Una buona alimentazione è alla base di una buona salute e, nel caso degli animali da reddito, della migliore produttività possibile. La nutrizione è una scienza che lascia poco spazio alla creatività. Si tratta di confrontare i fabbisogni degli animali, della fase del ciclo produttivo in cui si trovano, con gli alimenti disponibili e fare una razione al minor costo possibile.

Nelle vacche da latte sono disponibili molte informazioni in più rispetto ad altre specie animali che permettono al nutrizionista di essere ancora più preciso. E’ intuitivo pensare che non si può fare la stessa razione ad allevamenti con diversi potenziali genetici. Ad una stalla, ad esempio, di Frisone con un PFT superiore a 1000 si realizzerà una razione diversa rispetto ad una necessaria ad un allevamento con un PFT inferiore a 350 che grosso modo corrisponde alla nostra base genetica. Lo stesso dicasi per i giorni medi di lattazione, se ci troviamo d’estate o d’inverno e se ci sono o meno insilati.

In ogni caso molte delle variabili ambientali e gestionali, ad eccezione del potenziale genetico, sono richieste dai software di razionamento per calcolare con maggiore precisione i fabbisogni. Di converso per fare una razione è necessario conoscere, nel miglior modo possibile, la composizione degli alimenti che s’intendono utilizzare ed il loro costo.

Un principio fondamentale della nutrizione della vacca da latte è che tutti gli alimenti sono potenzialmente utilizzabili. Se pensiamo quanto variabile sia la base foraggera. Si va dal pascolamento sul Lolium perenne del nord-Europa, all’insilato di mais delle pianure irrigue, agli insilati di cereali autunno-vernini o dei soli foraggi secchi di alcune aree più aride. Per tutti i ruminanti vale il principio che sono gli animali ad adattarsi alla terra e non viceversa, per non assistere alle decisioni irrazionali in tema di scelte degli alimenti che spesso si vedono nei nostri allevamenti.

Pertanto i motivi per cui è necessario “cambiare” la razione sono stagionali, come l’avvento dell’estate, se i giorni medi di lattazione variano molto, quando cambiano i foraggi o quando ci sono sensibili variazioni nel mercato delle materie prime. In questi giorni è emblematica la necessità di riconsiderare la quantità di soia presente nelle razioni, ove sia possibile, in funzione del forte rialzo di prezzi che sta subendo. Meno razionali invece sono i continui cambi di dieta che si fanno per rispondere a problemi sanitari o riproduttivi specifici.

Innanzitutto è bene non dimenticare che per un ruminante un cambio di razionamento è sempre un forte stress per il delicato ecosistema ruminale. Un cambio di razione è in grado di dare gli effetti positivi non prima di 40 giorni mentre quelli negativi possono essere visibili anche dopo pochissimi giorni. La conoscenza dei cicli di maturazione dei follicoli, dell’insorgenza delle laminiti e delle mastiti cliniche aiuta a capire che nessun cambio di razione, nelle bovine in lattazione, permette di avere effetti rapidi, ossia nell’ambito dei pochi giorni, sia positivi che negativi. Di converso piani alimentari mal concepiti o la contemporaneità di altre anomalie è alla base delle tre grandi famiglie di patologie della vacca da latte: la sub-fertilità, le mastiti e le zoppie.