La necessaria e urgente razionalizzazione dell’uso dei farmaci nell’allevamento degli animali, con l’obiettivo di ridurre il rischio dell’antibiotico-resistenza, di residui negli alimenti e nell’ambiente, e per ragioni etiche, non significa curare meno gli animali che si ammalano ma creare le condizioni in cui i fattori di rischio ed eziologici delle patologie d’allevamento siano il più possibile sotto controllo. Molte delle patologie d’allevamento, sia locali che sistemiche, che richiedono l’impiego degli antibiotici sono ovviamente di natura infettiva e la loro prevalenza e decorso sono intimamente legate all’igiene e all’efficienza del sistema immunitario. Esiste una branca della nutrizione clinica, che si chiama immunonutrizione, che studia come alcuni nutrienti possano in qualche modo modulare il sistema immunitario, sia nella fase infiammatoria che in quella successiva o compensativa.

A volte, anzi spesso, un’eccessiva risposta infiammatoria, caratterizzata da una grande produzione di eicosanoidi, citochine pro-infiammatorie, ROS e altri mediatori, può danneggiare gravemente l’intero organismo o alcuni organi. In umana questa condizione è definita SIRS (Systemic Infiammatory Response Syndrome). L’organismo reagisce alla SIRS passando ad una fase compensatoria attraverso la produzione di ingenti quantità di citochine anti-infiammatorie. Questa fase può in molti casi evolvere nella CARS (Compensatory Anti-infiammatory Response Syndrome), spesso associata all’immuno-soppressione. La standardizzazione dei metodi d’allevamento e delle razze e la breve vita dei ruminanti da reddito hanno fortemente ridotto il tipo di patologie che possono colpire gli animali ed i momenti di massima prevalenza.

I momenti “difficili” per il sistema immunitario dei ruminanti da latte sono il passaggio dalla lattazione all’asciutta (dry-off), il successivo passaggio dall’asciutta alla lattazione (transition) e le prime settimane di lattazione, ossia fintanto che il bilancio energetico e proteico rimane negativo. Per i bovini all’ingrasso il periodo più “stressante” è invece il ristallo. In queste fasi, per varie e note ragioni, si verificano carenze secondarie di molti nutrienti che possono creare interferenze metaboliche negative con il sistema immunitario. Un esempio potrebbe essere proprio il dry-off. Per sospendere la lattazione e concedere alle bovine un riposo produttivo di 45-60 giorni si deve far calare la produzione possibilmente al di sotto dei kg 15 giornalieri. Per raggiungere questo obiettivo si riducono gli apporti nutritivi, somministrando alle bovine solo fieno e paglia. Il paradosso di questa situazione è che tra i primari obiettivi della asciutta c’è quello di risanare la mammella dai patogeni presenti ed evitare che durante questo periodo si infetti di nuovo. Questo avviene attraverso un’auspicabile “massiccia” invasione dei neutrofili dal sangue all’interno degli alveoli mammari. La carenza di nutrienti, che si utilizza per ridurre la produzione di latte, avrà sicuramente ripercussioni negative sull’efficienza di un sistema immunitario che invece dovrebbe essere molto attivo in questa fase.  Durante la fase di transizione, pur somministrando una quantità e tipologia di nutrienti ritenuti corretti, spesso il sistema immunitario è scarsamente efficiente e questo non aiuta nella prevenzione della ritenzione di placenta, della metrite puerperale e delle mastiti d’inizio lattazione.

Oggi si dispone di un buon livello di conoscenza di quali siano i fabbisogni nutritivi del sistema immunitario, e soprattutto della componente leucocitaria dei macrofagi, monociti e neutrofili. Si è a conoscenza con sufficiente chiarezza di quali siano gli antiossidanti da somministrare per evitare che la produzione di sostanze ossidanti da parte di questi sistemi cellulari possa essere eccessiva e causare stress ossidativo dei tessuti circostanti al luogo dell’infezione. Il gruppo di nutrienti coinvolti, a vario titolo, sono: glutammina, arginina, vitamine, oligoelementi (direttamente o indirettamente coinvolti come anti-ossidanti), acidi grassi polinsaturi omega-3, precursori del glutatione e nucleotidi.

Nella medicina umana, ed in quella veterinaria dei monogastrici, apportare questi principi nutritivi ad azione immuno-modulante è semplice e, in qualche caso, neppure particolarmente costoso. Nei ruminanti il problema è rappresentato proprio dal rumine, per la sua capacità di modificare o distruggere molti dei nutrienti che vi arrivano. Sappiamo che la glutammina è l’amminoacido non essenziale più presente nel pool di aminoacidi liberi stoccati principalmente a livello muscolare, e che rappresenta un precursore importante per la produzione di energia per i leucociti. Durante un processo infiammatorio e nelle prime settimane di lattazione, quando il bilancio energetico e proteico è molto negativo, la sua scorta muscolare si riduce del 75% e si può assistere ad una riduzione visibile e misurabile della massa muscolare della bovina. Anche l’arginina, altro aminoacido non-essenziale, è ampiamente utilizzata dai leucociti ed è il precursore dell’ossido nitrico, molecola con molti effetti positivi nelle infiammazioni. La somministrazione supplementare di questi due amminoacidi di sintesi è una prassi consolidata nell’immunonutrizione umana. Nei ruminanti, i dosaggi d’impiego sono molto alti e c’è l’assoluta necessità di rumino-proteggere questi amminoacidi per evitare che il rumine li distrugga in poco tempo.

Stesse considerazione possono essere fatte per gli acidi grassi polinsaturi a lunga catena omega 3 (C 18: 3 n-3, C 20:5 n-3 e C22:6 n-6). I loro effetti positivi sul metabolismo energetico e sul sistema immunitario sono ampiamente documentati nei monogastrici. Si conosce inoltre l’esatto rapporto che devono avere con i PUFA omega 6 in una dieta corretta. Nei ruminanti, dove le razioni apportano grandi quantità di acidi grassi polinsaturi omega-6, come il C 18:2 n-6 assunto attraverso il mais e la soia integrale, l’uso di adeguate quantità di PUFA omega-3 darebbe grandi benefici alla fertilità ed al sistema immunitario. La difficoltà tecnica è rappresentata dal fatto che se si somministra lino integrale per apportare C18:3 n-3, oppure oli di pesce o alghe per apportare C 20:5 n-3 e C22:6 n-3, buona parte di essi verranno saturati a livello ruminale fino al C 18:0, oppure in acido rumenico o coniugato dell’acido linoleico (cis 9 – trans 11 C18:2). Per far arrivare i PUFA omega 3 all’intestino tenue ci sono solo due possibilità. La prima è utilizzare grandi quantità di lino integrale e olio di pesce, con il rischio di abbassare la percentuale di grasso del latte (sindrome da grasso basso nel latte) e di conferirgli odori e sapori anomali. La seconda è quella di utilizzare i PUFA omega- 3 rumino protetti. Questi ultimi sono molto efficaci ma, considerando il loro costo elevato e la necessità di utilizzarne grandi quantità, se ne limita l’uso solo a singole bovine o a gruppi ristretti di animali.

Il miglioramento della qualità di vita degli animali e l’adozione di severe norme di biosicurezza e d’igiene hanno un sicuro effetto positivo sulla loro salute, consentendo di conseguenza una sensibile riduzione dell’uso dei farmaci. L’immunonutrizione è destinata ad avere un ruolo importante in un futuro ormai prossimo. I molti fallimenti fin qui ottenuti sono stati causati non già dalla cattiva conoscenza del sistema immunitario ma dall’aver considerato con superficialità quali sono gli effetti che l’ambiente ruminale ha sui nutrienti e gli additivi che s’intendono utilizzare.