La bovina da latte nelle prime settimane di lattazione è in deficit energetico (NEBAL) e amminoacidico (NPB). Questo status “para-fisiologico” è il primo fattore di rischio per la fertilità, la piena funzionalità del sistema immunitario e la salute del fegato. Inoltre, un grave NEBAL e NPB impedisce una piena espressione del potenziale genetico per produrre latte e proteina. Gestire il NEBAL e il NPB potrebbe sembrare semplice ma si devono fare i conti con la peculiare fisiologia della bovina da latte in quanto ruminante.

L’aumento della concentrazione energetica e proteica di una dieta ha inevitabilmente come limite il pH ruminale che se troppo basso causa acidosi ruminale che nelle forme anche sub-cliniche provoca la produzione di endotossine ruminali. La strada obbligata consiste pertanto nel garantire il massimo apporto giornaliero di nutrienti senza mettere a rischio la salute dell’apparato digerente della bovina da latte. Per raggiungere questo obiettivo il nutrizionista deve conoscere a fondo tutti i fattori che condizionano l’ingestione di sostanza secca (DMI) e modularli tramite la dieta, argomento che abbiamo già trattato nell’articolo “L’importanza dell’ingestione nella bovina da latte“.

E’ anche necessario un atteggiamento prudente nei confronti dell’efficienza alimentare, anche detta “Feed Efficiency (FE)”, che altro non è che l’indice di conversione, metodo utilizzato più nella produzione della carne che in quella del latte. Animali efficienti non sono quelli che mangiano poco ma quelli che convertono meglio. Nella bovina da latte si ritiene ideale una FE di 1.6, ossia la possibilità di trasformare 1 kg di sostanza secca in 1.6 kg di latte. In pratica, una bovina che produce al picco, e quindi in pieno NEBAL e NPB, 45 kg di latte dovrebbe ingerire circa 28 kg di sostanza secca, che potrebbe essere l’ingestione media auspicabile in gruppo di bovine fresche e non gravide di razza frisona dove esiste un rapporto tra primipare e pluripare di 40:60.

Negli allevamenti attenti si monitora costantemente l’ingestione di sostanza secca dei vari gruppi ed in altri si calcola la FE e l’IOFC (Income Over Feed Costs). La gestione di quest’ultimo parametro è alquanto complessa e rischiosa perché può far trarre conclusioni fuorvianti. Lo stesso monitoraggio periodico della sola ingestione richiede accortezze: bisogna conoscere l’esatta sostanza secca degli alimenti, il numero di razioni effettivamente scaricate, il numero di animali alimentati e il peso dello scarto. Molto difficile è il capire se l’ingestione effettiva che si riscontra è corretta perché il numero di variabili che la condizionano è enorme. Di sicura importanza è legare sempre la registrazione del DMI con i giorni medi di lattazione, il periodo dell’anno e il numero medio di lattazioni. In questo modo l’allevamento ha uno storico che gli permette di capire se l’effettiva DMI in quel momento è in linea con quanto normalmente avviene di solito. Ancora più importante è il disporre di equazioni di previsione dell’ingestione per calcolare quella che sarebbe la normale ingestione di sostanza secca per ogni fase del ciclo produttivo. Disporre della previsione e dell’effettiva DMI consente valutazioni di ottimo livello. Ad oggi si ritiene che il “gold standard” delle equazioni di previsione dell’ingestione nelle bovine da latte sia quella pubblicata sul “Nutrient Requirements of Dairy Cattle (ed.2001)” anche se l’età e la mancanza di molti parametri la rende molto obsoleta. Questa equazione è quella presentata da Rayburn e Fox nel 1993 sul Journal of Dairy Science (76:544-554) poi modificata dallo stesso Fox nel 1999 (JDS 82:1968-1977) e da Roseler nel 1997 (JDS 80:878-893). L’equazione è la seguente:

DMI (kg / die) = (0.372 x FCM + 0.0968 x BW0.75) x {1-e [-0.192 x (WOL + 3.67)]}

DOVE: FCM è il latte (kg/die) corretto al 4% di grasso, BW è il peso corporeo in chilogrammi e WOL sono le settimane di lattazione.

Un’equazione del genere, pur essendo valida, non tiene conto del THI, ossia degli effetti della temperatura e dell’umidità esterna, di altri fattori animali e di nessun fattore inerente la dieta, anche se già allora si conosceva sufficientemente l’effetto della fibra sulla capacità d’ingestione. Recentemente Michael S. Allen, della Michigan State University, in attesa della prossima edizione del “Nutrient Requirements of Dairy Cattle”, ha proposto alcune modifiche sostanziali all’equazione di previsione del DMI nella bovina da latte. Allen ha pubblicato fino ad ora 222 ricerche e sui lavori possiede 9093 citazioni. Molta dell’attività di ricerca che ha svolto è stata dedicata al DMI. In un suo recente lavoro, Allen ha inserito aspetti descrittivi relativi alla fibra in un equazione di previsione dell’energia dopo aver notato che il FNFD (NDF digeribile dei foraggi) è positivamente correlato alla produzione di latte nelle bovine ad alta produzione e il ruolo che il rapporto tra ADF e NDF ha nella razione. Pertanto l’equazione è diventata:

DMI (kg / d) = 12.0 – 0.107 × FNDF + 8.17 × ADF / NDF + 0.0253 × FNDFD – 0.328 × (ADF / NDF – 0.602) × (FNDFD – 48.3) + 0.225 × MY + 0.00390 × (FNDFD – 48.3) × (MY – 33.1).

Dove: FNDF = contenuto di NDF foraggero nella dieta (% di DM), ADF/NDF = rapporto tra ADF e NDF della razione, FNDFD = digeribilità dell’NDF da foraggio misurata in vitro o in situ (% di FNDF) e MY = produzione media di latte (kg/die). Gli autori chiudono il loro articolo con le seguenti conclusioni:

“Gli effetti di riempimento delle razioni possono limitare il DMI, in particolare all’aumentare della produzione di latte. Le equazioni che includono solo i fattori animali probabilmente sovrastimano il DMI nelle bovine ad alta produzione perché non tengono conto degli effetti del riempimento ruminale sulla DMI. L’equazione proposta per predire il DMI contiene fattori correlati agli effetti di riempimento delle razioni, tra cui la concentrazione di NDF nel foraggio, l’ADF / NDF in razione e la digeribilità dell’NDF nel foraggio, nonché la produzione di latte. Suggeriamo di usarlo durante la formulazione della razione per prevedere l’effetto delle variazioni di razione sul DMI delle vacche in lattazione”. (Journal of Dairy Science 2019 102:7961-7969)