Che ci sia questa forte pressione nel calare il prezzo del latte alla stalla è stavolta difficile da capire, anche se riflettendo bene qualche motivo c’è. E’ noto che le produzioni pro-capite delle bovine di fine estate e dell’autunno sono le più basse dell’anno.  In questo periodo il latte spot è quotato a Verona euro 37.65 al quintale, in calo del 25.45% rispetto ad un anno fa. In Lombardia a Settembre  il latte alla stalla vale euro 37.83, con una riduzione del valore del 7.14% rispetto ad un anno fa. In Germania ad Agosto il prezzo del latte è di euro 37.68, con una riduzione dello 0.97%, mentre in Francia è di euro 38.47, con un incremento del 5.28% rispetto all’anno precedente. Il volume d’esportazione della UE-28 è nel periodo Gennaio-Luglio 2014 in incremento del 5.25%. Il nostro paese ha prodotto nel 2013 10.710.00 milioni di tonnellate di latte e nel periodo Gennaio-Luglio 2014 6.695.000 milioni di tonnellate. Questa “girandola” di numeri fa sinergia con i “mantra” della crisi globale, della deflazione, dell’embargo Russo, delle invasioni di latte e formaggi in Europa e chi più ne ha più ne metta. Poi però nel consultare “ le carte” si scopre che nel periodo Gennaio-Luglio 2014 l’export del lattiero-caseario ha registrato un +10% trascinato da un +7% del Grana Padano, +19% del Fiore Sardo e del Pecorino e + 8% del Gorgonzola. Altro dato che ci si dimentica quando si è seduti nei tavoli di trattative del prezzo del latte alla stalla è che l’Italia ha tra i suoi 264 DOP,IGP e STG ben 41  formaggi ( 15.5%) che rappresentano più della metà dei prodotti di questa tipologia che circolano in Europa. Inoltre il “made in Italy”, e anche qui per ragioni spesso incomprensibili, è una griffe sempre più richiesta nel mondo. Nel lattiero-caseario sono le eccellenti caratteristiche organolettiche nei nostri prodotti, ed anche la rigorosa applicazione delle leggi sulla sicurezza alimentare, ad indirizzare i consumatori italiani e stranieri a preferire formaggi italiani fatti con latte italiano. Questo ultimo passaggio non va trascurato quando si tratta il prezzo del latte alla stalla in un paese come il nostro, che produce solo il 60% del latte di cui ha bisogno per produrre 41 formaggi DOP, IGP, STG e latte fresco e derivati, confezionato spessissimo con etichette che chiaramente ricordano l’italianità dell’origine. Non è compito della nostra rivista, almeno per il momento, fare due conti per verificare se la sommatoria dei prodotti lattiero-caseari certificati o etichettati “ prodotto con latte italiano” corrisponda effettivamente con le bolle d’ingresso del latte italiano negli stabilimenti.  Sarebbe compito delle autorità competenti verificare se sussistono le condizioni della “ truffa in commercio”.

Accertato tutto questo crediamo che la trattativa del prezzo del latte alla stalla possa avvenire più serenamente e più razionalmente abbondando gli spesso “ puerili luoghi comuni” che accompagnano queste trattative. E’ vero che il settore primario è afflitto dalla globale ingiustizia, che il prezzo della sua produzione lo fa chi acquista e non chi vende ma, nel caso del lattiero-caseario italiano, motivi di derogare questa consuetudine ce ne sono moltissimi. Tra ormai pochi mesi il regime delle quote latte si modificherà profondamente. Le speranze di crescita della nostra produzione sono limitate dalla sua scarsa  redditività, dalla burocrazia e dall’impatto ambientale nelle zone vocate. Ma una una domanda a conclusione si pone. Ma non è  che la riduzione del prezzo del latte alla stalla sia semplicemente dovuta, almeno in Italia, al  crollo del prezzo delle materie prime? Non è che magari l’industria lattiero-caseraia si è accorta che una miscela di mais, soia decorticata, girasole decorticato, crusca e mais ( 20% di proteine e 31% di amido) che costava ( costo formula Borsa merci di Milano) euro 31.6 q.le ( al 30 Aprile 2014) è scesa a euro 22.30 q.le ( al 30 Settembre 2014) e quindi ha avuto una riduzione di oltre il 30% ?

A pensar male spesso non ci si sbaglia!