Tutti i mammiferi erbivori sono soliti consumare foraggi freschi che contengono, a seconda della specie e dello stadio vegetativo, quantitativi variabili di zuccheri.

Una graminacea primaverile (loietto) prima della spigatura contiene circa il 15% di zuccheri, mentre una leguminosa in prefioritura ne contiene circa il 7-8%. In entrambi i casi, comunque, un ruminante che consuma al pascolo 15 kg di sostanza secca da foraggi, assume a seconda delle specie prevalenti da 1 a 2 kg di zuccheri al giorno.

prato-pascolo irlandese

Anche il fieno, a seconda delle perdite di fienagione, ne può contenere il 7-11% se di graminacea e il 5-8% se di leguminosa. Di tutti i metodi di conservazione dei foraggi, quello maggiormente penalizzante per il contenuto di zuccheri è l’insilamento, in quanto buona parte di questi ultimi si trasformano in acidi organici necessari per una buona riuscita delle fermentazioni dell’insilato. Questo processo è tanto più rilevante quanto più è alta l’umidità dell’insilato. Ne consegue quindi che il problema della carenza di zuccheri è molto attuale nella nutrizione zootecnica moderna che si basa su elevati quantitativi di insilati.

All’interno del microbiota ruminale, le specie che fermentano gli zuccheri, producendo acidi grassi volatili, sono essenzialmente i batteri e i protozoi; essi inoltre, producono glicogeno a partire dagli zuccheri. Inoltre, alcuni ceppi di batteri cellulosolitici hanno come fattore limitante della loro crescita il contenuto di maltosio nel rumine. Uno dei principali vantaggi connessi all’utilizzo di zuccheri è che, a livello ruminale, la loro presenza fa produrre maggiori quantità di acido butirrico che è da considerarsi a tutti gli effetti un ingrediente funzionale. Infatti, l’acido butirrico, anche a piccole dosi, stimola lo sviluppo dell’epitelio di tutto l’apparato digerente, e in particolare aumenta lo spessore dei villi ruminali incrementando così la capacità di assorbimento di tutta la mucosa.

L’assorbimento del glucosio, a sua volta, è catalizzato da enzimi che ne favoriscono l’ingresso nelle cellule epiteliali del rumine e del piccolo intestino; inoltre, la presenza di glucosio luminale dei singoli organi è un altro fattore positivo per la pompa che permette l’assorbimento del glucosio. Da ultimo, l’assorbimento del glucosio favorisce la secrezione di bicarbonati dalla mucosa; lo ione bicarbonato, a sua volta, promuove l’assorbimento degli AGV, creando così un circolo virtuoso.

Comunque, in tutti gli studi effettuati, l’aumento degli zuccheri tende ad aumentare il pH medio giornaliero del rumine degli animali, evitando così l’insorgenza dell’acidosi ruminale sub acuta (SARA). Questo fenomeno è probabilmente dovuto alla minor quantità di ioni idrogeno prodotti grazie ad uno shift delle fermentazioni verso l’acido butirrico.

Palmonari 2018

L’effetto probiotico degli zuccheri sulle comunità microbiche riguarda essenzialmente i due generi Streptococco e Butyrivibrio; inoltre, anche il principale riduttore dell’acido lattico presente nel rumine, Megasphera, aumenta in corrispondenza all’aumentare degli zuccheri nella razione. Comunque, la più alta produzione di proteina microbica in coltura continua, sia a pH normale che a pH sub acidotico, si ottiene con il saccarosio mantenendo costantemente valori di circa il 20% più alti rispetto a quelli ottenibili con l’amido.

Palmonari 2018

Inoltre, all’interno degli zuccheri liquidi possono essere aggiunti altri acidi organici che rappresentano il 4-5% della ss dei foraggi giovani (citrico, fumarico, malico), e che fungono da conservanti per il TMR in mangiatoia.

L’effetto riscontrato con l’utilizzo di zuccheri sui titoli del latte è univocamente positivo sia per quanto riguarda il grasso che le proteine. Per quanto riguarda il grasso, probabilmente gli zuccheri limitano la crescita di batteri che producono l’acido linoleico coniugato (trans 10 cis 12) che rappresenta, anche a livello di pochi grammi, un potente inibitore dell’acido grasso saturasi mammaria; inoltre, dal momento che in pratica gli zuccheri vengono sostituiti al mais, la razione che ne consegue conterrà una minor quantità di acidi grassi insaturi potenzialmente responsabili della MFD (milk fat depression). Per quanto riguarda le proteine, la spiegazione è assai più semplice dal momento che gli zuccheri causano, come detto prima, una maggior produzione di proteina batterica per kg di sostanza organica fermentata, oltre ad avere un effetto significativo sull’assunzione di sostanza secca giornaliera.

Nel grafico sottostante rappresenta i dati provenienti da una metanalisi di 92 studi effettuati negli ultimi vent’anni confrontando diversi livelli di zuccheri nella razione. Come si evince da questo grafico, l’effetto sulla produzione di latte e di proteine totali giornaliera è maggiore nelle vacche più produttive.

A queste caratteristiche strettamente nutrizionali, si può aggiungere la riconosciuta funzione antipolvere e anti demiscelazione che gli zuccheri liquidi svolgono nel caso del loro utilizzo in un TMR a secco.

In conclusione, nella pratica, passare da una razione contenente il 27-30% di amido e il 3% di zuccheri ad una contenente il 24-25% di amidi e il 6-8% di zuccheri, rappresenta un’evoluzione che permette all’animale di limitare i rischi di acidosi, stimolando l’ingestione e l’efficienza di fermentazione.

Inoltre, la maggior efficienza della digeribilità della fibra fa sì che le aziende possano utilizzare un maggior quantitativo di foraggi aziendali, un tema connesso intimamente con il concetto di sostenibilità delle produzioni.

La somministrazione di zuccheri per di più rappresenta una pratica virtuosa, perché fa si che, pur mantenendo un’impostazione di precision feeding, l’animale ritorni a parametri nutrizionali riscontrabili in condizioni naturali.