“Tanto è uguale”. Questa è la frase che spesso viene rivolta ad un allevatore dopo che si è confrontata una formula di concentrati aziendali, un cartellino di mangime o le stesse materie prime con un prodotto analogo offerto durante una trattativa commerciale.

Il “tanto e uguale” crea spesso sconcerto e frustrazione agli allevatori soprattutto quando un mangime industriale costa meno di un mix aziendale di materie prime o è decisamente più economico di un analogo mangime di un’azienda concorrente, spesso a parità di composizione analitica.

Come orientarsi nel ginepraio del “tanto è uguale”? La prima consapevolezza è che due mangimi anche se hanno la stessa composizione analitica ossia proteina, grassi, fibra e ceneri possono avere un valore tecnico ed economico completamente differente e pertanto inconfrontabile. C’è sicuramente differenza tra la soia e il girasole, il mais ed il farinaccio ed un grasso rumino-protetto con la pula di riso. Nella formulazione pratica delle razioni per ruminanti non si parla quasi più solo di proteina grezza ma dei suoi dettagli come la frazione solubile o quella rumino-indegradabile così come gli amidi classificati per degradabilità ruminale e digeribilità intestinale. Sappiamo che i grassi sono tossici per il rumine per cui è più importante il tipo e la quantità presenti in un mangime che la percentuale espressa sul cartellino per dare un valore tecnico ed economico di un mangime. Piaccia o no le formule dei migliori mangimi nascono negli allevamenti o meglio partendo dai molteplici e complessi fabbisogni nutrizionali e dai limiti d’impego di certe materie prime. Il mangime deve essere veramente “complementare” ai foraggi delle razioni che possono essere facilmente standardizzati per aree geografiche e potenziale genetico. Ma se i rigidi e ormai chiaramente standardizzati fabbisogni restringono le formule dei mangimi complementari e degli integratori a poche referenze, su quali argomenti può competere l’industri produttrice di alimenti zootecnici per vedere accrescere i propri fatturati e la soddisfazione dei propri clienti? Sicuramente sull’assistenza zootecnica, sulla capacità di applicare alle materie prime quei trattamenti tecnologici che un allevatore non può adottare, sul livello di controllo di qualità delle materie prime e sulla ricerca scientifica.

La restrittiva legge europea sull’impiego nei ruminanti degli alimenti di origine animale, sulle micotossine e degli alimenti geneticamente modificati ha ridotto sensibilmente la gamma di alimenti zootecnici utilizzabili appiattendo di fatto la possibilità di competere delle industrie. In un momento in cui “sbagliare” è un lusso riservato a pochissimi allevatori e altrettanti tecnici la possibilità di dare un valore oggettivo alle merci che vengono acquistate è di fondamentale importanza per evitare danni sanitari e riproduttivi agli allevamenti. La logica del “tanto è uguale” è bene rimandarla più in là ossia quando in virtù di un prezzo del latte alla stalla di grande soddisfazione si potranno riporre le armi e permettersi il lusso di scherzare.