Spesso succede nella lingua italiana, e non solo, che una medesima parola in ambiti diversi abbia differenti significati. Se si parla di spezzatino in un contesto gastronomico s’intende un piatto delizioso che ha come base cubetti di carne abbinanti con sugo, patate e quant’altro. Questa parola può però essere utilizzata anche nel descrivere le situazioni divisive della comunità umana, assumendo in questo caso un’accezione negativa. L’Italia durante il secolo scorso fece l’esperienza di due situazioni che hanno lasciato profonde cicatrici. L’avvento di una dittatura (1922-1943) e la seconda guerra mondiale (1939-1945). Questi sconvolgimenti divisero e cancellarono famiglie e intere generazioni. Quando il 2 Giugno 1946 nacque la Repubblica italiana la priorità delle forze politiche fu quella di ricompattare un paese diviso dalla cruenta lotta ventennale tra fascisti e antifascisti, e dalle ceneri della guerra ricostruire l’economia ed il benessere sociale. Lo Stato, direttamente,  la cooperazione  e la genialità e coraggio di una moltitudine di imprenditori furono protagonisti del miracolo economico italiano che vide il suo apice tra gli anni ’50 e ’60 del XX secolo. In pratica al nostro paese bastò un solo decennio per passare dalla fame e le distruzioni della guerra al rango di economia tra le più sviluppate del mondo, posizione che peraltro ancora occupiamo. Il tempo inesorabilmente passa e tante situazioni si ripetono.

Per fortuna nel vecchio continente, ad eccezione dei Balcani, non ci sono state più né guerre né dittature, e la qualità della vita è migliorata; ma le sempre più accentuate diseguaglianze sociali, le scarse opportunità concesse ai giovani ed il progressivo indebitamento degli Stati sta scoraggiando gli imprenditori ad investire ed impedendo alla gente di sognare e lottare per un futuro migliore. Focalizzando lo sguardo sul nostro settore, vediamo il cronicizzarsi dei problemi ed è diffuso il sentimento della resa e della volontà di provare da soli a risolvere i problemi nel breve periodo. Tutti abbiamo la certezza che momenti di unità potrebbero dare un’ulteriore prosperità alle nostre vite e a trovare una rapida soluzione alle grandi sfide che non c’è più tempo di rimandare, come il surriscaldamento del pianeta, l’esaurirsi delle risorse naturali, l’aggressività della finanza internazionale e la manipolazione dell’opinione pubblica orchestrata dai giganti del web.

La recente pandemia di Covid-19 ci ha fatto rivivere in poco meno di due anni spezzoni di situazioni che hanno devastato l’Italia prima del boom economico degli anni ’50 del secolo scorso. Abbiamo visto, anzi stiamo vedendo, gruppi finanziari arricchirsi a dismisura, ricchi diventare sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, la crescita esponenziale del debito pubblico e l’accentuarsi delle contrapposizione ideologiche su cose apparentemente banali. Sempre più sta prevalendo l’individualismo ed il narcisismo, ed in queste condizioni è impensabile che la nostra Italia possa migliorare la qualità della vita dei suoi abitanti, non di pochi ma di tutti, e che tutte le attività imprenditoriali tornino a generare ricchezza e occupazione. Il nostro Paese avrebbe bisogno di politici onesti e motivati dal solo senso dello Stato, e poco o nulla condizionati dalla “pancia” della gente e dai sondaggi elettorali. Non è che non ce ne siano, ma sono troppo pochi e spesso isolati nelle minoranze dei partiti nei quali militano. Il non ricordare che il miracolo economico italiano fu possibile grazie a politici carismatici ed al credo diffuso del cooperare impedisce ora di fare quel necessario salto di qualità del nostro Paese. La produzione primaria del latte e della carne troverebbe nella cooperazione, e comunque nell’unità, le risposte definitive alla sua cronica instabilità.

Ma è mai possibile che le uniche commodities il cui prezzo in questi mesi non è schizzato alle stelle siano proprio il latte e le carne? Non è possibile che in uno Stato come quello italiano non si riesca a dare una risposta rapida, concreta e condivisa alle perplessità che stanno facendo allontanare porzioni sempre più ampie della gente dai prodotti del latte e della carne. Non è possibile che sia così difficile trasformare di fatto, e non solo in teoria, i rapporti tra allevatori e industria di trasformazione in vere filiere e non tra parti contrapposte. Le aziende agricole devono dare rapidamente risposte alle sfide che stanno diventando sempre più non rimandabili come quelle della tutela dei diritti degli animali d’allevamento e della sostenibilità delle produzioni. Gli allevamenti si sentono isolati dal mondo esterno e stanno sempre più adottando l’antico modello delle Citta Stato, dando autonome risposte alle domande del mercato e dotandosi delle proprie strutture difensive con un’enorme dispersione di risorse sia economiche che umane. Utile nel breve periodo, ma umiliante e fuorviante, è che la politica intervenga solo erogando sussidi una tantum, senza mettere le mani sulle contraddizioni strutturali con piani nazionali di riqualificazione ampiamente condivisi già nella fase di progettazione.

Prevale una politica cieca che non vede, o non vuole vedere, che la gente non crede più in lei. Il fatto che nelle recenti elezioni comunali si siano recati al voto solo il 54.69% degli italiani è un segnale negativo, una catastrofe che non deve essere sottovalutata ma che non mi è sembrato sia rientrata tra le riflessioni del post voto dei vari partiti. La tenuta della nostra zootecnia, e più in generale dell’agricoltura, non ha ora bisogno di spezzatini fatti di un numero crescente di partitini ed organizzazioni che soddisfano l’ego delle persone ma poco o nulla gli interessi collettivi. Il numero di queste organizzazioni è in crescita esponenziale, e con esso gli individui che si ritengono “alfa” che le gestiscono. Francamento vedo pochi o nessun tentativo di onorare il detto “l’unione fa la forza”. La pandemia di Covid-19, oltre ad essere una tragedia per le tante vie spezzate e per l’economia reale, è stata una grottesca rappresentazione di liti tra politici, regioni, scienziati e semplici cittadini, nella maggior parte dei casi motivati dalla brama di potere, dall’egocentrismo e dal narcisismo.

Non riusciremo a risolvere i problemi sociali ed economici di questi tempi difficili se non impariamo di nuovo a dialogare e cooperare, con la certezza che gli spezzatini sono un’ottima soluzione, ma solo a tavola.