Accanto al frastuono quotidiano di chi si scaglia sistematicamente contro gli “allevamenti intensivi”, c’è un silenzio siderale verso quello che stiamo facendo ai cani e ai gatti. Il contesto animalista è multiforme, perché ci sono sì persone e associazioni che si battono perché tutti gli animali siano portatori di diritti e perchè ne venga migliorata la qualità della vita, ma sono veramente poche. Accanto a queste ci sono i movimenti vegani che auspicano la chiusura degli allevamenti, e quindi l’estinzione delle specie e delle razze selezionate dall’uomo per fare cibo, sia esso latte, carne o uova. Tra questi ultimi ci sono quelli che vorrebbero salvare solo gli allevamenti estensivi ma senza essere consapevoli del fatto che con questa tipologia di stalle pochi sarebbero gli animali allevabili, e quindi il latte e la carne potrebbe essere appannaggio solo delle élite più ricche della popolazione privando i poveri di cibi ad alto valore biologico utili alla loro salute e al loro benessere.

Ovviamente non esiste un confine netto tra allevamenti intensivi ed estensivi, e migliorare la qualità della vita degli animali d’allevamento è sempre possibile. Non essendoci animali di serie A e di serie B, anche tra quelli selezionati dall’uomo per fargli compagnia e dargli affetto c’è chi non se la passa proprio bene. Chi ama veramente i cani e i gatti li accetta per quello che sono, ossia predatori con la loro specifica etologia ai quali si chiede in cambio dell’ospitalità concessa di rispettare alcune regole della società umana, come il non mordere chiunque, non sporcare o distruggere case e giardini, e di riprodursi sì ma con delle regole.

E’ difficile coniugare l’amore per gli animali con la castrazione, che viene chiamata con la parola meno cruenta sterilizzazione, perché è contraria all’istinto primario di un essere vivente, ossia riprodursi. Ci sono razze di cani e di gatti ai quali è toccata la sorte di dover assomigliare all’uomo, anzi a dei bambini. Oltre al carattere mite ed affettuoso, l’uomo li ha selezionati per avere una testa grande e tonda e il muso schiacciato, ossia ha fissato in alcune razze una malformazione grave del cranio che si chiama brachicefalia. Cani e gatti brachicefali sono da taluni ritenuti “carini e amorevoli” perché molto somiglianti all’uomo, ma questi animali sono affetti da gravi disturbi della respirazione a causa della conformazione anatomica anormale del muso che ne compromette la salute e gli provoca una pessima qualità della vita. Associato a ciò, alcune razze canine brachicefale hanno una conformazione anomala della pelle che può causare dermatite atopica, stenosi del dotto uditivo e immunodeficienza primaria. Le razze canine più sofferenti sono indubbiamente i bulldog inglesi e francesi, e tra i gatti gli Scottish Fold, il Britisch Shothair e il persiano.

L’Olanda e la Norvegia ne hanno vietato l’allevamento e l’associazione Save the Dog si sta adoperando per sensibilizzare la gente sul fatto che acquistare questi animali è una vera e propria crudeltà. Il Comitato di Bioetica per la Veterinaria e l’Agroalimentare pubblicò a fine 2019 una mozione sulle razze sofferenti.

Ho più volte scritto sia su Ruminantia che su altre riviste che è difficile capire questo livore verso chi alleva gli animali per farne cibo ed ignorare invece ciò che l’uomo fa agli animali così detti da compagnia e da sport. I vegani sono in genere molto coerenti, ma poche volte li sento parlare delle razze deformi e della qualità della vita che spesso hanno i piccoli animali allevati nelle città.

Saggio sarebbe riflettere “a bocce ferme” sul rapporto dell’uomo con le altre creature con le quali condivide la Terra. Nessuno può e deve esimersi dal cercare un equilibrio, che forse si chiama solo rispetto, nel rapporto con gli animali domestici e selvatici, non auspicando l’estinzione di nessuno ma adoperandosi a trovare una convivenza possibile. Questo braccio di ferro è ormai logorante e chi vi specula per interessi personali deve rapidamente scivolare nel passato.