Sconcerta il recente comunicato di Assolatte riferito alla riunione del tavolo latte tenutasi il 28 Luglio 2015 in Regione Lombardia con il rifiuto di partecipare alla definizione del prezzo di riferimento regionale in quanto in contrasto con la normativa antitrust, affermando di non condividere la fissazione di un prezzo del latte contrattualizabile ma solo legato ad indici che tengano conto di molte variabili (prezzo del latte in Europa, costi di produzione, etc.) e pertanto che portino di fatto ad una variabilità del prezzo molto simile a quanto avviene per gli alimenti zootecnici. Sconcerta perché ignora cosa sta succedendo in Europa ossia le sentenze dell’Antitrust francese e spagnolo che multano in Francia 11 industrie per 193 milioni di euro e in Spagna per 80 milioni. Soldi che sicuramente non vengono redistribuiti agli allevatori. Viene anche ignorata  la dura protesta degli allevatori francesi per l’ insopportabile compressione dei prezzi del primario agricolo e l’appoggio loro dato da quelli tedeschi che sono nelle medesime condizioni, ossia allo stremo. E’ vero che il prezzo del latte in Italia è più alto della media europea dei 30.5 euro/q.le ma è anche diversa la tipologia della produzione italiana, fatta di oltre 50 DOP e IGP e di latte fresco che per essere venduto deve recare in etichetta una scritta riconducibile al “made in Italy” cosa che permette agli industriali un prezzo di vendita sicuramente superiore agli UHT d’importazione.

Diversa la nostra posizione di paesi autosufficiente per il 60% e che destina  metà del proprio latte alla produzione delle DOP e degli IGP. Quello che doveva succedere in Europa dopo la fine del regime quote latte non è successo e ciò era ragionevolmente previdibile. Il consegnato Europeo nel periodo Gennaio-Maggio 2015 è aumentato solo dello 0.2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e la produzione di latte in polvere è diminuita del 13.4%. Nel frattempo, e per motivi non tanto politici ma più dovuti alla grande capacità dei nostri Consorzi di tutela e al mondiale tam-tam del valore del Made in Italy, l’export italiano dei formaggi è cresciuto a ritmi vertiginosi. Quello che invece è successo è che la lobby del latte ha amplificato e distorto informazioni sul crollo dei consumi interni, sull’embargo Russo e su produzioni di latte in Europa cresciute vertiginosamente, con il risultato di un crollo del prezzo del latte alla stalla tale da far scatenare la guerra degli allevatori francesi che hanno poche tutele dalle DOP e IGP e del “Made in France” e il silenzio del governo italiano.

Ma il diavolo si sa fa le pentole e non i coperchi. La straordinaria ondata di caldo che ha investito l’Italia e l’Europa ha anticipato e livellato sul basso il latte consegnato, anticipando le mancate produzioni che solitamente si hanno dalla fine dell’estate fino ad inizio inverno (da noi ampiamente documentate nell’articolo “la sindrome della bassa produzione di latte in autunno” pubblicato sul n° 9 dell’Allevatore Magazine) più grave negli allevamenti che non hanno messo in atto le dovute misure di prevenzione e che sono allo stato attuale molti pochi. Con questi prezzi del latte,  la riduzione del consegnato,  la scarsa capacità di cooperazione degli allevamenti italiani e con uno Stato assente nei servizi, da qui a fine anno si presenta il rischio di chiusura per molti allevamenti o almeno per quelli che possono permettersi di farlo.

Il tutto nell’incoerenza di un Expo 2015 il cui slogan è “nutrire il pianeta, energia per la vita”. Ora va chiesto, ed è già tardi, un deciso aumento del prezzo del latte alla stalla non accettando la “melina” della lobby del latte di arrivare a Settembre/Ottobre come lo scorso anno in cui il prezzo del latte è calato a Novembre quando il consegnato europeo era ai minimi termini. Esempio fra tutti quello del Lazio dove una quantità per il momento non quantificabile, ma sicuramente molto elevata, di latte fresco viene confezionato con la scritta “prodotto negli allevamenti del Lazio” e quando gli allevatori vanno a trattare il prezzo gli si dice che in Baviera il latte costa molto meno. Facendo finta di non sapere che non è legale mettere un latte straniero o proveniente da zone diverse dal Lazio in una confezione recante quel tipo di dicitura. Il nostro dubbio rimane solo capire se è “truffa in commercio” o “pubblicità ingannevole” o tutti e due. Ai custodi della legge l’ardua sentenza.