Dopo i caratteri legati alla fertilità e quelli legati alla salute dei piedi e metabolica, mettere a disposizione degli allevatori strumenti per migliorare l’efficienza alimentare delle bovine è una delle priorità della ricerca e delle valutazioni genetiche nazionali ed internazionali.

In Canada è in corso una grande progetto nazionale che ha come obiettivo l’identificazione dei caratteri e dei geni utili per la selezione di animali più efficienti nell’utilizzazione degli alimenti per la produzione del latte, e sono in corso progetti di ricerca in Danimarca e in tutta Europa con obiettivi simili.

Cosa si intende per efficienza alimentare

Ogni allevatore sa quanto i costi per l’alimentazione incidano sul reddito di una azienda da latte. L’obiettivo di una buona alimentazione nei bovini da latte è far sì che il cibo ingerito venga utilizzato in modo efficace per la produzione di latte di qualità. In ogni allevamento ci sono vacche che mangiano di più per produrre un certo quantitativo di latte e altre che necessitano di meno cibo per la stessa operazione. Questa differenza misurabile fra le vacche è funzione della loro “efficienza” nel convertire gli elementi nutritivi assunti con la razione in latte, grasso e proteina. Da questo concetto deriva la definizione di “Efficienza Alimentare”. L’animale con un’efficienza alimentare superiore produrrà una maggiore quantità di latte, grasso e proteina per ogni kg di sostanza secca ingerito. Data l’incidenza dei costi di alimentazione sul bilancio di una azienda da latte, poter selezionare per bovine più efficienti nell’utilizzo dei contenuti della razione può incidere in maniera significativa sul reddito dell’allevamento.

Come si misura

Misurare l’efficienza alimentare nei bovini da latte è piuttosto complesso e costoso. Occorre da una parte misurare quanto ogni singola bovina ha ingerito, misurando la differenza fra la quantità di alimento somministrato e quello avanzato, e dall’altra misurare la quantità di latte, grasso e proteina prodotti.

Entrambe queste cose non possono essere misurate senza apparecchiature tecniche sofisticate e costose. A livello internazionale c’è molto consenso sull’utilizzazione della sostanza secca ingerita residua (RFI) che si misura valutando animale per animale la sostanza secca ingerita corretta per l’energia necessaria alla produzione, il peso corporeo e la variazione di peso nel tempo. Misurare solamente la quantità di cibo ingerito, infatti, da solo non è un indicatore di efficienza se non rapportato da una parte alla produzione realizzata e dall’altra alla taglia dell’animale e a quanto delle sue riserve corporee utilizza per compensare eventuali carenze di nutrienti

Per quanto riguarda la valutazione genetica, è impossibile pensare di misurare la sostanza secca ingerita su tutta la popolazione. Avere a disposizione un numero sufficiente di animali su cui è possibile misurare il carattere direttamente da cui derivare parametri genetici, equazioni di stima di eventuali marcatori genetici e, soprattutto, stimare le correlazioni genetiche con altri caratteri, rende possibile utilizzare caratteri morfologici e produttivi ad essa correlati.

Esempi di valutazione genetica per l’efficienza alimentare

Nel Dicembre 2014 la formula del TPI americano è stata aggiornata per la prima volta per includere un indicatore indiretto dell’efficienza alimentare ottenuto combinando il valore in dollari dell’indice per la produzione e sottraendo il costo legato ad una produzione superiore e il costo di mantenimento stimato dalla taglia dell’animale. In questo caso l’indice è stato calcolato solamente utilizzando i caratteri produttivi e morfologici che la ricerca ha individuato essere indicatori indiretti dell’efficienza alimentare. L’indice è espresso in termini economici.  La quantità di latte totale è utilizzata come stima della sostanza secca ingerita e viene corretto per i costi extra di una produzione e di una taglia sopra la media.

Da aprile 2016 anche nei paesi Bassi è stato pubblicato un indice ufficiale legato all’efficienza alimentare chiamato DMI o indice per l’assunzione di sostanza secca. Quest’ultimo è un buon esempio di come combinare caratteri diretti e indiretti nella definizione dell’indice, ma è un indice fortemente correlato positivamente con la produzione ed il peso dell’animale. Da solo non rappresenta un indice di efficienza, ma solo una stima di quanta sostanza secca un certo tipo di animale assume.

Per il calcolo dell’indice sono stati utilizzati i dati relativi all’assunzione di sostanza secca (kg) individuale di bovine in latte a partire dal 1990, raccolti nell’ambito di progetti di ricerca specifici in diverse aziende olandesi. Nel 2015 erano disponibili i dati di circa 3000 vacche delle quali era stata misurata la sostanza secca ingerita da 2 a 50 settimane di lattazione. Sulla base di questi dati è stato possibile stimare l’indice in prima, seconda e terza lattazione e le correlazioni genetiche esistenti fra l’assunzione di sostanza secca e la produzione di latte, grasso e proteina e il peso dell’animale. L’indice è espresso in kg di sostanza secca per giorno. Quando non sono disponibili informazioni dirette sull’efficienza alimentare l’indice viene stimato in base al valore dei caratteri correlati.

Cosa significa selezionare per l’efficienza alimentare?

Uno degli elementi critici della selezione per l’efficienza alimentare è che è correlata in maniera positiva con i caratteri produttivi. Questo, se da una parte significa che la selezione per una aumentata produzione ha indirettamente selezionato per animali più efficienti, significa anche che geneticamente l’efficienza alimentare è correlata in maniera negativa con la fertilità. Quanto già pubblicato sul sito The Bullvine nel dicembre 2014, che evidenziava come i tori migliori per l’efficienza alimentare avessero livelli di fertilità delle figlie non ottimali, è confermato anche dalla debole correlazione negativa stimata fra RFI e il BCS in letteratura.

Per capire un po’ meglio la complessità del problema, utilizzando la classifica dei migliori tori genomici americani di maggio 2016 (che include 400 soggetti con GTPI superiore a 2573) sono stati confrontati fra loro i migliori venti tori per efficienza alimentare e i peggiori 20 per lo stesso carattere per il livello medio a indici dei principali caratteri inclusi nel TPI. Il risultato del confronto è riportato in Tabella 1 e mostra come a livelli di efficienza alimentare superiore (+100) corrispondano però livelli inferiori di fertilità e, in maniera meno evidente, anche di tutte le caratteristiche morfo funzionali.

Selezionare per una maggiore efficienza richiederà insomma lo stesso sforzo che è stato fatto per combinare produzione e fertilità o produzione e qualità. Occorrerà cioè combinare questo aspetto insieme a tutti gli altri trovando l’equilibrio che permette di massimizzare il reddito dell’azienda in maniera complessiva. Questo significa, ancora una volta, combinare l’efficienza alimentare, che da sola non basta, con buone produzioni e livelli ottimali di funzionalità.

Tabella 1 – La media dei migliori 20 tori genomici di maggio 2016 in USA per Efficienza alimentare a confronto con i peggiori 20 (400 tori con livello minimo di TPI di 2573).

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