Esattamente un anno fa, ho scritto alcune riflessioni poste dal prezzo del latte a 36 centesimi al litro. Sembrava un livello assurdo, al quale solo pochissime brave e fortunate aziende sarebbero state in grado di reggere. Ad un anno di distanza possiamo fare alcune considerazioni:

  1. Ciò che sembrava assurdo, sarebbe oggi una manna dal cielo per una buona parte del latte prodotto in Italia.
  2. Alcune aziende hanno smesso la produzione. In pochi, purtroppo, possono concedersi questa opzione che, per molti, è quasi un lusso. A volte tuttavia, è bene fermarsi in tempo, per quanto difficile, doloroso ed incredibile, piuttosto che schiantarsi e distruggere anche quel che rimane.
  3. Un buon numero tra quelli che tirano avanti, sperano che qualcuno dall’alto pensi a loro e si accorga che manca ancora pochissimo tempo ed il settore sarà irrimediabilmente compromesso. La frase che riassume tale incredulità è: “Possibile che non si accorgano che stanno cancellando un settore?”
  4. L’andamento del valore della terra e del valore degli affitti è uno specchio della redditività del nostro settore. Dopo decenni di continui innalzamenti del valore dei contratti, da quest’anno gli affitti sono calati. Non è raro che gli affittuari abbiano restituito la terra ai proprietari in quanto, agli attuali prezzi di mercato, hanno ritenuto comunque non conveniente lavorare il terreno

Un buon numero di aziende zootecniche continua ad accumulare perdite finchè la liquidità consentirà di proseguire l’attività. La leva utilizzata è quella di allungare i pagamenti ai fornitori. Tuttavia, se un’azienda non genera reddito, come potrà ritornare a pagamenti sani delle forniture? Costoro sono consapevoli che, facilmente, non lontano, arriverà un giorno in cui i nodi verranno al pettine.

Dunque, oggi, le aziende controllano più la liquidità che il reddito. Il fornitore Tizio mi allunga i pagamenti e, pur essendo il prodotto trattato più caro, sotto la spinta dell’assoluta necessità di avere la fornitura, accolgo tale offerta che mi permette di tirare avanti ancora un po’.

Quando il timone dell’azienda diventa la liquidità e non il reddito, stiamo commettendo un gravissimo errore. La liquidità è generata dal reddito. Un reddito negativo mangia liquidità. Dunque anche, e soprattutto, in questi tempi complicati, il reddito rimane la stella polare della gestione aziendale. E la misura del reddito è vitale. Dedicare tempo e risorse a registrare costi e ricavi ed a misurare il reddito e le sue componenti, ha un rilievo ancora maggiore del tempo dedicato a registrare le fecondazioni, i farmaci o quant’altro consideriamo ovvio nella nostra gestione.

Credo che possiamo condividere alcune cose che dovrebbe oggi fare un’azienda di vacche da latte che intenda essere viva e vegeta fra 5 anni:

  1. Disporre di un conto economico e di un budget.
  2. Con un aiuto esterno, procedere ad una revisione di ogni singolo aspetto della propria attività, al fine di individuare ogni possibile elemento di criticità da migliorare.
  3. Adottare e adattare alla propria azienda tutte le migliori pratiche di gestione aziendale (gestione dei vitelli e del giovane bestiame, gestione dell’asciutta e del post parto, corrette procedure di mungitura, gestione della riproduzione, selezione per reddito, risanamenti, massimizzare la quantità e la qualità delle produzioni di campagna, ecc)
  4. Ottimizzare gli acquisti.
  5. Investire ove necessario, pur rimanendo parsimoniosi.

Per quanto possano sembrare sollecitazioni non immediatamente collegate al problema della liquidità, non esiste modo alternativo di migliorare la liquidità se non passando da tutto ciò che produce reddito. Del resto, per quanto possa essere grande la nostra ansia nel posare il tetto di una casa, è impossibile non passare prima dalla costruzione di solide fondamenta e resistenti pilastri.