La zootecnia da latte vive da sempre il problema derivante dal fatto che il prezzo di vendita del latte è fuori dal controllo dell’azienda stessa. A prescindere da ogni considerazione circa l’equità del prezzo di vendita alla latteria, è un dato di fatto che, salvo il caso isolato di quelle aziende che trasformano nel proprio caseificio il latte prodotto, nessuna azienda che produca latte può operare alcunché per modificarne il prezzo.

Ad altri spetterà di operare in tal senso; per il ragionamento che intendo sviluppare ora serve solo affermare che, non potendo in alcun modo utilizzare la leva del prezzo di vendita, l’azienda zootecnica, rimanendo nel proprio core-business, può solo operare sul fronte delle quantità prodotte e sull’efficienza di produzione. Che non è poco in verità.

Ogni azienda è tuttavia nella condizione di trovare eventuali alternative di reddito.

Limitando il ragionamento al settore delle agro energie, in questi ultimi 5 anni vi sono state opportunità davvero ghiotte che, purtroppo, pochi sono stati abili e pronti a sfruttare.

Vi è stato un periodo di circa tre anni nel corso dei quali il settore fotovoltaico ha offerto incentivi che avrebbero dovuto stimolare  interessi diffusi da parte delle aziende agricole. Anche tra le aziende che hanno normale accesso a finanziamenti bancari, vi è stato un forte senso di perplessità. Da un paio d’anni il sistema incentivante per il fotovoltaico ha di fatto chiuso le porte, per una diffusione degli impianti presenti nelle aziende agricole.

Il sistema incentivante lascia invece ancora aperte le porte agli impianti di biogas di taglia piccola o media, funzionanti principalmente utilizzando liquame e letame bovino come materia prima per la produzione di biogas. I redditi che impianti ben progettati, ben realizzati e ben gestiti sono in grado di garantire sono decisamente interessanti. A titolo di grossolano esempio, un impianto da 100 kw per il quale serve il liquame-letame di un’azienda di 200 vacche in latte può offrire un reddito annuo di 70.000 €/anno per 20 anni, al netto dei costi gestionali e della restituzione delle rate di mutuo bancario. Un impianto da 300 kw che poggi su un’azienda (o un gruppo di aziende) con circa 600 vacche in latte, offre un reddito annuo ben superiore a 200.000 € per vent’anni.

La domanda è: siamo così ben messi come redditi delle nostre aziende da poterci permettere di non valutare tali possibilità?

Stiamo forse aspettando che un formidabile aumento del prezzo del latte sistemi tutti i problemi di reddito e magari di debito? Se così fosse, mettiamoci pure comodi, ci sarà da aspettare.