Siamo abituati in Italia al fatto che molte delle scelte da fare in allevamento siano condizionate da mode più che dai più efficaci calcoli di opportunità o costo/beneficio. Ciclicamente si cercano colture alternative a tutti i costi quando basterebbe migliorare le tecniche di produzione per coniugare la massima resa per ettaro con la massima digeribilità e quindi, il minore impiego dei sempre più costosi concentrati. Si vedono in Italia coltivazioni di cereali autunno-vernini in aree altamente vocate alla coltivazione del mais oppure granturco da insilato coltivato in aree dove l’acqua non c’è, o i costi d’irrigazione sono elevatissimi. Ma come scegliere i foraggi adeguati per il proprio allevamento? La cosa più razionale sarebbe partire dalla valutazione dei terreni a disposizione dell’allevamento e da una simulazione dei costi di produzione. Le superfici irrigue sono ideali per la coltivazione del mais, da destinare sia a trinciato che a pastone integrale. L’insilato di mais ha delle rese produttive elevatissime ed ha il vantaggio di essere composto da una fibra di discreta digeribilità e cariossidi fermentate e parzialmente macinate.

A titolo d’esempio l’inserimento in una razione di Kg 25 di un silomais al 32% di sostanza secca e al 30% di amido, mette a disposizione della bovina Kg 8 di sostanza secca ( 35% del totale ingerito) scomponibile in gr 3500 di NDF , con una digeribilità a 48 ore di circa il 45%, e gr 2400 di amido da mais, che corrisponde quasi a kg 3.5 di granella di mais già macinata e fermentata e quindi più degradabile della corrispondente farina essiccata. In alcune zone vocate , cioè irrigue, è stata abbandonata la coltivazione del mais da insilare perché troppo costosa. Se sommando i costi reali di produzione   di trinciatura e trasporto , di perdite da insilamento e gli oneri finanziari si arrivasse a Euro 5 al quintale ciò corrisponderebbe a euro 15 al quintale somma difficilmente spendibile per un corrispettivo di foraggio al 44% di NDF e di una granella fermentata e già macinata. I cereali autunno vernini come il triticale, il grano e l’orzo rappresentano una valida alternativa al mais nelle zone o non irrigue o dove l’uso dell’acqua risulti troppo costoso. Questi cereali hanno rese in massa verde che possono  facilmente raggiungere i q.li 400 per ettaro e fornire NDF di medio bassa digeribilità, a patto che vengano raccolti prima della maturazione del seme, altrimenti la lignificazione progressiva della pianta porta ad insilare piante con un NDF a bassissima digeribilità. Esempio tra tutti è  Israele dove la disponibilità di acqua per l’agricoltura non permette più neanche l’irrigazione a goccia e quindi i foraggi per le vacche sono ormai esclusivamente cereali come il grano. Discorso a sé per l’erba medica. Anche se la sua fibra non è mai molto digeribile, il suo livello proteico dà un contributo importante nella riduzione dei costi della razione. Un fieno di medica “standard” ha il 17% di proteina e il 45% d’ NDF. Introdurre in una razione Kg 3 di sostanza secca da medica significa apportare gr 510 di una proteina di buona qualità, e ciò corrisponde a circa Kg 1.2 di soia al 44% di proteina. Pertanto nella vacca da latte l’abbinamento insilato di mais e medica, sia essa affienata o insilata, è da abbandonare solo se o i costi d’acquisto o di produzione risultassero veramente proibitivi. Tutte le altre culture foraggere come la loiessa, il miglio perlato, il sorgo, l’avena, il panico hanno un grande interesse nel completamento dei cicli colturali o nelle rotazioni ma non possono rappresentare alternative alle due culture principali del mais e della medica.

L’atteggiamento più corretto è a mio avviso è quello di contabilizzare esattamente il costo di produzione dei foraggi in azienda, inserirli al costo e non al valore di mercato nei piani alimentari così da simulare cosa è più conveniente fare.