Il naso, insieme alla bocca, rappresenta un importante sito di contatto tra l’organismo animale e l’ambiente esterno. Nel precedente articolo abbiamo fatto una panoramica dell’immunità delle mucose, evidenziando i principali meccanismi di difesa che accomunano le barriere mucosali dell’organismo. La mucosa nasale e le tonsille rappresentano le primissime strutture con cui l’organismo interagisce con le sostanze e i microrganismi dell’ambiente circostante in maniera pressoché continua a causa degli atti respiratori.

L’organizzazione della mucosa nasale ricalca quella delle mucose in generale, con la solita distinzione in tre strutture che interagiscono sinergicamente: lo strato di muco, le cellule epiteliali e i leucociti della lamina propria. Per motivi anatomici e funzionali le cavità nasali hanno un grado di contaminazione decisamente più alto rispetto ai tratti respiratori più profondi, ne consegue che lo strato di muco è particolarmente abbondante ed è molto efficace per rimuovere la maggior parte dei microrganismi e sostanze estranee, impedendo che possano raggiungere l’epitelio o i segmenti più profondi dell’apparato respiratorio (bronchi e alveoli). Oltre alla barriera fisica, lo strato di muco è un ambiente chimicamente ostile a causa dell’elevata concentrazione di numerosi tipi di peptidi antimicrobici, lattoferrina e immunoglobuline di tipo A. L’integrità e l’efficienza della “killing zone” dello strato di muco è di vitale importanza per la mucosa stessa poiché la maggior parte dei microrganismi patogeni possiede dei fattori di virulenza in grado di danneggiare seriamente le difese delle cellule epiteliali.

I principali virus respiratori, quali il virus respiratorio sinciziale, il virus della rinotracheite infettiva (IBR) e il virus parainfluenza 3, causano il blocco dell’apparato ciliare e la necrosi delle cellule epiteliali mentre il virus BVD deprime fortemente la produzione di lattoferrina e peptidi antimicrobici. È quindi necessario che il contatto tra cellule epiteliali e microrganismi patogeni sia evitato il più possibile. Il corredo recettoriale delle cellule epiteliali nasali deputato al riconoscimento dei patterns associati ai patogeni (PAMPs) è ricco e variegato. Ci sono recettori di membrana e intracellulari specializzati nel riconoscere ed attivarsi ogniqualvolta esista una motivazione plausibile: i peptidoglicani dei batteri Gram – positivi, i lipopolisaccaridi (LPS) di membrana dei batteri Gram – negativi, l’RNA a doppia elica di alcuni virus ecc. È interessante notare che la dotazione di questi recettori più che dalla presenza dei patterns stessi è dipendente dalla loro quantità, nel senso che i PAMPs inducono rapidamente l’espressione recettoriale delle cellule mediante un sistema di Up – regulation in modo da preparare la mucosa ad una risposta potente ma proporzionata all’entità dell’attacco patogeno. L’attivazione dei recettori associati ai PAMPs ha una duplice funzione: richiamare le cellule del sistema immunitario innato (principalmente granulociti neutrofili) e potenziare i sistemi di difesa già in essere come la sintesi e liberazione di peptidi antimicrobici e la produzione di interferone. L’interferone è una citochina che può essere prodotta dai leucociti e dalle cellule tissutali che ha (tra le tante funzioni) la straordinaria capacità di inibire la replicazione dei virus all’interno delle cellule impedendo che questi possano infettare le altre cellule. Il meccanismo d’azione è piuttosto complesso e può essere riassunto in una sensibilizzazione della cellula che, nel momento in cui venisse infettata da un virus, sarebbe stata già allertata dall’interferone prodotto dalle cellule vicine infette. La sensibilizzazione consiste nella sintesi di un enzima (Protein – chinasi R) che, attraverso un fenomeno di fosforilazione, inibisce le normali funzioni del ribosoma cellulare: i ribosomi sono impossibilitati a svolgere la sintesi proteica bloccando di fatto la replicazione del virus. Questo sistema viene ampiamente sfruttato per l’immunizzazione attiva con vaccini intranasali. La somministrazione di un vaccino intranasale prevederà una protezione attiva grazie alle immunoglobuline di tipo A dopo almeno una settimana dal trattamento. In realtà, il soggetto vaccinato esprimerà un certo grado di protezione anche prima grazie ad un duplice meccanismo: l’occupazione recettoriale da parte del virus vaccinale e la sintesi di interferone delle cellule epiteliali dopo il trattamento immunizzante. In pratica, quando somministriamo una dose di vaccino intranasale, l’iniziale protezione è data dall’occupazione dei recettori cellulari da parte dei virus vaccinali, che impediscono fisicamente ai virus “di strada” di infettare quelle cellule; si viene poi a creare un generale stato di allerta determinato dalla produzione di interferone delle cellule venute a contatto con il virus vaccinale. Solo successivamente l’intensa produzione di IgA conferirà una protezione solida e specifica all’infezione.

Nel naso, come in altri organi cavi rivestiti da mucosa, è presente del tessuto linfatico associato alla mucosa detto NALT (Nasal Associated Lynphoid Tissue) che comprende anche le tonsille e le adenoidi. L’epitelio che riveste queste “isole” di tessuto linfatico è composto da cellule epiteliali modificate definite cellule M (Microfold cells) che hanno delle caratteristiche peculiari: sono più sottili delle normali cellule epiteliali, hanno ciglia decisamente più corte ed una spiccata capacità di captare gli antigeni sul versante luminale e trasportarli praticamente intatti (a causa della scarsissima dotazione di lisosomi) sul versante della lamina propria in modo da farli venire a contatto con le cellule presentanti l’antigene. Nella lamina propria l’antigene viene preso in consegna dalle cellule dendritiche (le più importanti cellule presentanti l’antigene), i linfociti B e i macrofagi che migrano in strutture linfatiche di maggiore importanza quali le tonsille, le adenoidi e i follicoli linfatici associati alla mucosa nasale dove può continuare il processo dell’immunità adattativa o acquisita. Le cellule presentanti l’antigene raggiungono i linfonodi cervicali dove stimoleranno un’intensa proliferazione e attivazione di linfociti T e B che ritorneranno alla mucosa nasale sotto forma di cellule effettrici. Per l’infezione da virus respiratorio sinciziale questo processo durerà circa una settimana ed esiterà nella comparsa delle IgA secretorie nello strato di muco.

L’immunità nasale, naturale o indotta da vaccini ha delle caratteristiche che la rendono particolarmente interessante ai fini pratici:

  • È molto rapida in termini temporali. Se pensiamo che per l’immunità umorale classica sostenuta da immunoglobuline di tipo G (IgG) il tempo medio di attesa è di circa tre settimane, l’immunità mucosale sostenuta dalle IgA secretorie è apprezzabile già dopo una settimana.
  • L’immunità nasale è spesso protettiva nei confronti dell’infezione nel senso che l’interazione tra il virus e l’organismo viene bloccata a livello di Killing zone dello strato mucoso prima ancora che ci possa essere il contatto con le cellule epiteliali.
  • L’immunità nasale è indipendente da quella umorale, compresa l’immunità passiva colostrale. Questo concetto è straordinariamente importante perché permette di fornire una protezione specifica e particolarmente efficace già da pochi giorni dopo la nascita e senza alcuna interferenza con gli anticorpi circolanti di provenienza materna (colostrale).
  • Durata dell’immunità. Potremmo considerare la breve durata il tallone d’Achille dell’immunità nasale, poiché difficilmente supera le 12 settimane (tre mesi) dal contatto con l’antigene. È bene tenere conto di questo aspetto per interpretare epidemiologicamente il comportamento di alcune infezioni o per allestire un programma di vaccinazione efficace.

Il sistema immunitario è lo strumento che ha permesso agli esseri viventi di progredire ed evolvere difendendosi dalle minacce esterne. L’era degli antibiotici, a causa del crescente problema dell’antimicrobicoresistenza, è probabilmente destinata ad un progressivo declino e la ricerca scientifica sta tornando a riconsiderare alcuni concetti che sembravano obsoleti fino a non molto tempo fa. Primo fra tutti la rinnovata coscienza che l’organismo ha già in sé tutto l’occorrente per difendersi e vivere in salute senza il ricorso sistematico ai farmaci. Da questo punto di vista, l’integrità e la funzionalità delle barriere dell’organismo (cute e mucose) sono aspetti di importanza cruciale che passano dalla costruzione di ambienti salubri, da un management orientato alla salute del bovino e da un’alimentazione corretta. Si aggiunga poi il ruolo che dovrà avere la genetica nel selezionare gli animali anche in funzione della resistenza alle malattie. Il lavoro è tanto, la strada è lunga ma l’orizzonte non è poi così negativo.