Capire cosa analizzare per cercarne le cause, misurarle e porvi rimedio.

L’allevamento delle vacche da latte è spesso afflitto da numerosi disordini metabolici con conseguenze impattanti a livello di salute, costi terapeutici e di riforme precoci.

Da sempre il periodo più critico in assoluto è rappresentato dal periparto. In questo periodo delicatissimo e spesso trascurato, si decidono le sorti delle vacche con importantissime influenze su sistema parto, placentazione fisiologica, lochiazione con involuzione uterina normale, veloce “partenza a latte”, persistenza della curva di lattazione e precoce riproduzione. Tutto questo ha poi conseguenze determinanti sulla longevità delle vacche allevate quale reale fattore economico, ancor più della produzione totale di latte, se poi ottenute in un massimo di una, due lattazioni.

Bisogna infine pensare che il passaggio dalla fase d’asciutta a quella di lattazione comporta non solo cambiamenti metabolici ma anche ormonali, con una significativa ridistribuzione a livello tissutale dell’intero corpo. Uno studio ha rilevato che più del 60% delle lattifere, nei primi 60 giorni di lattazione, viene colpito almeno una volta o da disordini di tipo metabolico o da patologie infiammatorie/infettive, ed in molti casi da entrambi le due categorie di ingiurie (Basinotto, 2012).

Tutti questi infortuni a cui la vacca va incontro rappresentano costi. Nella tabella di seguito, già proposta in passato, si può evincere il costo economico che passaggi infausti dall’asciutta alla lattazione comportano quando viene superata la morbilità ritenuta naturale. Questa tabella serve per calcolare le perdite economiche quando il limite fisiologico viene oltrepassato.

Comprendere le cause principali delle dismetabolie del periparto è fondamentale ma cruciale diventa la possibilità di misurare i parametri che entrano in gioco, perché saper misurare significa saper porre mano ai fattori che limitano o che si presentano in eccesso. Se cruciale è saper misurare, determinante diventa dove misurare, su quali liquidi corporei concentrarci e in questo mio breve articolo, cercherò di spiegare come opero e cosa controllo nel mio lavoro di nutrizionista.

Una delle dismetabolie più studiate, sia per importanza singola sia per la capacità di essere predisponente in modo massiccio agli altri disordini elencati in tabella, è l’ipocalcemia, presente nella forma clinica, sub-clinica e sub-clinica cronica.

Definiamo ipocalcemia clinica (CH) come la forma clinica caratterizzata da un difetto di Calcio nel sangue. Diventa concreta quando la calcemia totale scende sotto gli 8 mg/dl, ma soprattutto quando la frazione libera di Calcio Ionizzato scende sotto i 5,5 mg/dl. Spesso si manifesta come Collasso Puerperale, la cui incidenza può colpire fino al 6% delle bovine al parto. Ricordiamo che nella bovina il 98% del Calcio è presente nelle ossa, l’1% nei tessuti in generale e l’1% circolante nel sangue (in forma libera e legata alle proteine plasmatiche); di questo 1%, solo lo 0.5% è il Calcio Ionizzato nella sua forma libera circolante.

Gli squilibri minerali che opprimono gli equilibri di membrana fanno sì che altra energia venga sprecata per ridurre questo sbilanciamento. Un esempio classico è fornito dalla pompa di membrana nota come “pompa Sodio Potassio”. Questa fondamentale pompa consente di mantenere le concentrazioni di ioni K+ più alte all’interno delle cellule rispetto all’esterno; viceversa, la concentrazione del Na+ sarà maggiore nei fluidi extracellulari. Quando Sodio e/o Potassio sono in eccesso o in difetto, entra in azione la pompa Na/K alla quale per funzionare serve energia. Questa energia è fornita dall’ATP (Adenosintrifosfato), quale moneta di scambio biologico. Si calcola che in caso di forte disequilibrio fra i due minerali in questione, questa pompa può arrivare a rubare fino al 30% dell’energia giornalmente ingerita dall’organismo: un costosissimo spreco per le grandi lattifere sempre alla presa con un BEN (bilancio energetico negativo) che si accentua nell’immediato post-parto e poi nella repentina salita a latte.

Si parla spesso di Resistenza all’insulina (IR). Questa dismetabolia si manifesta quando le cellule del corpo non rispondono al segnale dell’insulina, per cui non sono in grado di assorbire il glucosio; quest’ultimo permane nel sangue con aumenti di glicemia pericolosi (al contempo l’insulina si accumula nel sangue). Il paradosso si associa ai disequilibri minerali che accentuano il fabbisogno energetico; in questo paradosso troviamo da un lato un’iperglicemia e dall’altro le cellule che non hanno energia (glucosio). L’ipocalcemia condiziona enormemente la risposta del glucosio all’insulina e per questo molte diagnosi in stalla sono errate in quanto si pensa all’IR dove invece il danno è prodotto dall’ipocalcemia. Il Calcio infatti funziona da messaggero intracellulare favorendo la fuoriuscita dalle cellule producenti insulina che si riversa nel sangue.

L’ipocalcemia subclinica (SCH) o febbre da latte, non ha significatamente segnali clinici dell’ipocalcemia clinica, ma si ritiene fortemente responsabile nel favorire le altre dismetabolie “secondarie” del periparto. Si definisce SCH quando la concentrazione plasmatica di Calcio scende al di sotto di 8 mg/dl. Questa sindrome colpisce maggiormente le secondipare e le pluripare (almeno il 50% di esse) e molto meno le primipare (circa il 25%).

L’ipocalcemia subclinica diventa anche cronica (SCHC) quando il livello di Calcio nel sangue permane basso per almeno cinque giorni continui dopo il parto. Anche qui i numeri sono impietosi se pensiamo alle vacche colpite da questa sindrome: 25% di primipare, 40% per le secondipare e valori superiori al 50% delle pluripare. La conclusione evidente è che almeno una vacca su due viene colpita da questa sindrome.

La SCHC pregiudica lo stato di salute metabolica (Chamberlin et al. 2013, Martinez et al 2012), favorisce l’Immunocompetenza (Kimura et al. 2006, Martinez et al 2012), riduce la produzione di latte (Chapinal et al. 2012), peggiora le performances riproduttive (Martinez et al 2012) e riduce il consumo di Sostanza Secca, diminuendo, in un circolo vizioso, anche l’assorbimento del Calcio stesso.

Una breve considerazione va fatta per capire il gioco di questi numeri: in una bovina di peso medio con una calcemia normale (attorno ai 10 mg/dl), la quantità di Calcio in circolo è di circa 5 grammi; al momento del parto, questa elimina con il colostro circa 2 grammi/litro, pertanto in un giorno perde (sempre attraverso il colostro) circa 4-5 volte il suo Calcio circolante. Valutando questo si capisce come delicato sia il momento del periparto e a quale sforzo sia sottoposta la vacca.

I metodi più comuni per determinare la calcemia sono il metodo colorimetrico, quello a ioni selettivi, ICP massa, spettrometria al plasma e l’elemogasanalisi (EMGA). Quest’ultima metodologia è di gran lunga la più utile perché determina la frazione di Calcio Ionico, ma va eseguita con tempismo e precisione.

L’organismo umano e animale deve sempre rimanere in Omeostasi. In questo caso ovviamente mi riferisco all’Omeostasi Minerale. Per Omeostasi si intende una condizione chimico-fisica dell’organismo in cui le funzioni cellulari ed il potenziale genetico lavorano alla massima efficienza. Si tratta di una forza vitale che si oppone al cambiamento una volta che l’organismo ha raggiunto la sua omeostasi. Secondo questa fondamentale condizione, non possiamo soffermarci solo sull’ipocalcemia, bensì bisogna prendere in considerazione anche gli altri minerali, la loro presenza, disponibilità, antagonismi e sinergismi. Se pensiamo alla comune condizione fisiologica delle bovine in preparazione e al parto, sappiamo che le diete italiane sono frequentemente caratterizzate da un elevato contenuto di Potassio, spesso accompagnato da valori elevati di altri cationi. Questa iper-dotazione tende a creare condizioni di Alcalosi Metabolica nell’organismo e quindi anche livello ematico, riducendo la sensibilità dei tessuti bersaglio al Paratormone (PTR). In queste condizioni il rilascio del Calcio dalle ossa si riduce fortemente, e si riduce pure il suo riassorbimento a livello intestinale e renale, innescando la comparsa dell’ipocalcemia subclinica (SCH) con tutti i rischi metabolici visti prima.

Un altro catione in gioco è il Magnesio. Se nel periodo del preparto (Close UP) si volesse aumentare il Calcio disponibile nella dieta per contrastare l’ipocalcemia, altro non si provocherebbe che una riduzione dell’assorbimento ruminale di Magnesio. Il Calcio va inserito in quantità ed in forma logica, ma al contempo bisogna prevedere una supplementazione di Magnesio. Oltre all’antagonismo del Calcio il Magnesio subisce anche quello del Potassio: valori elevati di Calcio e Potassio e di pH si oppongono all’assorbimento di Magnesio. E’ necessario prestare molta attenzione alle forme inorganiche di Magnesio, perché molto spesso la fonte più comune utilizzata di questo minerale è l’Ossido di Magnesio (MgO). Questo funziona molto bene come tampone ruminale ma, avendo una modesta bio-disponibilità (mi riferisco alla fonte minerale normalmente in commercio), viene scarsemente assorbito. Il suo metabolismo, come nel caso del Calcio, viene influenzato dal Paratormone. La sua carenza riduce la produzione di PTH in risposta all’ipocalcemia ed in più riduce la sensibilità dei tessuti al PTH.

Un rapido cenno al Sodio. Questo minerale viene spesso demonizzato nel periparto ed il suo uso viene ridotto al minimo o addirittura sconsigliato. Ricordiamo che elevate disponibilità di Sodio sono deleterie in questa fase in quanto predisponenti a vari disequilibri, ma con diete d’asciutta costantemente alte di Potassio diventa importante la sua somministrazione a dosaggi oculati. Proprio il cronico eccesso di Potassio aggrava la scarsa disponibilità di Sodio. Questi due minerali abbiamo visto che entrano in equilibrio preciso tra gli spazi intra ed extra cellulari: equilibrio regolato dalla pompa Sodio/Potassio, prima menzionata.

Lo Zolfo, importante anione che entra nel calcolo del DCAD, viene spesso trascurato come importanza, sia nel periodo d’asciutta che in quello di lattazione. Si raccomanda di valutare molto bene le fonti che apportano questo minerale. Comunemente viene impiegato per coprire il fabbisogno lo Zolfo Fiore, quale fonte minerale di Zolfo. Questa fonte è particolarmente poco solubile e quindi poco adatta per coprire i fabbisogni delle vacche da latte.

Dopo questo veloce excursus su alcuni elementi minerali che entrano in gioco nella corretta nutrizione macro-minerale delle bovine da latte, vediamo dove e come misurare tutte queste variabili, per evitare/limitare i danni provocati delle dismetabolie del peri-parto.

Ho parlato fino a questo momento di valori normali e pericolosi a livello ematico, ma a questo proposito viene da domandarsi se il sangue sia veramente il terreno corretto dove cercare le carenze e gli eccessi macrominerali. Se parliamo di sangue, alcuni autori suggeriscono che livelli ematici elevati di AST (aspartato aminotransferarsi), conosciuti anche come GOT, i NEFA (acidi grassi non esterificati) e l’Aptoglobina (inibisce l’attività ossidativa dell’emoglubina libera, legandosi ad essa), unitamente a bassi valori di Colesterolo e Magnesio, riducono la fertilità, con bassa probabilità di successo al primo intervento unitamente a tassi elevati di aborti precoci dopo la prima inseminazione. Più di questo non mi sento di dire, se non il fatto che una vacca colpita da patologie del periparto, non lo manifesta a livello ematico; questo perché operano tutti i meccanismi omeostatici preposti al mantenimento dell’omeostasi minerale. Quando questi meccanismi non sono più in grado di porvi rimedio, per l’organismo è tardi e le forme cliniche diventano molto pericolose, se non addirittura fatali. A livello urinario, invece, il controllo avviene a carico dei reni ed il disquilibrio minerale e metabolico si rileva precocemente: in tempo per prevenire e non per provare a curare, con spesso ardue possibilità di successo.

La risposta al quesito se il sangue sia realmente il tessuto dove cercare le carenze e gli eccessi macrominerali per prevenire le dismetabolie derivate risulta negativa.

Il sangue è il tessuto in assoluto più controllato e più mantenuto costante da tutti i processi di regolazione preposti a questa funzione. Il sangue non influenza la concentrazione degli elettroliti, ma funge semplicemente da trasportatore. Il liquido organico su cui concentrarsi maggiormente è l’urina. L’attenzione deve quindi essere posta sul rene che la produce.

Il rene svolge funzioni importantissime:

  • regola il volume ematico e quindi l’osmolarità di liquidi e fluidi;
  • regola il bilancio elettrolitico;
  • regola il bilancio acido-base;
  • escreti prodotti del metabolismo, sostanze tossiche, sostanze in eccesso, ammoniaca, minerali;
  • riassorbe Ca, P, Na, Mg, K, S;
  • riassorbe H2O;
  • riassorbe Bicarbonato.

Se ci concentriamo solo sui macro-minerali, il rene elimina minerali in eccesso mentre li tesaurizza, riassorbendoli dalle urine: ed ecco qui la variabilità che noi dobbiamo misurare.

Se un minerale è presente sopra i valori considerati normali, significa che alla bocca della vacca arriva in quantità eccessive; mentre, viceversa, se viene escreto nelle urine in quantità limitate, ciò indica che nella dieta è scarsamente apportato e non copre i fabbisogni. Ricordiamo che eccesso e difetto sono entrambi dannosi.

Tutto questo significa che l’urina, riflettendo precisamente i livelli minerali presenti all’interno dell’organismo, dà informazioni utilissime sull’equilibrio acido-base.

La sua analisi, facile da fare tanto che in umana rappresenta una costante nelle analisi rutinarie richieste dai medici, svela con precisione gli squilibri minerali e le patologie ad esse correlate.

Questo strumento diagnostico, si affianca a tutti gli altri ma, misuranto nei vari periodi di vita produttivi delle bovine, come negli ultimi 15/20 giorni d’asciutta, ad inizio lattazione e al picco di lattazione, aiuta a bilanciare le diete, coprendo i fabbisogni di ogni singola stalla. Questi fabbisogni riflettono l’impronta del territorio dove vengono coltivati i foraggi ed i concentrati che entrano nelle razioni.

Se parliamo di nutrizione di precisione, questo sistema rappresenta la vera precisione, perché consente di misurare e di coprire i fabbisogni delle vacche in una personalizzazione di precisione.