Il 13 Novembre 2017 la disfatta. Dopo 60 anni, il pareggio con la Svezia esclude l’Italia dai mondiali di calcio del 2018. Un evento doloroso ma altamente simbolico che offre uno spunto per più profonde considerazioni sui mali, anzi sull’unico grande male, del nostro paese, la mediocrazia.

Questo sostantivo è stato coniato da Alain Deneault, docente e filosofo canadese, ed è dettagliatamente spiegato in “Mediocrazia”, libro di cui consigliamo un’attenta lettura e che ci offre un quadro impietoso di come si stia organizzando la società umana. Mediocrazia è l’antitesi della tanto agognata, ma allo stesso tempo temuta, meritocrazia. E’ servita l’esclusione dell’Italia dai mondiali di calcio per renderci conto de fatto che nel nostro paese molta della politica e della dirigenza pubblica è in mano a mediocri, che fanno scelte mediocri, che si circondano di mediocri e che occupano posti di potere perché facilmente manipolabili dagli spesso invisibili “poteri forti”. La disfatta dell’Italia del calcio ha creato stupore per il fatto che nel nostro Paese non ci siano talenti, o forse sono invisibili dal momento che in Italia se hai talento vieni tenuto ai margini. Queste persone sono infatti spesso poco servili ed accondiscendenti e rischiano di fare “ombra” ad un capo anch’esso selezionato per il suo essere mediocre.

Il recente report del Censis ha descritto in crescita economica il nostro paese. Crescita da cui però molti sono esclusi, soprattutto i giovani. Ruminantia® è una rivista tecnico-scientifica indipendente e laica ma ha il dovere di esprimere un parere su quali possano essere le scelte politiche idonee ad una definitiva, stabile ed equa ripartenza economica dell’Italia. La classe politica, da tutti noi liberamente eletta, è suddivisa in partiti che non hanno un’ideologia definita ma che competono, in una perenne campagna elettorale, somministrando concetti semplici che parlano alle ansie della gente, o meglio allo loro componente istintiva. Lo chiamano populismo questo approccio vecchio di millenni che serve ai mediocri per governare un popolo a cui abilmente si somministrano paure e frustrazioni. Ci piacerebbe votare chi fa proposte concrete per ridare dignità sociale ed economica alla gente ed alle imprese.

L’economia italiana è ripartita perché le imprese, o meglio il “popolo della partita IVA”, stanche di aspettare, si sono rimboccate le maniche ed hanno ripreso a rischiare, cioè ad imprendere, nonostante una burocrazia soffocante ed incomprensibile ed un sistema fiscale opprimente ed iniquo. Basterebbe applicare l’articolo 3 della nostra splendida Costituzione “E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non siamo tutti uguali se nella pubblica amministrazione non valgono le regole delle imprese, ossia la possibilità di licenziare/premiare un lavoratore o un dirigente se negligente o efficiente.

Tutti noi nel gestire quotidianamente le nostre attività imprenditoriali, grandi o piccole che siano, ci scontriamo con gli intoccabili della pubblica amministrazione e al contempo incontriamo funzionari e dirigenti solerti che hanno ancora la dignità della cosa pubblica e il senso dello stato. Tutti noi ci confrontiamo quasi quotidianamente con un dipendente della pubblica amministrazione che per un cavillo blocca, quasi con sadismo, un’attività che genererebbe ricchezza e posti di lavoro.  Come fa a ripartire l’economia, e quindi gli acquisti, e come assicurare pensioni, assistenza sanitaria e servizi di pubblica utilità se i giovani vengono esclusi dal mondo del lavoro? Se la tassazione sul lavoro fosse significativamente più bassa, quanti imprenditori potenzierebbero il proprio organico e sarebbero in condizione e felici di pagare stipendi più elevati?

Dal 1950 ad oggi al Ministero per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione si sono avvicendati ben 44 Ministri di molti dei partiti dell’arco costituzionale. Il risultato? Una macchina sempre più complicata che impedisce alle imprese di lavorare con la serenità e la rapidità che le caratterizza e un perpetuarsi dell’impossibilità di applicare i principi della meritocrazia. Quello che sorprende è che ogni partito dice la stessa cosa durante la perenne campagna elettorale in cui si trova, e che molti di loro sono stati seduti in parlamento ed hanno già occupato posti importanti nel governo del nostro paese dove avrebbero potuto prendere quelle decisioni che oggi promettono alla gente.

Vorremmo che i dipendenti della pubblica amministrazione fossero soggetti allo stesso criterio di giudizio dei dirigenti industriali e degli impiegati e che quindi il loro posto di lavoro fosse tutelato con gli stessi criteri che vigono nel privato. Vorremmo che la tanto sbandierata “semplificazione” fosse una priorità della politica e che si facesse una vera politica occupazionale. Vorremmo un paese dove ogni priorità fosse data alla meritocrazia. Vorremmo un paese che avesse più memoria quando ascolta le arringhe dei politici per poi andare nel seggio elettorale ad esercitare un diritto che ha avuto un costo molto elevato. Vorremmo anche un paese in cui esistesse un differenziale tra i prezzi delle produzioni primarie, come il latte e la carne, e dove quanto pagato dai consumatori fosse più favorevole per i produttori. Vorremmo anche un paese a cui fosse impedito con leggi chiare e severe alle gigantesche multinazionali del commercio di arricchirsi a dismisura in Italia a spese dei piccoli commercianti pagando poco i loro lavoratori.