È nella natura umana fare classifiche, anche perché a tutti piace arrivare primo in qualche cosa. Tutte le gare di qualsiasi disciplina finiscono su un podio. Lo si fa per gli scrittori con i vari premi letterari, con gli scienziati per le pubblicazioni fatte, e a scuola con i voti, e chi ne ha più ne metta.

Anche per gli allevatori le graduatorie e i premi fanno parte integrante della loro storia. Mi ricordo che tanti anni fa si aspettava con ansia l’uscita delle classifiche AIA per vedere quali in Italia fossero gli allevatori che producevano più latte, e lo stesso avveniva nelle varie province del nostro paese. Addirittura, giravano prima dell’uscita ufficiale del Bollettino dei Controlli le fotocopie delle classifiche provinciali per razza. Famosi e ammirati erano quelli che riuscivano a salire sul podio. Per gli allevatori, al di là della legittima soddisfazione e dei tanti sacrifici fatti, c’era il ritorno economico della vendita delle manze e l’essere attenzionati da qualche centro genetico.

Un altro momento topico erano e sono le fiere dove gli allevatori si confrontano e competono per la morfologia. Gli animali più belli della loro categoria e della mostra attirano entusiasmo e tifo da stadio. Sempre emozionante è vedere gli allevatori accudire e tolettare gli animali prima della mostra, e ancor più emozionante è il fatto che molti dormono con loro in fiera, perché tra gli allevatori e gli animali c’è un antichissimo patto di mutua dipendenza e rispetto.

Questa di scalare le classifiche per la produttività e per la morfologia era, ma è ancora, la componente passionaria che contraddistingue chi alleva animali. Una passione contagiosa che coinvolge anche chi alla zootecnia offre prodotti e servizi. La passione aiuta a superare i momenti difficili, è un formidabile collante per le famiglie e i collaboratori, e un potente facilitatore del ricambio generazionale. Ovviamente, tutte queste riflessioni valgono per ogni specie e ogni razza di ruminanti da allevamento. Se i tanti detrattori della zootecnia visitassero una fiera, forse tanti pregiudizi potrebbero dissolversi, a patto che si portino a competere vacche con un BCS maggiore dell’attuale e vengano effettuate tecniche di tolettatura e preparazione non equivocabili e comprensibili dalla gente comune.

Oggi le graduatorie di merito si fanno sui kg di proteine, e questo può andare bene ad un Paese come il nostro che fa prevalentemente formaggi. Purtroppo, e per molti motivi, non è più possibile consultare con semplicità il Bollettino OnLine di AIA. Una ragione su tutte è che, nelle varie graduatorie ivi consultabili, non c’è più il nome dell’allevamento ma un codice, per cui risalire all’azienda in questione diventa molto tortuoso e, pertanto, i più rinunciano a farlo. Probabilmente saranno stati i cavilli della privacy ad aver ispirato questa scelta, ma l’aver oscurato la pronta visibilità dei singoli allevamenti non fa davvero bene alle motivazioni edonistiche e di business sopra descritte. I dati delle imprese sono pubblici come i bilanci, ed è difficile capire perché non lo possano essere quelli degli allevatori che darebbero il consenso a farlo per ragioni anche di business.

L’allevamento delle vacche e di tutti gli altri ruminanti è decisamente molto più complicato che in passato, ma di positivo c’è da dire che la produzione primaria del latte si è molto diversificata e questo consente il soddisfare le innumerevoli richieste dei consumatori. L’emergenza climatica, la grande volatilità del prezzo del latte alla stalla e dei costi di produzione, la cattiva reputazione che purtroppo hanno gli allevamenti nell’opinione di molti cittadini, sta rapidamente modificando l’agenda e la priorità di chi alleva animali da cibo. In un futuro utopico e non distopico, sarebbe bella una graduatoria economica, ossia fatta su una o tutte le “righe” del conto economico. Come avviene in qualsiasi categoria produttiva, c’è chi con gli animali guadagna e c’è addirittura chi ci rimette. Poter sapere chi sono gli allevatori “economicamente virtuosi” può essere di stimolo a tutti gli altri e magari invogliare a chiedere loro consigli.

Oggetto di classifica potrebbe essere oggi il bilancio energetico e idrico dell’allevamento, le emissioni gas climalteranti ed eutrofizzanti, l’uso dei farmaci e il livello di qualità della vita degli animali, utilizzando semplici biomarker come la fertilità naturale, la longevità produttiva e l’incidenza di alcune patologie non trasmissibili. Anche la morfologia dovrebbe evolvere e differenziarsi nell’ambito di ciascuna razza. Il concetto unico di “bellezza”, specialmente per le vacche ma anche per le pecore, dovrebbe evolvere. La morfologia ideale di una frisona che fa latte per il parmigiano e la STG “latte fieno” non può essere la stessa di soggetti della stessa razza che fanno il latte da bere con una dieta ad alta presenza d’insilati. Nell’ambito della nutrizione non sono neanche simili i fabbisogni nutritivi! Ci sono ormai brune, frisone e pezzate rosse allevate in pianura in aziende a spiccata vocazione casearia che, inevitabilmente, devono avere una morfologia diversa da quelle stesse razze allevate in montagna che, per alcuni mesi all’anno, vanno in alpeggio. Anche nell’ambito degli stessi formaggi a denominazione d’origine esiste una profonda differenziazione, e quindi è necessario che ci sia anche per gli animali che li producono.

E’ facile obiettare a queste considerazioni dicendo che per fare graduatorie, classifiche e premiazioni ci vogliono caratteri o fenotipi che siano raccolti con standard condivisi e certificabili. Questo lavoro è stato delegato dallo Stato italiano oltre 70 anni fa alle associazioni degli allevatori. I fenotipi oggi raccolti sono sicuramente di più di allora, perché gli indici di selezione sono evoluti includendo più caratteri funzionali e morfologici e quindi non solo produttivi. Un potenziamento della raccolta di altri fenotipi, come alcuni di quelli sanitari e di maggior dettaglio della composizione del latte, potrebbe permettere di fare classifiche più articolate, stimolanti e utili, per i motivi già detti, agli allevatori.

Per iniziare questo percorso Ruminantia sta organizzando in occasione della 78esima edizione (2023) delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, un concorso riservato agli allevatori di bovine da latte che premierà chi potrà presentare, dimostrandolo, di aver messo in atto:

  • Soluzioni innovative per la gestione della vitellaia;
  • Sostenibilità energetica dell’allevamento;
  • Livello di automazione dell’azienda;
  • Attività di genotipizzazione della mandria.

A breve Ruminantia presenterà i dettagli di questo concorso!