiste una soluzione che consiste nell’installare un impianto fotovoltaico.
Fino ad un paio di anni fa, in assenza di incentivi per nuovi impianti e con costi dell’energia elettrica non esplosi, il pay back di un impianto di potenza adeguata ai consumi aziendali era di circa 4,5 anni (corrisponde al numero di anni entro i quali i risparmi consentono di pagare l’investimento effettuato). Al momento, a causa sia dell’aumento del costo degli impianti fotovoltaici e sia del costo dell’energia, il pay back, senza incentivi, è di circa 3 anni. La presenza degli incentivi legati all’Agrisolare rende ancora più attrattivo tale investimento.
Nella norma, si considera ottimo un investimento con questo tipo di pay back.
Dunque, per quanto ne avremmo fatto volentieri a meno, forse questa situazione costituisce la molla che spingerà una grande quantità di aziende a dotarsi di un sistema di produzione in proprio di energia elettrica, ed a rendere più sostenibile il nostro settore.
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